Gianni Celati era nato a Sondrio (nel 1937) ed è morto a Brighton, eppure aveva trovato Dublino in Emilia-Romagna. Si era laureato a Bologna con una tesi su Joyce, autore caro anche al giovane Umberto Eco (Le poetiche di Joyce è del ‘65), e – dopo un’attività di traduttore che lo ha portato a cimentarsi sia con i classici letterari di tutte le lingue (Bartleby lo scrivano, La Certosa di Parma, I viaggi di Gulliver, La linea d’ombra, ecc.; senza dimenticare L’Orlando innamorato raccontato in prosa, anch’esso un esercizio su quello che Eco chiama “dire quasi la stessa cosa”) sia con la saggistica di moda nell’epoca semiotica (Barthes di Roland Barthes ma anche il libro di E. T. Hall sulla prossemica) – ha finito col produrre la sua personale versione dell’Ulysses (che potete regalarvi il 2/2/22, centenario della pubblicazione dell’originale): anche la traduzione è un’attività di canonizzazione e di autocanonizzazione, un apprendistato che mira al magistero. Al corso di laurea in Dams (discipline delle arti, della musica e dello spettacolo) inventato a Bologna da Eco nel 1971, quello in cui si muoveva gente come Giuliano Scabia e Ugo Volli, Celati insegnò Letteratura angloamericana a studenti che si chiamavano Andrea Pazienza (il fumettista creatore di Zanardi e Pentothal), Roberto Freak Antoni (il fondatore degli Skiantos), Enrico Palandri (che in quel clima ha prodotto il suo primo romanzo Boccalone, per poi emigrare anche lui a Londra); un frutto di quelle attività collettive è il volume intitolato Alice disambientata, firmato Gruppo A/Dams e pubblicato dalle edizioni L’Erba Voglio dello psicanalista Elvio Fachinelli, uscito nel 1978 (contemporaneamente a Lunario del paradiso, il romanzo autobiografico ambientato in Germania) quando ormai s’era chiusa la stagione del Settantasette bolognese, con i suoi indiani metropolitani sintonizzati su Radio Alice.

Le amicizie segnano un prima e un dopo. Fondamentale e fondante quella con Italo Calvino, pendolare fra Parigi e Torino (sede della Einaudi), che nel 1971 gli pubblica il primo romanzo Comiche (un titolo che sembra un omaggio all’autore delle Cosmicomiche) introducendolo nell’elitario mondo del catalogo Einaudi, in cui escono tutte le opere degli anni Settanta: Le avventure di Guizzardi, La banda dei sospiri (scritto durante un soggiorno a New York, dove insegna alla Cornell University), Finzioni occidentali (saggi su fabulazione, comicità e scrittura). Ma il big bang creativo passa anche per altre vie. Negli anni ‘70 il docente del Dams si apre all’esperienza del fototesto (strada tentata all’epoca anche da Pasolini e Lalla Romano, rispettivamente con La Divina Mimesis e Lettura di un’immagine) cofirmando col pittore/fotografo padano Carlo Gajani (1929-2009) due opere edite dalla piccola casa editrice La Nuova Foglio: Il chiodo in testa (1974), un romanzo epistolare in cui il mittente Z. racconta alla destinataria Giovannina i suoi deliri psicotici, visualizzati da Gajani con immagini di ascendenza surrealista; e La bottega dei mimi (1977), documentazione di una sorta di “teatro domestico” in cui si fa una ricerca sul corpo avendo come modello il “mimo energumeno” di Harpo Marx.

