In un’epoca segnata dal post- e dal neo- – secondo un’ampia gamma di opzioni, suscitata, in prima battuta, dal nesso “postmoderno/postmodernismo” – sembra comunque godere di buona salute la logica del nonostante e, allo stesso tempo, quella dell’oltre. Avversando così la fine delle grandi narrazioni, postulata da Lyotard nella Condizione postmoderna (2014), e la conseguente critica di ogni filosofia della storia tradizionalmente intesa, la possibilità di entrare nella logica del nonostante e dell’oltre significa poter circoscrivere fenomeni che “non ostano” e che possono quindi essere aggirati – se non anche superati – agendo all’interno di una particolare visione della storia.
Questo è quel che propone in modo piuttosto netto Stefano Azzarà in merito alla produzione teorica di Ernesto Laclau (1935-2014), il filosofo argentino invocato con sempre maggior frequenza come nume tutelare di quelle analisi politiche della contemporaneità che intendono proporre un possibile “populismo di sinistra”, nonché all’interno di specifiche esperienze politiche come Podemos, in Spagna, o il kirchnerismo argentino. Nonostante Laclau (Mimesis 2017), infatti, è il titolo scelto da Azzarà per un agile ma densissimo volumetto, dedicato alle questioni del populismo e dell’egemonia in un’epoca, come la presente, di persistente crisi democratica. Il libro si chiude poi con un capitolo dal titolo altrettanto eloquente – “Oltre Laclau” – nel quale Azzarà propone con più chiarezza il proprio posizionamento politico: «Questa opportuna secolarizzazione, questo venir fuori del marxismo dal “mito” [nella proposta di Laclau], può essere ottenuta in realtà anche in altri modi, forse meno spettacolari ma più efficaci perché meno effimeri. Può essere ottenuta, ad esempio, sforzandosi di portare il postmoderno sul terreno del marxismo e non viceversa» (Azzarà 2017, pp. 102-103).
Uno degli assi portanti della ricognizione critica di Azzarà è, infatti, l’inquadramento delle opere principali di Ernesto Laclau entro i confini dell’episteme postmoderna. Non può essere altrimenti, del resto, dinanzi a un’opera teorica in cui si dà per scontato il venir meno di ogni contraddizione oggettiva, prospettando a quel punto, e in modo esclusivo, il primato delle rappresentazioni e dei discorsi. Secondo Laclau, dunque, la lotta politica per l’egemonia si configura in modo nettamente diverso dall’elaborazione gramsciana, come sottolineato da Stefano Calzolari in un’importante antologia di saggi del 2012, Populismo e democrazia radicale (riferimento giustamente ricorrente anche nel testo di Azzarà): la relazione tra particolare e universale si dà, in Laclau, come tropologia, sul terreno di una retorica generalizzata; l’universale è teorizzato come “posto vuoto” che può essere riempito da qualsiasi forza politica, sia essa totalitaria, conservatrice o democratica.
Quest’ultima possibilità costituisce uno dei problemi fondamentali all’interno del pensiero di Laclau, nonché di quello di Chantal Mouffe, co-autrice di Hegemony and Socialist Strategy (1985): pur essendo nato come risposta alla svalutazione della politica (estremamente funzionale, in quegli anni, all’ascesa del reaganismo e del thatcherismo), il “populismo” rivendicato da Laclau e Mouffe come forma della politica ancora viva e attiva, come avrebbero poi ampiamente dimostrato i decenni successivi, è stato più frequentemente impiegato a destra, o anche in senso anti-democratico, che non a sinistra.
