Un parco, un museo, un teatro antico, un giardino, un cinema: nell’apertura del film di Mouret ci vengono subito mostrati i luoghi in cui avverranno gli incontri delle diverse coppie. Si tratta di un’operazione contraria a quella svolta nel suo film precedente, Una relazione passeggera, in cui il montage aveva una funzione nostalgica; questa volta invece la sequenza è inserita all’inizio, aumentando la complessità del gioco romantico. Ce lo fa capire anche l’utilizzo della voce narrante di Vincent Macaigne, già attore protagonista di altri film del regista, che commenta le immagini con tenerezza e apprensione, decidendo sul momento quale sia il miglior modo per iniziare il racconto, e cambiandone idea nel frattempo.

Un buon modo per introdurci alla storia può quindi essere partire dall’arrivo del nuovo supplente a scuola, autore di un libro che fortuitamente ha trovato successo. Anzi, come spiega la voce, dobbiamo comunque tornare indietro di un altro anno ancora. Infatti, è qui che tutto ha avuto inizio, forse. In ogni caso, per guidarci nella matassa di linee narrative, il narratore ci esorta a ricordare: il nostro focus deve essere sul personaggio di Joan, è lei che dobbiamo guardare.

Joan è sposata con Victor, il nostro narratore, ed è una delle tre amiche del titolo. La donna si rivolge all’amica Alice in cerca di un consiglio amoroso: ha capito di aver smesso di amare il marito e vuole lasciarlo. Dal suo canto, Alice è più pragmatica, per lei è meglio evitare la passione in amore, perché sempre accompagnata da aspetti negativi quali ansia, tristezza, dipendenza, dolore. Per questo motivo, lei è contenta nella sua relazione, rassicurata dalla certezza che il marito sia più innamorato di lei. Per concludere le presentazioni, la terza amica è Rebecca, adesso impegnata in una relazione clandestina con il marito di Alice. I tre personaggi femminili ci offrono dunque diverse prospettive sul sentimento amoroso che saranno sviluppate nel corso del film.

Gli elementi narrativi elencati finora sono i soliti a cui ci ha abituato il cinema di Mouret, in cui il tradimento è esplorato con leggerezza, perdendo le sue connotazioni trasgressive, con personaggi che preferiscono parlare che fare l’amore, e dove basta uno scambio di sguardi per capire che in seguito nascerà una nuova relazione. Tra tutti, questo è il film più vicino alle commedie di Allen, se pensiamo al triangolo amoroso di Isaac, Yale e Mary in Manhattan o al continuo ricomporsi dei rapporti coniugali di Mariti e mogli.

In questa costruzione commedica si inserisce un inaspettato elemento tragico: dopo la fine della relazione tra Joan e Victor, avviene la morte di quest’ultimo; e così la voce narrante diventa quella di un dead-man-talking. La storia di Joan è quindi travolta da questo lutto e dai sensi di colpa per aver lasciato l’uomo. Contestualizzando il film all’interno della filmografia del regista, e accostando quest’ultima al cinema di Rohmer, a cui guarda anche quello di Mouret, possiamo affermare che mentre Les choses qu’on dit, les choses qu’on fait e Una relazione passeggera erano rispettivamente il racconto di un’estate e di una primavera, Trois amies si presenta allora come la storia di un inverno, accompagnata dalle sonate di Beethoven e dai brani per pianoforte di Mendelssohn.

In seguito alla morte di Victor, Joan incontra Eric, sostituto dell’ex marito a scuola, che in più si è trasferito allo stesso palazzo in cui abita la donna, con a una figlia che ha la stessa età di quella di Joan. Insieme alle bambine, Joan ed Eric decidono di passare il weekend in campagna, come faranno anche Alice e il suo amante, e Rebecca con il marito di Alice. In un rovesciamento del “mondo verde” di Frye, la gita fuori dalla città porta alla separazione di tutte le coppie che si erano appena formate, ma è anche un’occasione di apertura per crearne altre nuove.

Nella concezione della protagonista Joan, l’amore deve avere una forza dirompente, arriva sempre all’improvviso ed è dunque impossibile da programmare, quindi, nonostante sembri tutto perfetto, è questo motivo per cui si rifiuta di amare l’affidabile Eric, troppo simile all’ex marito. Ed ecco che Victor tornerà a presentarsi di fronte Joan come un fantasma, portando la donna al ripensamento delle sue scelte.

Nel finale, troviamo il rimatrimonio di Alice, che in seguito ai reciproci tradimenti dice di essersi per la prima volta innamorata del marito. Rebecca invece è ora felicemente fidanzata con un uomo conosciuto tramite un sito di incontri e che inizialmente aveva rifiutato, mentre Joan afferma di sentirsi finalmente pronta per scegliere una vita serena e sicura insieme a Eric, dopo aver imparato dagli errori passati. Ma se ricordiamo l’esortazione che era stata fatta in partenza, anche nella chiusura dobbiamo ricordare di focalizzarci su Joan, al di là di ciò che dichiara con le sue parole: uno scambio di sguardi con uno degli uomini alla festa ci suggerisce che la donna continuerà a dedicarsi alla scoperta di nuove passioni. Con Trois amies, Mouret si riconferma come uno dei registi contemporanei che meglio hanno raccontato la complessità del gioco dell’amore: «Il gioco come sperimentazione delle nostre facoltà, dei nostri sentimenti e delle nostre cognizioni, in assenza di fini, è una cosa seria. E l’amore è questa sperimentazione, ludica e seria allo stesso tempo» (De Gaetano 2022, p. 10).

Riferimenti bibliografici
R. De Gaetano, Le immagini dell’amore, Marsilio, Venezia 2022.

Trois amies. Regia: Emmanuel Mouret; sceneggiatura: Emmanuel Mouret, Carmen Leroi; fotografia: Laurent Desmet; montaggio: Martial Salomon, Yibrán Asuad; musiche: Benjamin Esdraffo; interpreti: Camille Cottin, Sara Forestier, India Hair, Grégoire Ludig, Damien Bonnard, Vincent Macaigne, Éric Caravaca; produzione: Moby Dick Films; origine: Francia; durata: 118’; anno: 2024.

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