Poi, come un colpo di scena, nel 1981 Celati riceve la chiamata del geometra Luigi Ghirri, che ha fatto il suo lungo apprendistato da fotografo concettuale nella natia Emilia-Romagna (come il modenese Franco Vaccari, classe 1936, il cui famoso saggio Fotografia e inconscio tecnologico esce come ultimo volume della casa editrice Punto & Virgola, costituita da Ghirri nel 1977) ma che ora ha deciso di innovare la fotografia di paesaggio con un progetto che coinvolge altri fotografi (fra cui Gabriele Basilico e Mimmo Jodice) e due scrittori, il critico Arturo Carlo Quintavalle e giustappunto Gianni Celati, che collabora scrivendo il racconto Verso la foce (sottotitolo Reportage, per un amico fotografo). La collaborazione fotografi/scrittori ha una storia illustre che risale a Uomini del ventesimo secolo di Sander e Döblin e comprende classici come Sia lode ora a uomini di fama (poche foto di Walker Evans modello FSA e lungo reportage dello sceneggiatore James Agee) e Un paese (l’incontro fra l’iniziatore della straight photography Paul Strand e l’iniziatore del neorealismo Cesare Zavattini, nativo di Luzzara in provincia di Reggio Emilia); il seminale Viaggio in Italia (1984) è un moltiplicatore di questi inneschi relazionali, e certo un punto di svolta tanto per Ghirri che per Celati, i due nuovi amici accomunati dall’ammirazione per le fotografie di Walker Evans (“carezze fatte al mondo”) e per le canzoni di Bob Dylan (un modello di vita, quello del never ending tour).

Sia lode ora a uomini di fiume: appena dopo Viaggio in Italia Celati pubblica Narratori delle pianure, “un libro che ha al suo centro la rappresentazione del mondo visibile” (Calvino), in cui il racconto Come un fotografo è sbarcato nel Nuovo Mondo (che non c’entra con l’America ma con la frazione del comune di Baricella in cui termina l’itinerario di Celati nel documentario di Davide Ferrario Mondonuovo) si apre in zona delta del Po, con l’anonimo protagonista che si trova lì “come inviato d’un settimanale ad alta diffusione. Le sue foto dovevano apparire a commento d’un testo che un celebre scrittore avrebbe scritto, a proposito della umile gente alle foci del Po”. Succede che il responsabile dell’ufficio marketing della Riello (azienda con sede a Legnago, nella pianura veronese lungo il fiume Adige) legge il racconto, contatta scrittore e fotografo, e finisce col commissionare a Ghirri e Celati una campagna fotografica che dopo un anno di lavoro produce il volume Il profilo delle nuvole (l’edizione Feltrinelli 1989 è tirata in tremila copie in brossura più 1.600 copie in cofanetto – numerate, cartonate e con sovraccoperta – destinate allo sponsor e ora gioia dei collezionisti).

Il fotografo muore nel 1992 a soli 49 anni, ma il suo amico scrittore ha fatto in tempo a diventare regista e a immortalarlo in due documentari girati in elettronico: Strada provinciale delle anime (trasmesso dalla RAI nel 1991), cronaca di un viaggio in pullman da Ferrara alle valli di Comacchio; e Il mondo di Luigi Ghirri, presentato al Torino Film Festival nel 1999. Nel terzo millennio, come ci fosse stato un passaggio del testimone per la prosecuzione dello sguardo, Celati oltre a scrivere (Cinema naturale è premio Chiara, Fata Morgana è premio Napoli e premio Selezione Campiello, Vite di pascolanti premio Viareggio) continua a girare il suo “cinema all’aperto”, passando dalla valle del Po guardata con occhio ghirriano (Case sparse aka Visioni di case che crollano, 2002) al Senegal (Diol Kadd, 2010). Bisogna decidere se è morto uno scrittore, un traduttore, un critico, un curatore, un docente o piuttosto un regista? Avrei preferenza di no.

Riferimenti bibliografici
G. Gimmelli, Un cineasta delle riserve: Gianni Celati e il cinema, Quodlibet, Macerata 2021.
M. Sironi, Geografie del narrare. Insistenze sui luoghi di Luigi Ghirri e Gianni Celati, Diabasis, Reggio Emilia 2004.

Gianni Celati, Sondrio 1937 – Brighton 2022.

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