Cosa sarebbe successo se l’uomo di Neanderthal fosse prevalso sull’Homo sapiens? Come si sarebbe sviluppata la nostra specie? Che relazione c’è tra l’arte e l’evoluzionismo? E perché mai l’evoluzione si comporta come un bricoleur? Queste tra le domande principali che si pone Pablo di Neanderthal (2022) presentato alle Giornate degli Autori alla Mostra del cinema di Venezia. Il documentario, diretto da Antonello Matarazzo e scritto dal regista insieme a Bruno Di Marino e Pablo Echaurren, riflette sulla nascita della forma artistica con l’emergere del pensiero simbolico riconducibile già al paleolitico medio, tra i 200000 e 40000 anni fa, tempo in cui visse l’uomo di Neanderthal, che convisse nell’ultimo periodo della sua esistenza con l’Homo sapiens, prima di estinguersi e lasciare spazio a quest’ultimo.
L’attenzione da parte degli studiosi verso l’uomo di Neanderthal si è concentrata specialmente negli ultimi anni in cui alcune scoperte scientifiche, una ricerca condotta nel 2010 ha dimostrato che una porzione tra l’uno e il quattro per cento del DNA delle moderne popolazioni è neanderthaliana, così come numerosi ritrovamenti archeologici, hanno potuto implementare le conoscenze della specie dal punto di vista evolutivo, comportamentale e artistico, dimostrando come fosse nettamente più evoluta delle scimmie antropomorfe loro precedenti. Come viene sottolineato anche nel film, all’uomo di Neanderthal potremmo attribuire la formazione del pensiero simbolico, una rivoluzione cognitiva e percettiva che ha portato la specie a rappresentazioni rupestri raffiguranti impronte di mani in negativo, disegni puntiformi e triangolari, oppure la costruzione di strutture complesse come quelle ritrovate nella grotta di Bruniquel in Francia, dove sono state spezzate e poi disposte in formazioni concentriche stalagmiti per ragioni ancora ignote. Presumibilmente si potrebbe trattare di riti di inumazione, pratica già diffusa al tempo, come dimostrano i ritrovamenti di corredi funerari.
Pablo Echaurren, pittore e fumettista, accompagnato dallo studioso di cinema e media Bruno Di Marino, guida lo spettatore all’interno di questo viaggio preistorico attraversando luoghi legati ad un passato più prossimo, come il cimitero del Verano, e luoghi in cui sono stati rinvenuti resti di un tempo primordiale, come la valle dell’Aniene. Echaurren rivendica la mescolanza genetica con l’uomo di Neanderthal, di cui condivide ed esalta la creazione e l’immaginazione in chiave ancora astratta e non figurativa. L’autore vede nella pratica “artistica” dell’uomo di Neanderthal con i suoi schizzi, punti, tratti lineari, un antesignano dell’arte astratta.
Più che l’oggetto artistico in sé e l’opera d’arte, la riflessione del film si concentra sul pensiero creativo e immaginifico, una creatività che si sviluppa attraverso un’intelligenza astratta aprendo la strada all’arte, in questa affascinante prospettiva archeologica. Oltre all’astrattismo, il film richiama l’emergere di una sensibilità artistica primordiale con il ritrovamento di una piccola pietra, risalente a migliaia di anni fa, in cui è incisa una faccia stilizzata, probabilmente levigata dalle onde del mare e da fenomeni atmosferici. L’oggetto è stato trovato accanto ai resti di uno scheletro di un uomo di Neanderthal, e si ipotizza che questo si fosse portato coscientemente dietro la minuscola pietrolina. L’oggetto, secondo Echaurren, potrebbe essere visto come antesignano del ready made duchampiano.
L’uomo di Neanderthal viene visto come un bricoleur, un collezionatore che dà ai suoi materiali funzioni non previste al fine di produrre un nuovo oggetto. Fenomeno simile avviene nel processo evolutivo, dove un artiglio diventa pollice e un’ala si trasforma in una zampa. Secondo la prospettiva portata avanti nel film, viene rimesso in discussione l’evoluzionismo come un processo che vede come termine ultimo il grado di perfezione a partire da una materia rozza e grossolana. Anche l’evoluzione si comporta come un bricoleur, così come la selezione naturale, rimaneggiando la sua opera, ritoccando continuamente vecchie strutture in vista delle nuove funzioni. Non sa ancora esattamente cosa produrrà, raccoglie il più possibile e con ciò che ha sottomano realizza un oggetto utile. Questo pensiero è in linea anche con la riconfigurazione benjaminiana del pensiero storico, che vede il collezionista come una figura chiave che permette ai vecchi oggetti non solo di parlare ma di esprimere un nuovo linguaggio, distaccandoli dal proprio naturale contesto.
La pratica del collezionismo è strettamente interconnessa con il materialismo storico, come si evince nello scritto di Benjamin su Eduard Fuchs, personaggio contemporaneo del pensatore tedesco, che raccoglie e conserva oggetti appartenenti alla cultura di massa e all’arte popolare. Il collezionista diventa colui che porta avanti il progetto del montaggio della storia, «nel cogliere la costruzione della storia in quanto tale» (Benjamin 2000, p. 515). Il collezionismo può aprire uno spazio in cui il passato e il presente formano una costellazione in forma di immagine che si illumina improvvisamente, «la relazione del presente con il passato è puramente temporale, continua, la relazione tra ciò che è stato e l’ora è dialettica: non è un decorso ma un’immagine discontinua, a salti» (ivi, p. 516).
La pratica dialettica e di rimediazione è propria dell’espressione artistica dello stesso Echaurren, così come di Baruchello, che l’uomo vede come padre simbolico, colui che gli ha insegnato a pensare in forma astratta. Il film arricchisce il discorso scientifico attraverso modalità di figurazione che si rifanno all’astrattismo di Echaurren, alternando interviste, anche a vari specialisti paleoantropologi, a vere e proprie immersioni nell’opera dell’artista che, insieme a Bruno Di Marino, entra e percorre le sue scatole delle meraviglie, scatole-rifugio, scatole-caverna, in cui vengono assemblati una miriade di oggetti, in un richiamo alla casa delle bambole di Carrie Stettheimer, che contiene opere d’arte in miniatura, tra cui Nudo che scende le scale (1912) di Duchamp.
L’esplosione del simbolo nella pratica artistica neanderthaliana porta Echaurren ad associare questo momento di totale liberazione dalle imposizioni che dà il ruolo dell’artista all’esperienza degli indiani metropolitani, di cui era stato uno dei principali esponenti, l’ala più libertaria del Movimento del ’77. La pratica creativa intesa non esclusivamente come riproduzione e rappresentazione della realtà viene ricondotta, dunque, ad una fase potremmo dire primordiale, al pensiero simbolico dell’infante che inizia a usare significanti per riferirsi a significati, la capacità di astrazione come punto di sviluppo dell’intelligenza umana, dalla creazione di forme artistiche al linguaggio.
Riferimenti bibliografici
W. Benjamin, Elementi di teoria della conoscenza, teoria del progresso, in E. Ganni, a cura di, Opere complete. I passages di Parigi, vol. 9, Torino, Einaudi 2000.
Pablo di Neanderthal. Regia: Antonello Matarazzo; sceneggiatura: Antonello Matarazzo, Bruno Di Marino, Pablo Echaurren; fotografia: Antonello Matarazzo; montaggio: Antonello Matarazzo; interpreti: Bruno Di Marino, Pablo Echaurren; produzione: Eskimo; origine: Italia; durata: 63; anno: 2022.