«Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?». Il noto incipit delle Orationes in Catilinam di Marco Tullio Cicerone viene ripreso in Megalopolis. Per la realizzazione del film, il regista Francis Ford Coppola ha attinto a piene mani ai personaggi della storia di Roma, civiltà che lo stesso regista considera come la controparte antica dell’America moderna.
Siamo nell’ultimo secolo prima della nascita di Cristo, un periodo destinato a sconvolgere per sempre le sorti dell’Urbe: la stabilità della Repubblica era in crisi, attraversata da profonde turbolenze che avrebbero poi consentito l’ingresso nella scena politica cittadina di diverse figure che, nonostante l’intento di preservare il regime politico in vigore, celavano mire assolutistiche, che si sarebbero poi realizzate compiutamente a seguito della presa del potere da parte di Augusto nel 27 a.C.
Tra questi personaggi, particolare risalto viene dato a Lucio Sergio Catilina, descritto dallo storico Gaio Sallustio Crispo, nel quinto capitolo del suo De Catilina coniuratione, come un uomo nato da una famiglia, che, per quanto di grande forza sia dell’animo che del corpo, era di indole malvagia e depravata. Un uomo, insomma, che si inseriva perfettamente nella società romana dell’epoca, i cui costumi corrotti rappresentavano il frutto dell’amore per il lusso e per l’avidità.
La descrizione sallustiana dello scenario viene ripresa da Coppola nella costruzione della Nuova Roma del XXI secolo, la cui degenerazione sociale sembra andare di pari passo con il degrado di alcune ambientazioni urbane. In questo contesto reietto, si muove un altro Catilina, uomo ambizioso, mosso anche dall’intento di avere la meglio sul suo avversario politico, il sindaco Frank Cicerone, simbolo del potere costituito; mentre Catilina cerca invece di affermarsi non già sul piano istituzionale, bensì attraverso la ridefinizione del paesaggio cittadino.
Se nella favola di Coppola, lo spettatore riesce a percepire appieno la benignità nelle intenzioni del personaggio interpretato da Adam Driver, non può dirsi la stessa cosa della storia del passato. A trionfare, infatti, è la narrazione ciceroniana, con l’Arpinate, all’epoca console, che riuscì a far presa sul Senato, consentendo l’emanazione del c.d. senatusconsultum ultimum, che accordava ai consoli in carica – tra i quali, appunto, lo stesso Cicerone – ampi poteri di vita o di morte contro chiunque avesse tramato contro le sorti della Repubblica. Di fatto, quindi, Catilina andò incontro ad una sorte infausta, che lo condusse alla morte un anno più tardi.
Tornando ancora una volta al film di Coppola, a Catilina viene affiancato un altro nome, quello di Cesare. Non è affatto una scelta casuale: nelle Vite dei Cesari del biografo Gaio Svetonio Tranquillo viene riferito che il giovane Caio Giulio Cesare tramava spesso insieme a Catilina, il quale potrebbe essere considerato un punto di riferimento per i rivoluzionari dell’epoca. A ciò potrebbe aggiungersi il fatto che Cesare fu colui che mise in serio pericolo la Repubblica romana e, per questo, fu fortemente osteggiato da Cicerone.
In questo contesto, è necessario evidenziare che le differenze tra queste due figure non erano soltanto politiche, ma riguardavano anche le capacità retoriche, che gli consentivano di esporre al pubblico le loro prospettive divergenti: infatti, mentre Cicerone faceva ricorso ad uno stile oratorio ampolloso, fortemente caratterizzato dall’uso di numerose subordinate (c.d. periodo ipotattico), Cesare si esprimeva in maniera più rapida ed incisiva, privilegiando le proposizioni coordinate (c.d. periodo paratattico). Anche in Megalopoli, la diversa visione dei due personaggi sembra trovare ampia manifestazione nella scena della presentazione del plastico della nuova città, laddove alle tribune dell’antichità si sostituisce il più potente mezzo della televisione.
