Il film di Jason Reitman si apre con l’inquadratura di un vecchio apparecchio televisivo che trasmette i provini dei primi comici di Saturday Night Live. Già a partire dell’allestimento, i filmati imitano un’estetica d’archivio per introdurre i diversi attori del film, molti dei quali condividono con i comici reali una straordinaria somiglianza fisica. Dopo questo teaser iniziale, il racconto si focalizzerà sullo svelamento del backstage durante le preparazioni alla trasmissione del primo episodio del programma, avvenuta circa cinquant’anni fa, l’11 ottobre del 1975.

Lo sguardo di Reitman su questo episodio rilevante per la storia televisiva è di tipo nostalgico. Nonostante Saturday Night Live sia uno degli show di successo più longevi della tv americana, in nessuno momento viene reiterato il legame che il programma ha con il nostro presente. Piuttosto, l’evento è presentato come unico e irrepetibile: un’inaudita esplosione di energia e vivacità animata da un gruppo di comici inesperti ma disposti a far di tutto per rivoluzionare il mondo della televisione. Ecco che appare dunque una possibile relazione con la contemporaneità, rispetto alla quale il film si pone in maniera critica: per Reitman, la commedia dei giovani “Not Ready for Prime Time” era completamente libera dai cliché e preordinamenti dell’oggi, e per questo ancora forza creatrice e dirompente.

La forma sketch che caratterizza programmi come Saturday Night Live è definita dalla sua flessibilità riflessiva (Marx 2019); è un tipo di commedia che tende a ragionare sui propri processi creativi, sfidando la tradizione e volgendo lo sguardo invece verso i più recenti dibattiti culturali. In maniera simile, in Saturday Night gli sketch hanno una funzione strutturale, per cui il film sembra essere il risultato casuale della messa in serie di episodi comici. La dimensione corale del film viene anche veicolata attraverso i numerosi piani sequenza che collegano le scene, durante i quali la macchina da presa si aggancia di volta in volta al movimento frenetico di uno dei personaggi, ma è allo stesso tempo libera di esplorare la molteplicità dell’azione nello studio televisivo.

Ciò che colpisce maggiormente dalla frenesia ricostruita nel film è il suo rapporto con la dimensione live dell’evento televisivo. L’insistenza sulla liveness del programma si pone come un ulteriore elemento autoriflessivo, essendo questo uno dei componenti distintivi del medium. Se da una parte, la trasmissione in diretta degli sketch comporta una serie di qualità ontologiche (irrepetibilità, effimerità, fragilità, unicità) comuni a tutti gli eventi, incluse le interpretazioni performative in teatro, musica e danza (Bertinetto, Rutta 2021, p. 4). Allo stesso tempo, questa forma di improvvisazione artistica è contraddistinta dal suo continuo accadere in tempo reale. Per questo motivo, aderisce a canoni diversi di quelli di altre forme artistiche che cercano la bellezza e la compiutezza formale, e che possiamo individuare invece in un’estetica dell’imperfezione che definisce potenzialmente qualsiasi evento nella sua contingenza (ivi, p. 5). Quest’estetica è rinforzata dalla colonna musicale del film, creata dal musicista jazz Jon Batiste, il quale sceglie di creare una sorta di anti-score, che si distacca consapevolmente dalla tradizione classica di matrice europea; la musica viene anch’essa registrata live mentre il film è ancora in fase di produzione con l’intenzione di creare qualcosa di vivo e grezzo.

Con l’accumularsi di situazioni imprevedibili, lo spazio dello studio di produzione diventa sempre più claustrofobico e affollato da eventi e personaggi. Alcuni protagonisti cercano di evadere la pressione del tempo girovagando per la città di New York. Fuori dallo studio hanno luogo momenti molto significativi, come la visione malinconica di Gilda Radner e John Belushi al Rockefeller Center (i due comici moriranno giovanissimi, meno di un decennio dopo), o l’incontro tra il creatore Lorne Michaels e lo sceneggiatore Alan Zweibel, in qualche modo frutto del caso, o comunque delle infinite possibilità offerte dalla stessa città. Il film si chiude con lo slogan “Live from New York … it’s Saturday night!” gridato da Chevy Chase, la stessa frase che per metà di un secolo ha segnalato la fine del momento finzionale dello sketch iniziale per introdurre la contingenza, la riflessività e la spontaneità dello spettacolo in diretta.

Riferimenti bibliografici
A. Bertinetto, M. Ruta, The Routledge Handbook of Philosophy and Improvisation in the Arts, Routledge, New York 2021.
N. Marx, Sketch Comedy. Identity, Reflexivity, and American Television, Indiana University Press, Bloomington 2019.

Saturday Night. Regia: Jason Reitman; sceneggiatura: Gil Kenan, Jason Reitman; fotografia: Eric Steelberg; montaggio: Nathan Orloff, Shane Reid; musiche: Jon Batiste; interpreti: Gabriel LaBelle, Rachel Sennott, Cory Michael Smith, Ella Hunt, Dylan O’Brien, Emily Fairn, Matt Wood, Lamorne Morris, Kim Matula, Finn Wolfhard, Nicholas Braun, Cooper Hoffman, Kaia Gerber, Andrew Barth Feldman, Tommy Dewey, Willem Dafoe, Matthew Rhys; produzione: Columbia Pictures, SNL Studios, Right of Way Films; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Stati Uniti d’America; durata: 109′; anno: 2024.





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