A questo proposito, la menzione di Azzarà della «Nuova Destra» (Azzarà 2017, p. 58) come denominazione comune per alcuni tra i più recenti movimenti populisti intende forse racchiudere fenomeni assai diversi come la Nouvelle Droite francese à la Alain de Benoist e altri gruppi neo-fascisti, o nostalgici tout court. Pur nella sua genericità, tale riferimento risulta indispensabile per suffragare un altro punto fondamentale del saggio di Azzarà: il populismo, o anche il laclauismo, di sinistra ha storicamente già perso alcune battaglie, presentandosi sempre come possibilità non esplicata o subalterna rispetto ad altri tipi di costruzioni egemoniche. A questo proposito, tuttavia, lo sguardo di Azzarà si limita ad evocare brevemente alcuni paesaggi dello scenario globale: Syriza, in Grecia, Podemos in Spagna, e poi Cina, Russia e America Latina. Attraverso questi esempi, pur disarticolati tra loro, si può notare come l’evocazione (in verità piuttosto tarda, da parte di Laclau) di un possibile “popolo-mondo” come soggettività antagonista a livello mondiale si scontri – come del resto ha osservato Damiano Palano nell’altrettanto recente Populismo (2017) – con un impianto teorico che, riguardo a populismo ed egemonia, ha carattere prettamente nazionale. In ragione di ciò, un approfondimento sulla distanza tra le analisi marxiste del kirchnerismo argentino – si vedano, a titolo di esempio e di spunto, queste riflessioni di David Rey – e il supporto più entusiasta da parte dello stesso Laclau avrebbe forse giovato ad una discussione più globale dell’impatto politico del laclauismo, così come, per altri versi, si sarebbero potute approfondire le ragioni e le prospettive dello iato politico che si apre tra un possibile antagonismo mondiale e la «futuribile cittadinanza globale» (Azzarà 2017, p. 76) difesa, in ultima istanza, da Laclau.
Tornando, invece, su un piano più teorico, Azzarà pone un interrogativo assai condivisibile quando chiede: «È solo un caso che le articolazioni particolaristiche delle domande sociali abbiano nettamente surclassati tutti i più generosi sforzi di articolazione equivalenziale, ovvero che la declinazione di destra dell’anti-fondazionalismo abbia prevalso alla fine su ogni possibile declinazione di sinistra?» (Azzarà 2017, p. 78). Com’è stato osservato in altre circostanze da Mimmo Cangiano in merito al mito dell’autonomia intellettuale, l’anti-fondazionalismo può inserirsi in varie modalità di socializzazione, non necessariamente progressiste; inoltre, se questo è il caso, per Cangiano, dell’anti-essenzialismo che permea il dibattito accademico negli Stati Uniti di oggi (con inevitabili ripercussioni anche al di là dei confini statunitensi), la stessa discrasia tra intellettuali e classi subalterne, come osserva Azzarà, si registra anche nel pensiero di Laclau. Infatti, di fronte alla pura indecidibilità ontologica rivendicata da Laclau per il popolo – in sincronia con il suo «pesante apparato categoriale, spesso pleonastico» ( p. 65) – la politica delle classi subalterne è ancora in cerca di forme di coscienza che non siano rozze e squadrate, ma al tempo stesso non così liquide, «che ciò sia accettabile o meno presso le cerchie raffinate e ultraindividualiste dell’intellettualità postmoderna» (p. 89).
Punto focale della pars costruens del saggio di Azzarà, quest’ultima riflessione lascia intravedere, tra le righe, il “Che fare?” leniniano, dove «queste parole – “tutto il popolo” – hanno un significato molto vasto». È tuttavia una riflessione che rimane essa stessa disarticolata se non si accompagna ad altri snodi importanti toccati da Azzarà, quali il perdurare del conflitto tra capitale e lavoro o l’irriducibilità del concetto, nonché delle formazioni di classe. A questo si può aggiungere un dato che forse latita nella ricostruzione di Azzarà e che però è in piena sintonia con le note finali, nelle quali piuttosto che a Laclau si ritorna a Gramsci: si tratta di una rivalutazione dei corpi intermedi, dai partiti ai sindacati, che possa fungere da freno al neobonapartismo imperante.
Su questo e altri punti, necessari per il dibattito del quale Azzarà pone le basi (in modo talora più preciso e puntuale di altri interventi su Laclau, come quello di Toni Negri), è necessario intendere di nuovo il “nonostante Laclau” dell’autore come inserito, a sua volta, nella postmodernità, fornendone una propria visione della storia e agendovi «oggi diversamente da ieri, oggi non meno di ieri» (Azzarà 2017, p. 89), allo scopo di «tornare realmente a Gramsci» e a una lotta per l’egemonia che «dovrà essere più nazionale e popolare, e dunque genuinamente internazionalista, che populista» (p. 107).
Riferimenti bibliografici
S. G. Azzarà, Nonostante Laclau. Populismo ed egemonia nella crisi della democrazia moderna, Mimesis, Milano 2017..
M. Baldassarri, D. Melegari, a cura di, Populismo e democrazia radicale. In dialogo con Ernesto Laclau, Ombre Corte, Verona, 2012.
E. Laclau, C. Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy, Verso, New York/Londra 1985.
J.-F. Lyotard, La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Feltrinelli, Milano 2014.
D. Palano, Populismo, Editrice Bibliografica, Milano 2017.