di MASSIMILIANO COVIELLO
La quarta stagione di Babylon Berlin.
È attorno ai corpi e agli effetti espressivi, performativi e inconsci della gestualità restituita dalle immagini in movimento (Grespi 2019), che si concentra la quarta stagione di Babylon Berlin (2017-in corso), una tra le più visionarie serie tv europee degli ultimi anni. Ed è attraverso i corpi filmati e alla messa in serie dei loro gesti che si dipana la fitta rete di linee narrative tra le quali si fa strada il palpitare frenetico di Berlino, una città ormai in rapido declino verso il precipizio nazista.
Nella prima puntata ci sono i corpi affamati delle immagini di repertorio che fanno la fila per il sussidio, diventa rilevante il corpo di Toni, la sorella della coprotagonista Charlotte Ritter, e quello dei suoi amici, giovani ma già segnati dalla vita di strada e dalla fame; ci sono i ricchi berlinesi, tra i quali primeggia l’invasato industriale Alfred Nyssen, che salutano l’arrivo del nuovo anno facendo esplodere un razzo, lugubre avvisaglia del riarmo della Germania. C’è il corpo di Charlotte che balla e si dimena, fino a perdere coscienza, per un giorno intero sulla pista del Moka Efti al ritmo di Ein tag wie gold, il brano di Max Raabe che fa da colonna sono alla serie tv (4×3 e 4×4). C’è il volto sempre più allucinato del commissario Gereon Rath, infiltratosi tra i ranghi delle SA (Sturmabteilung) per destabilizzare il partito nazionalsocialista, che di notte sogna di sottoporsi agli esperimenti del dottor Anno Schmidt, grazie ai quale potrà trasformarsi nella macchina umana finalmente libera della costrizioni fisiche (4×3 e 4×7). E ancora: i corpi delle truppe d’assalto in marcia lungo il quartiere ebraico che sbraitano e distruggono (4×1), i processi illegali e le condanne a morte commissionate dalla Mano bianca, una società segreta che Charlotte riesce a denunciare (4×9); i corpi delle bande criminali che tramano l’uno contro l’altro per poi finire brutalmente uccisi (4×10), degli atleti che si fronteggiano sui ring dei circoli della boxe (4×4 e 4×12) e infine dei cabarettisti improvvisati a cui bastano i pochi spiccioli raccattati sotto il palco dopo gli insulti del pubblico (4×8). Questi esempi sono accomunati dagli stati di continua messa in tensione a cui sono sottoposti i corpi in scena. Le configurazioni da essi assunte rimandano perlopiù alle forme dell’assembramento oppure al tentativo di discostarsene, a costo però di eccedere le proprie forze.
Anche la quarta stagione del period drama a sfondo crime realizzato da Achim von Borries, Henk Handloegten e Tom Tykwer resta confinata all’interno del perimetro storico dei Roaring Twenties, un ventennio caratterizzato dal fermento artistico dell’espressionismo, dell’art déco e del jazz, dall’affermazione dell’industria culturale e soprattutto cinematografica, dall’emancipazione femminile. Al contempo, l’epoca di Weimar è attraversata da inquietudini politiche e tensioni socio-economiche che sfoceranno prima nella crisi del 1929 e poi nella vittoria elettorale del nazismo nel 1933. Mentre le prime tre stagioni sono ambientate in un lasso temporale che copre il 1929, fino al fatidico martedì nero con cui inizia la Grande depressione nel mondo industrializzato, l’ultima stagione prende avvio dal capodanno del 1931.
In questi anni i sostenitori del partito guidato da Hitler non hanno più la necessità di muoversi nell’ombra; al contrario la catastrofe economica provocata dal crollo delle borse e suoi effetti sociali hanno permesso al nazismo di uscire allo scoperto, ottenendo il consenso delle istituzioni politiche e militari e il sostegno pubblico. In Babylon Berlin gli indizi del malcontento e la contestuale ascesa di una morale e di una prassi reazionarie e razziste sono disseminati in tutte le puntate. La danza macabra delle camice brune (la divisa delle SA), accompagnata dal latrare ritmato dal pugno chiuso e dal manganello, assedia le strade affamate e sporche, marchia e brucia i negozi degli ebrei, si fa largo nelle redazioni dei giornali e nei tribunali, per poi deflagrare nelle zuffe da cabaret.