Oltre all’importanza data al concetto di potere nell’opera di Coppola, un altro elemento da prendere in considerazione è quello di decadenza, al quale viene spesso affiancato quello di declino, che alla stregua di un fantasma aleggia su tutto il film: fin dall’inizio, infatti, vengono sparsi numerosi indizi in merito al passato glorioso di Nuova Roma, ai quali si accompagna il presagio di un futuro incerto, mirabilmente sintetizzato nel pensiero per cui un impero cade quando la sua gente non si riconosce più in esso. È qui che Megalopolis si apre al contrasto tra la luce abbagliante della città e dei suoi eventi mondani e l’oscurità dei quartieri degradanti in cui vive quella parte della popolazione che vorrebbe rovesciare il vigente assetto di potere.
Particolarmente utile nella lettura di questo scenario risulta essere l’opera di Edward Gibbon dedicata alla decadenza e alla caduta dell’Impero Romano. Il trattato – particolarmente controverso all’epoca della sua pubblicazione – esprime, tra le altre cose, lo stupore del suo autore per come l’Impero Romano avesse resistito così a lungo: ciò dovrebbe essere il vero oggetto dell’indagine storica, piuttosto che la sua distruzione.
Senza entrare troppo nel merito del lavoro di Gibbon, potrebbe dirsi che Roma è sopravvissuta per lungo tempo perché è riuscita a mutare seguendo sempre le esigenze dei tempi e della società, conservando quasi immutato il suo potere e, addirittura, ampliandolo in seguito all’espansione verso nuovi territori. La progressiva perdita di tali capacità si è avuta con la carenza di uomini che fossero in grado di innovare significativamente quella civiltà in continua evoluzione e l’immobilismo che ne conseguì condusse ad un lento declino di quel sistema, fine che nel film viene elusa grazie all’intervento risoluto del protagonista.
Anche in Megalopolis, però, l’esito non è definitivo: ogni forma di potere, infatti, è di per sé effimera e destinata a diventare obsoleta. Tuttavia, l’importanza della storia all’interno di una favola è relativa, poiché quest’ultimo racconto è destinato a fermare il tempo, andando al di là di esso. Ciò che resta alla fine della narrazione è un messaggio per il presente, che i contemporanei sono chiamati ad interpretare e fare proprio. Come scriveva Gilles Deleuze, citando la distinzione tra «storia monumentale», «storia antiquaria» e «storia critica» operata da Friedrich Nietzsche nel saggio Sull’utilità e il danno della storia per la vita, riportato nelle Considerazioni inattuali: «I grandi momenti dell’umanità, per quanto distanti tra loro, dovrebbero comunicare tramite le vette e costituire “una collezione di effetti in sé” che si lasciano tanto meglio confrontare, e tanto più agiscono sullo spirito dello spettatore moderno» (Deleuze 2016, pp. 183-184).
In questo senso, le suggestioni delle vicende di Roma sono state trasmesse alle generazioni successive, fino a costituire parte integrante del nostro immaginario, al punto da essere riutilizzati – per quanto rivisti e adattati alla sensibilità contemporanea – nella favola raccontata da Coppola nella sua ultima e imponente fatica registica.
Riferimenti bibliografici
M.T. Cicerone, Contro Catilina, Garzanti, Milano 1996.
G. Deleuze, L’immagine-movimento. Cinema 1, Einaudi, Torino 2016.
E. Gibbon, Storia della decadenza e caduta dell’impero romano, Einaudi, Torino 1967.
G. Sallustio Crispo, De Catilinae coniuratione, Paravia, Torino, 1971.
G. Svetonio Tranquillo, Vita dei Cesari, Garzanti, Milano 1977.
Megalopolis. Regia: Francis Ford Coppola; sceneggiatura: Francis Ford Coppola; fotografia: Mihai Mălaimare Jr.; montaggio: Cam McLauchlin, Glen Scantlebury, Robert Schafer; musiche: Osvaldo Golijov, Grace VanderWaal; interpreti: Adam Driver, Giancarlo Esposito, Dustin Hoffman, Nathalie Emmanuel, Aubrey Plaza, Shia LaBeouf, Jon Voight, Jason Schwartzman, Talia Shire, Grace VanderWaal, Laurence Fishburne, Kathryn Hunter, D. B. Sweeney, James Remar, Chloe Fineman, Balthazar Getty; produzione: American Zoetrope, Lionsgate; distribuzione: Eagle Pictures; origine: USA; durata: 138’; anno: 2024.