Un attentato terroristico a San Francisco, l’introduzione dello stato di emergenza (e quindi del relativo stato di eccezione legale), la sorveglianza elettronica usata come strumento di controllo politico. Sono questi i principali ingredienti del romanzo di Cory Doctorow intitolato X (nella prima edizione italiana; Newton Compton, 2009) o Little Brother, secondo il titolo originale e la nuova edizione (Multiplayer Edizioni, 2015).

Ci sono tre indizi che suggeriscono l’importanza di questo volume, oltre a decine di premi di letteratura fantastica soprattutto in ambiente libertario: il primo è l’introduzione curata da Bruce Sterling. Sarà forse inutile ma è bene ricordare che negli anni ’80 Bruce Sterling ha prodotto la più rilevante riflessione intorno al fenomeno del cyberpunk. Il secondo indizio è che si tratta del primo capitolo di una trilogia di successo (dopo Homeland, 2013, è stato pubblicato Attack Surface alla fine del 2020). Il terzo è che nella sua fuga precipitosa, Edward Snowden avrebbe portato con sé una copia di questo libro. Certamente la spia che ha svelato alcune verità indicibili dell’apparato di controllo dentro e fuori gli Stati Uniti, nel corso del 2020 ha scritto un’introduzione per l’ennesima edizione del volume.

La storia è solo apparentemente un romanzo per ragazzi, perché se è vero che i protagonisti sono giovani studenti liceali, è anche vero che i temi trattati e le citazioni esplicite o implicite richiamano un immaginario complesso e oggetto di un dibattito che coinvolge l’opinione pubblica nel suo insieme. Lo scenario è quello dell’America del dopo 11 settembre che, attraverso un processo di riforma normativa destinato a proteggere i cittadini, si è ritrovata a costruire un apparato di controllo che non ha nulla a che vedere con la lotta al terrorismo e molto invece con la coercizione della libertà delle persone.

È forse opportuno spiegare che il canadese Cory Doctorow non è semplicemente un autore di fiction ma un attivista e un giornalista esperto di informatica, che da molti anni si batte per i diritti dei cittadini e denuncia le violazioni perpetrate da governi e corporation. Nel suo romanzo X (Little Brother) descrive un mondo in cui le buone intenzioni (combattere le minacce terroristiche) si traducono in un sistema di controllo politico tipico di un sistema totalitario. Il riferimento a 1984 di George Orwell è palese fin dal titolo originale ed emerge dalle prime pagine. Doctorow descrive un mondo in cui gli apparati di controllo si spingono fin dove possono, prima che un qualche movimento politico riesca a fermare le derive autoritarie del controllo sociale. Gli studenti delle scuole sono infatti controllati da telecamere che li identificano in base all’andatura (una tecnologia non ancora disponibile), solo perché quelle a riconoscimento facciale (oggi usate a fini di sicurezza in diversi paesi) sono state dichiarate incostituzionali da un tribunale.

Esattamente quello che Snowden ha messo in luce cinque anni dopo questo romanzo: il fatto che il governo degli Stati Uniti teneva illegalmente sotto controllo le telefonate di tutti i cittadini del proprio paese oltre alla posta elettronica e alla cronologia delle ricerche sul web. Non solo, grazie alle sue rivelazioni si è scoperto che le agenzie di sicurezza captavano anche il traffico dei diplomatici europei e dei cittadini cinesi. In epoca di ban contro Huawei, riportare alla memoria questi fatti comporta una certa ironia. L’intuizione letteraria di Doctorow assume i toni della profezia se si pensa che solo un decennio dopo Shoshana Zuboff teorizzerà il capitalismo della sorveglianza. E lo stesso giornalista canadese ha pubblicato questa estate un intervento dal titolo How to Destroy Surveillance Capitalism.

Ma sono diversi i motivi che rendono questo romanzo interessante non solo sul piano politico ma anche per la costruzione narrativa e la caratterizzazione dei personaggi. Un primo tema rilevante è quello della distanza anagrafica: i giovani protagonisti che si battono per la libertà sono quanto di più lontano si possa immaginare dal mondo degli adulti, totalmente inconsapevoli dei rischi del controllo poliziesco sostanzialmente per motivi generazionali. L’incipit del romanzo è folgorante: «Sono uno studente dell’ultimo anno del liceo Cesar Chavez nel soleggiato quartiere Mission di San Francisco, il che mi rende una delle persone più sorvegliate al mondo». Un’affermazione paradossale, certamente non si è ancora arrivato a questo, ma Doctorow coglie nel segno quando indica nel controllo del mondo dei giovani una delle principali preoccupazioni del mondo adulto. In particolare di quel mondo che non capisce quasi nulla di ICT, Information and Communication Technologies. Il personaggio infatti spiega subito dopo che le sue scorribande come hacker su Internet avvengono con lo pseudonimo di “w1n5t0n”: «Non si pronuncia “doppiavvù-uno-enne-cinque-tì-zero-enne”, a meno che tu non sia un fesso di responsabile disciplinare talmente preistorico da chiamare ancora Internet “l’autostrada dell’informazione”».

Il protagonista si fa quindi chiamare Winston (traslitterato secondo le regole della retorica nerd): come Winston Smith, il personaggio di 1984 incaricato di correggere i libri e i giornali già pubblicati per rendere vere le previsioni del Partito. Ma l’attenzione non deve essere distolta da quella affermazione secondo cui la vecchia generazione chiama ancora Internet “l’autostrada dell’informazione”. Sarebbe utile ricordare come la retorica “adulta” del web come pericoloso (solo pericoloso) nasce spesso da un malinteso generazionale. E ricorda i tentativi anche recenti di chi vorrebbe proteggere i giovani dai rischi del web rifacendosi a modelli culturali obsoleti. Quanti elzeviri in prima pagina di autorevoli testate ricordiamo in cui si parla di “autostrada dell’informazione”? E in quanti programmi governativi si ragiona ancora in questi termini?

Ma si tratta di una retorica che ahimè alberga anche nei più interessanti tentativi di rendere migliore il nostro paese. Come ricordava di recente Riccardo Luna in un podcast (Cento secondi di tecnologia), nel Parlamento italiano giacciono diverse e contrapposte proposte di legge per rendere Internet un “diritto costituzionale”. Nobile intento. Ma anziché discutere di quale articolo della Costituzione modificare, l’azione più utile sarebbe quella di rendere Internet un diritto esigibile. Cioè di far arrivare a tutti i cittadini una connessione internet, magari indipendentemente dalla loro condizione economica. Altrimenti è solo retorica sui diritti.

Ciò che X suggerisce è che per uscire dall’incubo distopico del controllo pervasivo non serve la retorica ma la conoscenza. Marcus, il w1n5t0n della rete, riesce a sfuggire al controllo solo perché è competente: e usa la console di Microsoft come rete alternativa a una Internet diventata ormai strumento di controllo sociale. La beffa di Xbox, da strumento del mercato a veicolo di libertà, indica una interessante strategia hacker, cioè di modifica del sistema di controllo con gli strumenti del sistema stessa, che indica una strada interessante. Dismettere il “dibattito” sulla libertà di espressione e iniziare a garantirla.

Cory Doctorow, Little Brother, Multiplayer Edizioni, Terni 2015.

Share