Partiamo dal paratesto, e dal suo elemento più caratterizzante. Los amantes astronautas è un titolo bello, allitterante e assonante, che stimola la curiosità del pubblico e pone già una sfida ermeneutica. Purtroppo il desiderio di normalizzare il film ha spinto i distributori italiani a variare leggermente Gli amanti astronauti in L’amante dell’astronauta, lasciando aperto uno spiraglio per una versione eterosessuale della storia, trasformata inoltre in un caso singolare, eliminando un plurale che ha un effetto surrealistico.
Chi sono gli amanti astronauti lo capiamo abbastanza presto, a inizio del film. Figura significativa del cinema indipendente argentino, più volte premiato, e apparso sugli schermi italiani soprattutto nel contesto di festival queer, Marco Berger è un regista innovativo, che ha una produzione ricca, accomunata da una serie di costanti espressive e tematiche: l’ambientazione in spazi chiusi, la dimensione ludica, la decostruzione della maschilità, la rappresentazione di relazioni gay o comunque non normative, la predilezione per storie fra ragazzi, che dissolvono i confini fra amicizia e amore. Nel nostro film ci troviamo in una casa di vacanza vicino Buenos Aires, dove si ritrovano due ex compagni di scuola. Uno dei due, Pedro, è apertamente gay, il che provoca la reazione stupita dell’altro, Maxi, che sottolinea quanto questa sua identità non sia chiaramente percepibile. A questo punto si situa la battuta chiave: “Avresti detto la stessa cosa se fossi stato un astronauta?”; battuta che colpisce sia gli stereotipi della cultura dominante sull’effeminatezza dei maschi gay, sia anche la divertente e divertita facilità con cui ci si riconosce nell’ambito della comunità gay (il “radar”), sia infine, più in generale, la dinamica fra essere e apparire che caratterizza la vita sociale. Per il resto del film il riferimento agli amanti astronauti sarà un Leitmotiv scherzoso, con cui la strana coppia designerà se stessa.
Sempre in questa fase iniziale si situa uno dei pochissimi plot twists di un film volutamente quasi privo di intreccio: i due ragazzi decidono di giocare a fingere di avere una relazione. La categoria gioco va intesa qui nelle sue implicazioni più profonde, messe in luce da Huizinga in un saggio ormai classico: un’attività libera e creativa, pienamente disinteressata, e caratteristica di innumerevoli specie viventi; aggiungerei che in questo caso il gioco è capace di far emergere desideri repressi e identità nascoste. Si avverte inoltre il parallelismo con un altro concetto-chiave della cultura contemporanea: la performance, che ha dato vita a una corrente di studi, sancita da una svolta culturale, il performative turn. Se, seguendo Richard Schechner, intendiamo come performance non solo una rappresentazione teatrale o di arte visiva, ma un’azione ritualizzata, che esegue e nello stesso tempo decostruisce una partitura espressa dalla cultura dominante, possiamo capire come la performatività animi la teoria queer in generale e il pensiero di Judith Butler in particolare. È proprio quello che fanno i due protagonisti di Los amantes astronautas: un gioco che si trasforma pian piano in una performance con cui riconfigurare la propria identità non solo sessuale, ma anche sociale ed esistenziale.
Lo spazio e il tempo sono fattori determinanti per il successo di una performance. Come ho accennato prima, la casa estiva per le vacanze è l’ambientazione perfetta per questo scopo, perché diventa un’eterotopia nel senso di Foucault: uno spazio altro che sospende le convenzioni della vita comune. È la stessa scelta claustrofiliaca che Marco Berger aveva messo all’origine di Los agitadores (2022): una lussuosissima villa in cui un gruppo di amici trascorre le vacanze natalizie fino al Capodanno, fra giochi estremi, droga e tantissimo alcol; tutto il film mette in scena e stravolge gli stereotipi della maschilità, e in particolare del machismo più bieco e aggressivo, fino a un imprevisto, fulmineo e fulminante finale tragico.
