Dopo la messa in onda dell’ottava stagione di Il Trono di Spade, la serie madre da cui House of the Dragon eredita gloria e diffidenza, HBO decide di concedere una rivincita all’universo narrativo che ha cambiato per sempre la storia della televisione. Gli showrunner D.B. Weiss e David Benioff, che hanno lavorato alla settima e all’ottava stagione di Il Trono di Spade, senza più i libri di George R.R. Martin, né Martin stesso a fare da supporto, lasciano il posto a Ryan Condal e Miguel Sapochnik.

Una nota particolarmente dolente dell’ultima stagione de Il Trono di Spade è stato l’epilogo poco appagante dell’arco narrativo di Daenerys Targaryen, che da percorso di rivalsa viene tramutato in uno stereotipo al quale in realtà siamo fin troppo abituate/i quando ci troviamo di fronte alla  rappresentazione audiovisiva di personaggi femminili che detengono il potere: allorché la personaggia arriva al vertice, non riesce a sostenere tale peso per l’emotività incontrollata che il proprio genere, secondo tale narrazione, comporta e impazzisce, diventando instabile, mostruosa e quindi pericolosa.

Quando vediamo per la prima volta l’attrice Milly Alcock nei panni di Rhaenyra Targaryen, l’eroina di House of the Dragon, questa è sul dorso di un drago ed è impossibile non pensare a Daenerys, ma questa volta la narrazione sarà differente. Nel sesto episodio della stagione, vediamo per la prima volta Emma D’Arcy nel ruolo di Rhaenyra, dieci anni dopo il suo matrimonio, partorendo con estremo dolore, impregnata di sudore. Qui abbandoniamo le due giovani, vivaci, protagoniste – non senza dispiacere, malgrado il re-casting fosse stato annunciato già dai primi trailer. La serie House of the Dragon, tratta dal libro Fuoco e sangue di Martin, deve coprire decenni di storia immaginaria che porterà a una sanguinosa guerra civile, quindi le attrici adolescenti avrebbero perso di credibilità come madri trentenni. Tutto ciò permette anche allo show di concentrarsi sui temi centrali della storia: il genere, il potere e le raccapriccianti realtà della biologia femminile.

House of the Dragon non è stata timida nel mettere in primo piano il calvario delle donne. La prima scena contrappone la pretesa di successione del padre di Rhaenyra, Viserys, a quella di sua cugina, Rhaenys. Il Gran Consiglio elegge Viserys, rifiutando l’idea che le donne possano detenere il potere. Più avanti nello stesso episodio, la madre di Rhaenyra, Aemma Arryn, muore durante il parto in una scena sconvolgente intervallata da un torneo brutale combattuto da uomini. Aemma avverte Rhaenyra che i loro sono “grembi reali” e che il parto è il loro unico “campo di battaglia”, dove le donne dimostrano il loro valore e possono anche perdere la vita.

Rhaenyra adulta è lei stessa una guerriera, per giunta esperta. Il bambino che partorisce nella scena iniziale del sesto episodio è il suo terzo figlio, un risultato che dovrebbe garantire la sua eredità nel sistema di valori deformato del Continente Occidentale. Peccato che, su tre bambini partoriti, nessuno somigli al marito, come la sua ex-alleata Alicent è fin troppo rapida nel sottolineare, dopo aver spinto Rhaenyra ad attraversare il castello pochi minuti dopo il parto; un viaggio che il regista Miguel Sapochnik rappresenta con tutta la palpabile agonia di Jon Snow che scala il muro della barriera.

Il Trono di Spade aveva subito polemiche non solo per la questione accennata in precedenza legata a Daenerys. Gran parte delle controversie erano incentrate sulla rappresentazione della sofferenza femminile, specialmente sotto forma di violenza sessuale: è impossibile non soffermarsi sugli abusi inferti da Khal Drogo, un personaggio che viene totalmente romanticizzato, o sullo stupro di Sansa Stark da parte di Ramsay Bolton, inserito per concentrarsi sulla difficile situazione del testimone Theon Greyjoy invece che sulla vera vittima della vicenda.

Il personaggio di Rhaenyra in House of the Dragon risolve la questione, ma lo fa da personaggio complesso e sfaccettato, con le sue zone d’ombra. Nel settimo episodio finalmente vediamo compiersi il matrimonio tra lei e Daemon, ma ciò ha comportato un sacrificio: Laenor, l’attuale marito della nostra Eroina, è dovuto uscire di scena. Eppure Laenor è un alleato e per non far percepire che la nostra principessa sia passata al lato oscuro viene ucciso un altro uomo, fatto passare per Laenor. Un uomo di cui non conosciamo il nome e per il quale non proviamo empatia, ma si tratta comunque di un innocente.