La quarta stagione della serie tv basata sulla saga letteraria scritta da Volker Kutscher (nello specifico si tratta del terzo romanzo, intitolato Goldstein) ricostruisce e rielabora il vasto caleidoscopio delle forme assunte dalla massa, quella «figurazione ornamentale» di cui Kracauer (1982, p. 100) ha analizzato le spettacolari coreografie negli spazi berlinesi. In Babylon Berlin, le immagini, le modalità di emersione, della massa diventano il motivo iconografico ricorrente attraverso cui ricostruire la sintomatologia dei processi psichici, culturali e sociali che convoglieranno verso l’assoggettamento del popolo tedesco, riducendo quest’ultimo in una collettività attratta e al contempo atterrita dal potere nazista.
La massa affolla anche i sogni dei protagonisti e infatti la quarta stagione termina con una sequenza onirica e visionaria. Intenzionato a farla finita con il suo passato, Rath ha la possibilità di uccidere il dottor Smith, un’identità fittizia dietro la quale sembra celarsi il fratello creduto morto durante la Prima guerra mondiale, e sradicare così la causa dei suoi tormenti. Fin dalla prima stagione, il commissario è corroso dal rimorso per non essere riuscito a trarre in salvo il fratello Anno dal massacro delle trincee nella Francia settentrionale e dal senso di colpa causato dalla relazione segreta avuta con la moglie di quest’ultimo. L’ultimo episodio potrebbe concludersi con la resa dei conti ma Rath decide di non uccidere Anno. Proprio nel momento in cui il commissario dichiara di aver superato la paura che lo attanagliava, il suo sogno a occhi aperti si fa più nitido e il dottore può finalmente invitarlo a osservare dall’alto la massa, silenziosa e compatta, degli oppressi che lo attende nel buio della notte. Nell’ultima inquadratura della stagione Charlotte si risveglia ansimante per pronunciare il nome Rath, il suo amante e collega, di fronte alla macchina da presa. Dunque il sogno è duplice, forse collettivo: un’angoscia rivolta al futuro, un presagio dell’éra totalitaria sembra contagiare anche Charlotte, il personaggio più dinamico della serie tv, una flapper capace di muoversi con disinvoltura tra l’alto e il basso, tra i locali alla moda e i sobborghi, lasciandosi attrarre e travolgere dalla vita e dagli stimoli che riempiono la capitale tedesca.
Nel suo saggio che raccoglie i frammenti onirici dei sognatori e delle sognatrici durante il Terzo Reich Charlotte Beradt scrive: «Poco importa in quale forma i sognatori, “mentre dormono nel loro letto”, continuano a filare il filo rosso, che essi hanno colto nel labirinto del presente politico e che minaccia di attorcigliarsi loro intorno al collo: nell’immaginazione si dimostrano lungimiranti» (Beradt 2020, p. 39). La lungimiranza dei meccanismi inconsci che la giornalista tedesca attribuisce ai sogni occorsi in un periodo in cui «era vietato sognare» (ivi, p. 33) si innesta nel meccanismo seriale di Babylon Berlin, invadendo le coscienze dei personaggi e influenzandone le azioni.
Se la serialità può essere considerata lo spazio mediale privilegiato dei discorsi comunitari e delle loro derive (Coviello 2022), allora Babylon Berlin non solo si presenta come il racconto di un passato che ossessiona la Germania ma è anche un’allegoria sulla fragilità del progetto democratico su cui è costruita l’Unione Europea e sui rischi derivati dai nazionalismi e delle forme di radicalizzazione della politica che pulsano nel cuore della nostra contemporaneità.
Riferimenti bibliografici
C. Beradt, Il Terzo Reich dei sogni, Meltemi, Milano 2020.
M. Coviello, Comunità seriali. Mondi narrati ed esperienze mediali nelle serie televisive, Meltemi, Milano 2022.
B. Grespi, Figure del corpo. Gesto e immagine in movimento, Meltemi, Milano 2019.
S. Kracauer, La massa come ornamento, Astrea, Napoli 1982.
Babylon Berlin. Ideatori: Tom Tykwer, Achim von Borries e Hendrik Handloegten; Interpreti: Volker Bruch, Liv Lisa Fries, Luc Feit, Jens Harzer, Udo Samel; produzione: X Films Creative Pool, Beta Film, Sky Deutschland, Degeto Film; origine: Germania, anno: 2017-in produzione.