Nella prima sequenza di As Bestas lo scontro fisico tra un gruppo di uomini e alcuni animali selvaggi è restituito in ralenti. Come ci informa la didascalia in apertura, durante la festa galiziana Rapas das Bestas, gli “aloitadores” si incaricano di bloccare i cavalli liberi per tagliare la loro criniera e marchiarli. La sequenza ricostruisce con attenzione le azioni violente degli allevatori che, senza servirsi di nessun tipo di strumento, usano i loro corpi per sottomettere con la forza le bestie. Per quanto siano brutali, i gesti degli uomini mostrati a una velocità più lenta sembrano obbedire una maestosa coreografia. A partire da questo evento prelevato dalla tradizione popolare, il film introduce da subito il motivo di una violenza latente che potrebbe nascondersi tra gli abitanti del villaggio spagnolo.
Il film di Rodrigo Sorogoyen mette infatti in scena la crescente tensione tra Antoine e Olga, una coppia francese che da poco si è trasferita nella campagna galiziana, e i loro vicini di casa, i fratelli Xan e Lorenzo. Alle origini dell’ostilità, si trova il rifiuto da parte dei coniugi francesi di votare a favore della costruzione delle pale eoliche sul territorio; i locali, invece, vorrebbero accettare i soldi promessi in cambio della concessione dei loro terreni, e così finalmente abbandonare la difficile vita rurale.
La complessità del conflitto spaziale tra le due aggregazioni ribalta le aspettative del genere. Le due forze antagoniste hanno delle visioni valoriali opposte, per cui assegnano dei significati diversi a uno stesso ambiente: in maniera del tutto diversa di quanto accade, ad esempio, in Alcarràs, un altro film spagnolo realizzato in quest’ultimo anno, sono gli stranieri ad avere una idea più conservativa e romantica su ciò che si dovrebbe fare con lo spazio rurale, mentre gli autoctoni preferiscono lasciare le loro origini in favore del progresso, con la speranza di ottenere dei vantaggi economici.
Il regista Sorogoyen ha pensato As Bestas come un western moderno, e cita Mezzogiorno di fuoco (Zinnemann, 1952) e Gli spietati (Eastwood, 1992) quali modelli nella realizzazione del film. Entrambe le opere sono dei casi esemplari dell’evoluzione del genere, e Maurizio Grande li definisce rispettivamente come un «western del declino» e una «tragedia ‘travestita’ da western» (1998). In maniera simile agli eroi di queste opere, in As Bestas il francese Antoine attraversa alcuni ambienti già culturalmente configurati, e si impegna a contrastare il loro declino, ma l’intensificazione della violenza è inevitabile: gli attacchi costanti da parte dei vicini dimostrano che niente può essere salvato, suggerendo una soggiacente struttura tragica.
Dal western, il film di Sorogoyen eredita inoltre i sintagmi usati per descrivere l’ambiente. I grandi spazi aperti vengono ripresi con il formato 2:35 del CinemaScope, in campo lungo e con inquadrature fisse. La funzione spaziale del tipico saloon è assolta dal bar locale, in cui gli uomini del posto bevono mentre giocano al domino; qui svariati piani-sequenza indagano i loro volti, sempre illuminati in contrasto con l’oscurità dell’ambiente. Il compositore francese Olivier Arson, che firma la colonna musicale, ha collaborato con Sorogoyen in numerose occasioni, sia per il cinema che per la televisione. Per As Bestas, Arson scrive per un ridotto ensemble di archi e legni, a cui aggiunge il timbro primitivo e tribale del tamburo argentino bombo legüero. È una musica fatta di tensioni senza scioglimenti, carica di dissonanze, satura di senso del pericolo.
La parte finale del film ha una durata notevole, di circa un’ora, e il cambiamento radicale che avviene a livello narrativo e stilistico ci porta a parlare di un’organizzazione in quattro atti, in cui la risoluzione arriva molto dopo il climax (Vanoye 1998). A separare ancora più esplicitamente il quarto atto c’è il passaggio di tempo: in questa parte della storia ci troviamo in una stagione diversa, l’inverno, il che permette di ricreare i toni freddi e la palette cromatica di grigi di qualità “nordica” a cui viene ormai assimilato il noir contemporaneo. Quelli che erano stati i protagonisti della prima sezione passano in secondo piano, e il racconto si focalizza sul plot relazionale tra Olga e la figlia Marie, arrivata dalla Francia per accompagnare la madre, e sugli spazi intimi della loro vita domestica, in opposizione a un ambiente esterno che si è rivelato in tutta la sua ostilità.
In definitiva, il film propone una comunità di donne che deve ristrutturarsi per rimediare agli effetti di una violenza ancestrale, senza che ci sia la possibilità di pensare a una vendetta. Il finale si chiude significativamente con le parole che Olga rivolge alla madre degli uomini che hanno distrutto la sua vita: “Rimaniamo noi donne da sole, cosa facciamo? Io sono di là, se ne hai bisogno”.
Riferimenti bibliografici
M. Grande, Il western: un’epopea moderna, in R. De Gaetano, a cura di, La visione e il concetto. Scritti in omaggio a Maurizio Grande, Bulzoni, Roma 1998.
F. Vanoye, La sceneggiatura. Forme, dispositivi, modelli, Lindau, Torino 1998.
As bestas. Regia: Rodrigo Sorogoyen; sceneggiatura: Isabel Peña, Rodrigo Sorogoyen; fotografia: Álex de Pablo; montaggio: Alberto del Campo; musiche: Olivier Arson; interpreti: Marina Foïs, Denis Ménochet, Luis Zahera, Diego Anido, Marie Colomb; produzione: Arcadia Motion Pictures, Caballo Films, Cronos Entertainment, Le Pacte; distribuzione: Movies Inspired; origine: Spagna, Francia; durata: 137′; anno: 2022.