La sequenza d’apertura del film Memory introduce il personaggio di Sylvia attraverso le testimonianze del gruppo di alcolisti anonimi che ha seguito il suo percorso di sobrietà nel corso degli anni. Dai loro racconti apprendiamo alcuni dettagli sulla vita della donna: la forza con cui ha affrontato la dipendenza, quanto sia una brava madre, la sua capacità di prendersi cura degli altri. Dall’inquadratura laterale, inizialmente abbiamo difficoltà a riconoscere la famosa attrice Jessica Chastain nei panni di Sylvia; allo stesso modo, sarà altrettanto arduo cercare di interpretare le emozioni contenute nel suo viso appena illuminato.
L’ultimo film di Michel Franco rientra nella categoria di memory-reflexive film proposta da Astrid Erll (2011) per descrivere quei prodotti culturali che tematizzano il concetto di memoria e si occupano di rappresentare le modalità in cui avviene il ricordo individuale e collettivo. Ma a differenza di altri film che affrontano tematiche simili, nella struttura narrativa di Memory è del tutto assente il meccanismo di manipolazione temporale del flashback. Piuttosto, durante il film i processi psichici interni della protagonista rimarranno per lo più inaccessibili. Ciononostante, il vissuto traumatico di Sylvia continuerà a influenzare il suo comportamento e i rapporti che essa istaura con gli altri. In Memory, Franco adotta quindi un modello freudiano di memoria, in cui questa si manifesta come una malattia generata da «un ricordo non sufficientemente elaborato e, per questa ragione, doloroso» (Cati 2016), e della quale possiamo unicamente decifrare dei sintomi fisici abilmente restituiti da Chastain.
In maniera analoga all’efficace contrasto instaurato in Sundown tra le rumorose spiagge di Acapulco e il silenzioso protagonista, anche Sylvia è isolata rispetto al suo intorno: durante una rimpatriata della classe del liceo, la donna appare seduta da sola, immobile, in primo piano, mentre il resto festeggia in profondità di campo. È qui che Sylvia conosce Saul; l’uomo continua a fissarla ed è appena distinguibile tra la folla, ma per parlare con lei, riesce a superare la barriera invisibile che finora separava Sylvia dal resto dello spazio. Sylvia lascia la festa intimorita dall’avvicinamento dell’uomo, ma a sua volta Saul la seguirà fino a casa.
A partire da questo insolito incontro, i due continueranno ad attrarsi e respingersi a vicenda. Mentre Sylvia sembra essere affetta da un eccesso di memoria, nel caso di Saul, malato di demenza, ci troviamo invece davanti a una sua patologica mancanza. L’eccessivo ricordo individuale di Sylvia rimane comunque deformato e non del tutto affidabile, per cui ha sempre bisogno di una dimensione sociale (la testimonianza della sorella) che possa supportarlo; dall’altro lato, con Saul vediamo più chiaramente la necessità di una esternalizzazione della memoria, attraverso il diario sul quale l’uomo registra con cura gli eventi significativi della sua quotidianità. Oltre alla recitazione essenziale di Chastain, anche l’interpretazione di Peter Sarsgaard nel ruolo di Saul è notevole, come attesta la Coppa Volpi vinta all’ultima edizione del Festival di Venezia.
L’intreccio del film riprende una struttura che procede mediante «rivelazioni e potenziali svolte narrative», già individuata da Roberto De Gaetano in Sundown. Anche in questo caso abbiamo due grandi rivelazioni, quasi in opposizione fra loro. Nella prima grande svolta narrativa, Sylvia accusa Saul di aver abusato di lei molti anni prima, quando ancora entrambi frequentavano il liceo. In realtà, scopriremo subito che si tratta di un falso ricordo, poi smentito dalla sorella di Sylvia. Anche la seconda rivelazione avviene in maniera inaspettata, verso la fine del film: la scena mostra con distacco il confronto tra Sylvia e la madre, la macchina da presa si posiziona a distanza, riprendendo i personaggi di spalle, e rifiutando quindi qualsiasi immersione nel dramma psicologico.
Se da una parte sembra che Franco rifiuti di indugiare su ulteriori complessità psicologiche, è perché ciò che gli interessa è la particolare storia d’amore tra i due personaggi protagonisti. Grazie al personaggio positivo di Saul, Sylvia ritrova una via di fuga dalla chiusura morbosa del dramma familiare. La relazione si presenta come un’apertura verso il futuro, e tale valenza è riconfermata nel finale quando la figlia di Sylvia interviene per ricongiungere i due amanti. Mentre ascoltano ripetutamente le note di A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum (il testo della canzone è lo struggente, incerto e immaginifico ricordo di un momento d’amore), Saul aiuta Sylvia a spogliarsi dal dolore del passato e scoprire nuove forme di amare.
Riferimenti bibliografici
A. Cati, Gli strumenti del ricordo. I media e la memoria, La Scuola, Brescia 2016.
A. Erll, Memory in Culture, Palgrave Macmillan, Londra 2011.
Memory. Regia: Michel Franco; sceneggiatura: Michel Franco; fotografia: Yves Cape; montaggio: Óscar Figueroa, Michel Franco; interpreti: Jessica Chastain, Peter Sarsgaard, Brooke Timber, Merritt Wever, Elsie Fisher, Jessica Harper, Josh Charles; produzione: Teorema, High Frequency Entertainment, MUBI, Ketchup Entertainment; distribuzione: Academy Two; origine: Messico, Stati Uniti d’America; durata: 100′; anno: 2023.