La domanda del melodramma è sempre come suturare il tempo dalla sua dispersione. La risposta è spesso elusiva, e le conseguenze sono tragiche. Cercare di conoscere senza voler riconoscere è l’inizio del movimento melodrammatico. È quello che accade, in Madres paralelas di Almodóvar, all’antropologo forense, che mette incinta una brillante fotografa pubblicitaria non più giovanissima, Janis (Penelope Cruz), che decide comunque che è meglio separarsi e proseguire la gravidanza da sola per la complicata situazione familiare di lui.
Una storia parallela di maternità è quella di Ana, ragazza minorenne senza partner, e figlia di Teresa, attrice ambiziosa e tardiva incapace di stare vicino alla figlia. Ana è la compagna di camera di Janis nell’ospedale in cui partoriranno. L’assenza reale o simbolica degli uomini per le due donne riguarda non solo i compagni ma anche i padri, come sempre in Almodóvar. Uomini che si sottraggono e la cui elusione verso le donne è strutturale. Le due donne partoriranno ripromettendosi di rimanere in contatto.
Questo incipit con le due nascite si ribalterà presto in una struttura melodrammatica, dove Janis e Ana saranno ulteriormente più sole: Ana sarà abbandonata anche dalla madre presa dalle sue tournée; e Janis rivedrà l’antropologo solo per sentirsi dire che non riconosce, non solo idealmente, ma neanche di fatto, il figlio come suo: non gli somiglia. Il germe del sospetto ricadrà anche su Janis, che manderà in un laboratorio le provette per scoprire che quella non è sua figlia. È la figlia di Ana, scambiata in ospedale.
Qui viene letteralmente subordinato il riconoscimento (etico) alla prova della conoscenza (scientifica). E questo apre ad una deriva, l’elusione si fa sempre più radicale, Janis terrà nascosto anche all’amica Ana lo scambio dei neonati quando viene a scoprire che la figlia di lei è morta in culla. Tra le due donne nascerà un rapporto contraddittorio ed intenso, anche una relazione, che si scioglierà solo quando Janis dirà ad Ana la verità.
La struttura del “maternal melodramma” ha una cornice (inizio e fine) che la proietta su uno sfondo storico e su un profilo temporale ampio, nel quale si riflettono le molte generazioni presenti nel film. Si tratta di scoprire la fossa comune nella quale sono stati occultati durante la Guerra civile in Spagna diversi uomini dati per dispersi tra cui il bisnonno di Janis. Per questa ragione Janis ha contattato l’antropologo forense, per aiutarla a disseppellire i resti degli uccisi nel suo paese d’origine.
Il tentativo di suturare il tempo in questo film diventa dunque più complesso, perché include il tempo storico, i padri, i nonni, gli avi, i morti, solo riconoscendo i quali un futuro può essere immaginato. Il riconoscimento di una storia, di una tradizione, di un debito nei confronti di chi è morto, garantendo anche la libertà del Paese, è una sorta di precondizione per immaginare un futuro.
Così nel finale, davanti allo scavo archeologico, al disseppellimento dei morti, oltre agli anziani del paese, si ritrovano tutti i personaggi del film: le due donne, la bambina di oramai tre anni, la più cara amica di Janis (icona almodóvariana, Rossy De Palma) e l’uomo. I contemporanei si ritroveranno tutti insieme, in famiglie allargate, riconoscendo la verità del tempo e della storia, e portando alla luce quanto di segreto e irrisolto avevano dentro. Solo così le cose possono ricominciare e il tempo riprendere il suo corso che la chiusura melodrammatica aveva interrotto. Janis torna ad essere nuovamente incinta dell’uomo, e la figlia di Ana “avrà un fratellino”.
L’intensità di regia e di recitazione del film di Almodóvar vengono ad essere compromesse dal tentativo per lui nuovo di “epicizzare” il melodrammatico in forma un po’ troppo meccanica, attraverso prologo ed epilogo, e nel non contenere sempre la materia narrativa in forma convincente, mettendoci dentro troppo. Anche tracce di un presente un po’ troppo ideologizzato, sintetizzato da frasi come “We Should All Be Feminists” sulla maglietta di Penelope Cruz.
Madres paralelas. Regia: Pedro Almodóvar; sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: Teresa Font; scenografia: Antxon Gómez; musiche: Alberto Iglesias; costumi: Paola Torres; interpreti: Penélope Cruz, Milena Smit, Israel Elejalde, Aitana Sánchez-Gijón, Julieta Serrano, Rossy De Palma; produzione: Remotamente Films / El Deseo D.A.; origine: Spagna; durata: 123′; anno: 2021.