Per quanto riguarda la categoria del tempo, va ricordato che la performance è una pratica artistica tesa verso un’equivalenza fra arte e vita: lo dimostrano le azioni dionisiache di Hermann Nitsch, che durano anche sei giorni; la performance The Lovers di tre mesi sulla muraglia cinese con cui Marina Abramović e Ulay hanno sancito la fine del loro rapporto; o il caso estremo di Roberto Cuoghi, che per sette anni ha assunto l’identità di suo padre; o ancora, per passare al cinema contemporaneo, l’omaggio di Chiara Mastroianni in Marcello (2024), in cui si trasforma nel proprio genitore. Ne Los amantes astronautas non abbiamo a che fare con grandi eventi epocali, ma con l’evolversi sottile, pacato e graduale di un legame attraverso i ritmi del quotidiano. Troviamo così il regine iterativo amato da Proust e codificato dalla narratologia di Genette, e quindi le azioni ripetute che scandiscono la vacanza: i tuffi, le passeggiate, le feste, la visione di un film in dvd; troviamo anche un momento di intimità assoluta, quando uno dei due ragazzi usa il bagno mentre l’altro fa la doccia; una scena che può ricordare l’incipit di Eyes Wide Shut di Kubrick, anche se lì si trattava di una coppia in crisi, e qui invece di una ancora non formata. In queste minime, banali azioni quotidiane quello che domina è il dialogo, intessuto di battute, scherzi, allusioni, cambi di registro, racconti: come in tanto teatro novecentesco erede di Cechov, o nel conversation novel di Ivy Compton-Burnett. Proprio per questo motivo è più importante del solito vedere il film nella versione originale sottotitolata, anche per cogliere le differenze fra l’accento spagnolo di Pedro (nato in Argentina ma vissuto a lungo in Spagna) e quello argentino di Maxi.
Come si può concluder un film di questo genere? Proprio per quella tendenziale identificazione fra arte e vita che caratterizza tanta arte romantica e post-romantica a cui accennavo prima, il problema del finale è molto sentito nella nostra epoca in tutti i campi, ad esempio nella psicanalisi, a partire dal saggio famoso di Freud Analisi terminabile ed interminabile. È un disagio della chiusura che ci viene confermato dalle tante opere del Novecento rimaste incompiute, per volontà o per caso. Anche Berger sembra partecipare a questa tendenza, se si pensa alla rapidità sconcertante con cui viene narrato il finale di Los agitadores. La conclusione di Los amantes astronautas, simile a quella di uno dei suoi primi film, Piano B (Plano B, 2009), è in fondo abbastanza prevedibile: il gioco finisce, e si trasforma in realtà; l’eterosessuale monolitico scopre il proprio lato gay. Ma ci arriviamo per gradi, e in modo ben motivato: nel momento in cui Maxi non vuole più fingere di essere gay di fronte alla propria ex fidanzata, Pedro sparisce all’improvviso. Sarà proprio questo trauma (altro concetto-chiave del dibattito teorico contemporaneo) a portare il film verso il finale melodrammatico; un melodramma comunque solo abbozzato, che non stravolge il registro stilistico scelto da Berger per questo film, del tutto anti-tragico, da commedia romantica.
Questo finale rapido ed evocativo lascia uno spazio aperto all’immaginazione del pubblico, su come si potrà evolvere la relazione fra i due ragazzi, ora che il gioco si è chiuso e la performance è diventata tutt’uno con la vita. È uno spazio di sperimentazione, a cui forse potrebbe alludere il titolo giocoso, con l’immagine dell’astronauta che esplora nuovi universi.
Riferimenti bibliografici
J. Butler, Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Feltrinelli, Milano 2004.
M. Foucault, Eterotopia, Mimesis, Milano 2010.
S. Freud, Analisi terminabile e interminabile, Bollati Boringhieri, Milano 1977.
G. Genette, Figure 3. Discorso del racconto, Einaudi, Torino 2006.
J. Huizinga, Homo ludens, Einaudi, Torino 2002.
R. Schechner, Introduzione ai Performance Studies, CuePress, Bologna 2018.
L’amante dell’astronauta. Regia e sceneggiatura: Marco Berger; fotografia: Mariano De Rosa; montaggio: Marco Berger; musiche: Pedro Irusta; interpreto: Ailín Salas, Lautaro Bettoni, Javier Orán, Iván Masliah, Mora Arenillas, Agustín Frías, Camila del Campo, Melina Furgiuela; produzione: Mr Miyagi Films, Sombracine; distribuzione: Circuito Cinema Distribuzione; origine: Argentina, Spagna; durata: 116’; anno: 2024.