In Tutti i Vermeer a New York di John Jost, il protagonista va a vedere i cinque quadri dell’amato pittore esposti al Metropolitan Museum. Perché proprio Vermeer? Perché il pittore olandese è tanto amato dai cineasti? Oltre a Jost, ci sono infatti, citando alla rinfusa, Goretta, Godard, Wenders, che non smette di ricordarci quanto Vermeer sia stato da sempre il suo pittore favorito, “allora come ora”. E naturalmente non possiamo dimenticarci delle pagine che alla Veduta di Delft e a Vermeer dedica Proust, che vede «la prima volta dei piccoli personaggi in blu, e che la sabbia era rosa, e – infine – la preziosa materia del minuscolo lembo di muro giallo». Il colore legato alla materia, l’emergere di tutto un mondo segnato da singolarità ricorrenti, dove il quotidiano e la domesticità degli ambienti emergono dalla pittura di una borghesia olandese liberatasi a metà Seicento dal giogo del cattolicesimo spagnolo e orientata a compiere una vera e propria «invenzione del quotidiano».

Che cos’è questo quotidiano che la pittura inventa e che sentiamo così vicino? Lo si può ben comprendere vedendo oggi in un affollatissimo (soprattutto di ragazzi) Metropolitan Museum la mostra sulla pittura olandese del Seicento In Praise of Painting. Dutch Masterpieces at the Met, dove la straordinarietà di un Vermeer emerge insieme a quella di una serie di altri pittori, come Pieter de Hooch, che hanno inventato qualcosa che riguarda ancora oggi la nostra modernità. E questo qualcosa non passa per la destituzione o la messa in questione, attraverso l’inserimento di elementi di forte realismo, di contenuti della tradizione mitica, storica o biblica, come emerge, tra i quadri in mostra, dal seducente e realistico nudo femminile di The Toilet of Bathsheba di Rembrandt.

L’invenzione del quotidiano è il momento in cui appare la saldatura tra nuovi contenuti e nuove forme. Ma sono i primi a determinarsi come intercessori dei secondi. Ed allora gli interni domestici di una classe borghese, che questa pittura contribuisce ad inventare, diventano il luogo dove il quotidiano prende forma (e l’esotico resta nelle varie carte geografiche presenti negli interni di Vermeer), mediato dal femminile e dai suoi gesti, siano essi quelli di versare dell’acqua o di suonare il liuto, come nei quadri esposti Donna con brocca d’acqua e Suonatrice di liuto. O ancora, passando velocemente in rassegna i ben noti dipinti di Vermeer, i gesti in cui le donne scrivono o leggono lettere, ammirano collane di perle, suonano la spinetta. Oppure, in due soggetti più popolari, ricamano o versano il latte (il meraviglioso Lattaia). Come a dire che il quotidiano, inventato dalla borghesia, può essere esteso ad altre classi sociali, perché in quel quotidiano prende consistenza un tratto della natura e delle forme di vita umane: il loro carattere ripetitivo e rituale. Il che significa non che cose nuove non accadano (sono accadute o stanno per accadere), ma che quelle cose, effetto di azioni compiute, l’umano ha un modo specifico per trattarle, trasformandole in gesti quotidiani e rituali in cui la vita perde la sua spinta inesorabile (o pretesa tale) e si determina come contemplazione del proprio vivere in un ambiente fidato, tra persone conosciute, in pratiche dove il gesto diventa piega riflessiva della prassi.

I gesti che contrassegnano il quotidiano flettono la transitività dell’azione trasformativa nella ciclicità rituale, e nel loro ripetersi tendono non tanto a trasformare il mondo, ma a trasformare il soggetto che li compie. Che in un certo senso suonando, ricamando, diventa contemplatore di se stesso, segnato dalla serenità del suo contemplare. Che ha un corrispettivo anche nella vita sociale, nei momenti di festa, di svago, di incontri, di una socialità, sia essa limitata o estesa, non segnata da necessità né fatica, né dal senso della (grande) azione da compiere e da raccontare.

È il caso, tra i quadri in mostra, di Tempo libero in un ambiente elegante o di La visita di Pieter de Hooch. Rispetto a Vermeer, con cui le analogie sono molte, qui le situazioni sono più eccessive: la ricchezza ostentata dell’interno della casa nel primo quadro, e la presenza di un letto a baldacchino, di ostriche e dello sguardo seducente di una delle due donne verso l’uomo nel secondo, che lascerebbero intendere di una domesticità segnata dal piacere. Di De Hooch sorprende Interno con giovane coppia, dove la ritualità quotidiana riguarda e concerne perfino la vita a due: i coniugi sono vicini in camera da letto, lei si guarda allo specchio, lui gioca con il cane. La condivisione di uno spazio-tempo è anche distanza tra i “due”, ognuno occupato a seguire serenamente l’insignificante con cui è alle prese.

Se la vita si fa gesto quotidiano e se quest’ultimo è la forma con cui l’azione si ritira riflessivamente dalla sua ambizione di trasformare il mondo, allora questo gesto è lo stesso del pittore (e lo sarà del cineasta moderno), che compone i suoi quadri non solo marcando lo sguardo che vede la scena (e che viene talvolta ricambiato dalla scena stessa), ma disseminando in quest’ultima gli oggetti che lasciano emergere tale riflessività: finestre, specchi, porte, quadri e mappe.

Depositarie e garanti di questo gesto riflessivo sono le donne. Loro è l’infinito compito di tessere il quotidiano, riportandolo alla ritualità ciclica che lo sottragga alle ambizioni, quasi sempre distruttive, del maschile. I gesti delle donne, nella solitudine, nella coppia, nella famiglia o nella socialità più allargata, portano con sé questo compito che la grande pittura olandese del Seicento ci ha splendidamente riconsegnato. Non si dà vita senza forma di vita e tale forma trova consistenza nella riflessività del gesto, quotidiano, banale, che si ripete. E nel suo ripetersi si fa contemplazione del nostro vivere. Contemplazione tacita, dove la frattura non è prevista, ma neanche la stanchezza. Sono quei gesti che non ci stancano: sia quando diventano gesti e tempo sociali: incontri, concerti, divertimenti, conversazioni; sia se restano gesti solitari come scrivere, suonare, versare.

Quei gesti si accordano con il tempo della vita, la restituiscono nella sua meravigliosa insignificanza, destituendola della sua operatività, dei suoi dispositivi anonimi, segnati da un’azione spesso furiosamente e insensatamente totalizzante.

In Praise of Painting. Dutch Masterpieces at the Met, in corso, The Met, New York. 

*In anteprima e in copertina Donna con brocca d’acqua di Johannes Vermeer (1660-1662).

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