Se avessimo seguito l’episodio dal punto di vista dei familiari di quest’ultimo, Rhaenyra ne sarebbe uscita allo stesso modo? Qui entrano in gioco i veri protagonisti di questa stagione: il punto di vista e lo sguardo. Lo sguardo dei personaggi, il nostro, ma anche uno sguardo esterno oggettivo e impersonale che almeno una volta a episodio guarda dall’alto gli intrighi dei protagonisti, rendendoci consapevoli che sono solo delle pedine momentanee in un gioco molto più grande di loro.

Torniamo però alla rappresentazione femminile all’interno della stagione. Nel quarto episodio, diretto da Clare Kilner e sceneggiato da Ira Parker, assistiamo alla maturazione sessuale di Rhaenyra, con un vero e proprio rito di passaggio che la porta a diventare consapevole dei propri desideri. La scena in questione è mostrata in parallelo a quella in cui Alicent si trova alle prese con un rapporto sessuale indesiderato con suo marito Viserys, padre di Rhaenyra. La sequenza è una delle più riuscite della stagione. Da un lato abbiamo un primo piano di Alicent dall’alto, angosciata, con un mostruoso Viserys, di quinta, che le si muove sopra. Lo sguardo della macchina da presa è clinico. Questo è un modo abbastanza comune di mostrare un atto di sesso non consensuale – si pensi alle scene di stupro in Il racconto dell’ancella.

La controparte della sequenza è opposta: non appena Daemon e Rhaenyra entrano nel bordello assumiamo immediatamente il punto di vista della ragazza. La macchina da presa non prende decisioni morali su ciò che la/o spettatrice/ore dovrebbe provare. Rhaenyra ci sta mostrando la stanza in cui vi sono uomini e donne nude che fanno sesso e che provano piacere nel farlo. E qui è impossibile non pensare alle innumerevoli scene analoghe ambientate nelle case del piacere in Il Trono di Spade, in cui vi erano donne nude e uomini vestiti. Si è parlato di quanto questa serie metta in primo piano l’agency delle sue protagoniste e il loro sguardo sul mondo e sul sesso, contrastando l’onnipresente male gaze che ha caratterizzato anche la serie madre.

Durante il primo bacio tra Rhaenyra e Daemon la macchina da presa mostra con fuoco selettivo le mani della ragazza sul collo dell’uomo, mani che torneranno protagoniste in molte altre scene. In House of the Dragon le mani  diventano un simbolo di intimità, piacere, desiderio ma anche di rabbia e asfissia. Le mani di Alicent sono un correlativo oggettivo dell’evoluzione delle sue emozioni e lo capiamo già dal primo episodio in cui ci vengono mostrate tre inquadrature in rapida successione: un dettaglio delle mani di Alicent con le dita rovinate e sanguinanti, un uomo che viene ucciso violentemente durante il torneo e la regina Aemma morente e urlante nel proprio letto.

Clare Kilner dirige anche il quinto episodio della stagione. Per il discorso sul female gaze e sul sovvertimento degli stereotipi è interessante soffermarsi sulla scena che vede rientrare a King’s Landing, in nave, Rhaenyra e Criston Cole. Vediamo lei indossare un abito austero con i colori dei Targaryen (il rosso e il nero) mentre Cole appare, in camicia bianca e morbida, giocando nervosamente con le mani, sconvolto dalla perdita della propria verginità con la principessa e del proprio giuramento, unico punto identitario della sua vita.

In uno slancio patetico questo propone alla ragazza un accordo: rinunciare al potere in cambio della libertà, che ovviamente prevede il matrimonio con lui. Il rifiuto di lei dà l’avvio a uno dei villain più feroci dell’intera stagione. In House of the Dragon quindi appare chiaro come la storia ruoti attorno ai personaggi femminili e nello specifico a come questi possano rivendicare il potere mantenendo integra la propria salute mentale – unico matrimonio che sembra impossibile all’interno dei Sette Regni del Continente Occidentale.

House of the Dragon. Ideatori: Ryan Condal, Miguel Sapochnik; interpreti: Paddy Considine, Matt Smith, Emma D’Arcy, Rhys Ifans, Steve Toussaint, Eve Best, Sonoya Mizuno, Fabien Frankel, Milly Alcock, Emily Carey; produzione: GRRM, Bastard Sword, 1:26 Pictures Inc., HBO Entertainment; origine: Stati Uniti d’America; anno: 2022-in produzione.

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