Come è già stato sottolineato su queste pagine, una delle più grandi novità dell’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia è stata la rilevanza assegnata alle serie televisive. Certamente non è la prima volta che delle opere seriali vengono presentate in anteprima in grandi festival, nel caso della Biennale basta pensare infatti a Berlin Alexanderplatz (1980) di Rainer Werner Fassbinder, mostrata nella sua interezza durante la 37° edizione del festival; e qualche anno dopo, nella 41° edizione, la proiezione fuori concorso di Heimat (1984) di Edgar Reitz. Ciò che colpisce di questa nuova apertura è innanzitutto la creazione di una sezione apposita, che oltre ogni dubbio identifica gli oggetti artistici in quanto serie (Fuori concorso – Series), e che raccoglie insieme sì serie di nicchia e di fatto “autoriali”, firmate da registi molto noti quali Cuarón, Vinterberg, Wright e Sorogoyen, ma che allo stesso tempo hanno alle spalle alcune delle case di produzione più innovative nel panorama seriale contemporaneo: Apple TV+, Sky Studios e Movistar Plus+.
Siamo inseriti allora in un contesto artistico e produttivo ben definito, che ci permette di ragionare sulla specificità del dispositivo seriale che, nonostante il passaggio festivaliero, rimane comunque qualcosa di diverso da “un film molto lungo” (sulla lunghezza dei film presentati al Festival, e il loro rapporto con la serialità rimandiamo alla lucida riflessione di De Gaetano). Tra le serie viste nei giorni del festival, Los años nuevos di Sorogoyen è quella che in maniera più efficace utilizza alcuni degli elementi definitori della serialità televisiva: in particolare, l’estensione temporale e la forma episodica.
Il regista spagnolo ha già esperienza in ambito televisivo, infatti, nella sua produzione troviamo la regia di singoli episodi (Apagón, Movistar+, e Historias para no dormir, Amazon Prime Video), ma anche la creazione della serie Antidisturbios (Movistar+), la quale ha riscontrato un grande successo critico. In maniera simile di quanto è avvenuto per il police procedural Antidisturbios, anche in Los años nuevos Sorogoyen sperimenta un genere fortemente codificato e caratterizzato dalla struttura episodica: se nella serie dramedy le linee narrative all’interno del singolo episodio sembrano essere autoconclusive, l’orizzontalità dell’ampio arco temporale permette di approfondire la conoscenza dei personaggi, contribuendo in questo modo ad aumentare la complessità del racconto.
I protagonisti Ana e Oscar si incontrano casualmente nella notte di Capodanno del 2014 mentre entrambi celebrano il loro compleanno di trent’anni: Oscar è nato poco prima della mezzanotte del ’84, mentre Ana è la prima bambina nata nel ’85. Questa fantastica coincidenza è alla base dell’intero funzionamento della serie: ogni episodio ci permette di accedere al primo giorno dell’anno dei due protagonisti. Dopo questo primo incontro, la relazione tra Ana e Oscar continuerà a trasformarsi per altri dieci anni. Mentre l’operazione è quella tipica del cinema di Linklater (della trilogia Before e di Boyhood), il perfetto controllo dell’estensione temporale da parte di Sorogoyen incoraggia un intenso coinvolgimento emotivo nella vita dei personaggi.
In questa costruzione, viene data molta importanza all’utilizzo degli episodi speciali, capaci di sconvolgere nel giro di poco più di mezz’ora le aspettative narrative. Mentre i primi episodi della serie sono stati per lo più incentrati sul racconto “corale” della coppia, con teaser alla fine di ogni episodio che si focalizzavano su un’altra delle storie d’amore in cui la coppia principale andrà a rispecchiarsi; il quinto episodio mette a fuoco le diverse crepe nella relazione che finora erano state disseminate nel corso della serie. In questo episodio, abbiamo intanto un decisivo abbandono della città di Madrid, al momento ambientazione principale della storia, per seguire un viaggio della coppia a Berlino. Qui i problemi di gelosia e la diffidenza di lui e il risentimento di lei vengono portati agli estremi in un piano sequenza magistralmente orchestrato da Sorogoyen: l’inquadratura fissa sui due protagonisti che discutono nella parte posteriore di un taxi, di ritorno da una surreale serata in un club, acuisce il senso di reclusione e tensione nella coppia, mentre in fuori campo l’autista tedesco chiede a entrambi di abbassare la voce.
È in scene come queste che troviamo alcuni dei momenti più salienti della poetica del regista di As bestas: il suo grande controllo della messa in scena, l’attenzione verso la struttura narrativa, la capacità di mettere in rilievo i singoli eventi. Su questo punto, anche l’ultimo episodio è notevole: un lungo piano sequenza ci mostra ciò che è rimasto della coppia dopo dieci anni. Da una parte troviamo Oscar, che aveva sempre desiderato avere dei figli, ma continua a vivere un’esistenza poco diversa da come ci è apparsa nell’inizio; dall’altro canto, Ana è invece diventata madre, senza riuscire però a dimenticare Oscar, per cui i due decidono di incontrarsi in stanze di hotel. La chiusura dello spazio è alla base di questa grande prova attoriale, che ha il suo focus nella psicologia dei personaggi e nella graduale rivelazione dei loro sentimenti più intimi. In questa lunga alba, entrambi confesseranno tradimenti passati e ferite ancora aperte. Dopo aver deciso finalmente di chiudere il rapporto e andare avanti, le ultime inquadrature ci mostrano i sorrisi di Oscar e Ana nuovamente insieme, alimentando la speranza di poter rivedere la coppia un altro anno ancora.
Los años nuevos. Regia, sceneggiatura: Rodrigo Sorogoyen, Sara Cano, Paula Fabra; fotografia: Lali Rubio, Alana Mejía; montaggio: Alberto Del Campo, Mario Sierra, Regino Hernández; musiche: Juan Ibáñez; interpreti: Amaryllis August, Albert Rudbeck Lindhardt, Nikolaj Lie Kaas, Paprika Steen, Helene Reingaard Neumann, Magnus Millang, Esben Smed, David Dencik, Thomas Bo Larsen, Asta Kamma August; produzione: Movistar Plus+, Caballo Films; origine: Spagna; anno: 2024.