La storia delle relazioni tra letteratura e immagini in movimento può essere esplorata da prospettive eterogenee. Tra queste, l’adattamento svolge sicuramente un ruolo decisivo poiché capace di elevarsi a «trasposizione audiovisiva di un’opera letteraria» (Cortellazzo, Tomasi 1998), assumendo i contorni di un itinerario aperto che pone in gioco numerose questioni, senza tuttavia esaurire gli orizzonti discorsivi.

A una differente possibilità di considerare il rapporto tra cinema e letteratura si rivolge il volume Visioni, alfabeti, mondi. Borges e le immagini (ETS 2022), curato da Daniele Dottorini, Alessandro Faccioli, Emanuele Leonardi e dedicato all’opera del grande scrittore argentino. Il percorso tracciato da Jorge Louis Borges si rivela fecondo per un’indagine sulle immagini, costituendo, al contempo, un peculiare punto di riferimento per comprendere l’eredità del secolo trascorso nel panorama contemporaneo. Ricorrendo a diverse chiavi di lettura, dall’estetica alla letteratura, dalla teoria del cinema alla filosofia politica e al fumetto, il libro costruisce un inedito intreccio concettuale, che si propone come fonte d’ispirazione per «un’operazione di scrittura e riscrittura del mondo» (Dottorini, Faccioli, Leonardi 2022, p. 7). Molteplici e suggestivi, infatti, sono gli indizi disseminati nei testi: alle celebri costruzioni narrative (il doppio, il sogno, il labirinto, gli specchi, il viaggio), si aggiungono elementi più direttamente connessi alla vita dello scrittore argentino, come i luoghi di Buenos Aires, contribuendo a determinare uno spazio di ricerca complesso e variegato.

Ad esempio, nel saggio di Pablo De Santis, emergono le potenzialità dischiuse da una modalità non convenzionale di intendere la cartina geografica, che rimanda al “gioco del perdersi” condotto tra le strade e i labirinti delle metropoli: «La città come un’arte della memoria, che segnala con i suoi incroci e i suoi balconi, i suoi monumenti, piazze e tram, le disillusioni amorose di Borges» (De Santis 2022, p. 17). Da questo punto di vista, la mappa racchiude al suo interno un fitto insieme di ricordi, incontri ed esperienze, rivelando, parallelamente, echi e suggestioni in apparenza prive di significato, che sfuggono a un’osservazione superficiale. Ecco che Buenos Aires non è soltanto la città registrata dalla cartografia tradizionale, ma è altresì «la modesta libreria in cui forse siamo entrati e che abbiamo dimenticato, è la folata di milonga fischiettata che non riconosciamo e ci emoziona, è ciò che si è perduto e ciò che sarà, è l’ulteriore, il diverso, il laterale, il quartiere che non è tuo né mio, ciò che ignoriamo e amiamo» (Borges 2011, p. 83).

Così, il carattere labirintico della mappa è emblema di una narrazione peculiare, costituita da inquadrature, campi-controcampi, dettagli che ribaltano la linearità del tempo, rendendo indistinto il confine tra sogno e realtà. A tale riguardo, Borges concepisce un’idea di scrittura in cui le figure del passato non hanno la funzione di illustrare teorie già conosciute, ma sono continuamente rimaneggiate per produrre nuovi modelli. L’eredità del patrimonio culturale si trasforma, pertanto, in vero e proprio laboratorio di sperimentazione letteraria, nelle cui sale è possibile osservare una «stupefacente galleria di figure che raccontano, come in un immenso museo combinatorio della mente, la storia del pensiero umano» (Leonardi 2022, p. 116).

In questa cornice, Daniele Dottorini ragiona sull’intrinseca specificità dell’immagine cinematografica, prendendo le mosse dagli articoli pubblicati da Borges sulle pagine della rivista Sur tra il 1931 e il 1944. Si tratta di una serie di recensioni, letture critiche, brevi saggi, che offrono spunti originali per una riflessione teorica sul cinema nel suo stretto legame con la letteratura. In altre parole, secondo l’autore argentino, la potenza della settima arte risiede essenzialmente nella sua capacità di dare avvio a «una forma particolare di scrittura, non assimilabile né sovrapponibile alla scrittura letteraria» (Dottorini 2022, p. 152). Attraverso un percorso di ricerca orientato a restituire all’immagine il carattere d’imprevedibilità, Borges pone dunque le basi per la costituzione di un discorso critico incentrato non tanto sull’aderenza a griglie predefinite quanto sulla «soggettività dello sguardo» (ivi, p. 153). Ed è nella figura di Josef von Sternberg che lo scrittore argentino intravede un interlocutore privilegiato per lo sviluppo della propria idea di cinema: l’opera del regista austriaco è, infatti, contrassegnata da uno stile distintivo, che si traduce nell’abilità di tenere insieme narrazione e montaggio, lavorando costantemente sull’ambivalenza tra realtà e finzione, tra visibilità e invisibilità.

Si rivela opportuno, allora, ampliare i confini della riflessione intrecciando parole e immagini, fino a cogliere alleanze impreviste, come dimostra la linea sottile che unisce il film La Jetée (Marker, 1962) al racconto Le rovine circolari (Borges, 1941). Nel suo contributo, Alessandro Faccioli esplora i punti di contatto tra queste due opere, ravvisando nell’elemento onirico uno dei principali momenti di convergenza. Se, in apparenza, l’innegabile differenza culturale tra Borges e Marker (conservatore il primo, «artista schierato a sinistra», il secondo), non consente di rintracciare una citazione esplicita del racconto nella pellicola, ad un’analisi più approfondita risulta possibile identificare, oltre alla medesima struttura narrativa, anche un comune orizzonte concettuale. Lontano dal realizzare una mera trasposizione audiovisiva del testo di Borges, Marker ne La jetée recupera l’interesse dello scrittore argentino per uno stile non dispersivo, caratterizzato da ellissi e immagini icastiche.

In una simile direzione, entrambe le opere pongono in questione il tema dello sdoppiamento, analizzato mediante il ricorso a paradossali figure oniriche, che creano un’atmosfera dai contorni illusori e rarefatti: «La scoperta del protagonista di Le rovine circolari di essere a propria volta una parvenza, dal momento che c’è un’altra persona che lo sta sognando, è, in ultima analisi, liberatoria, non meno della soluzione finale dell’”enigma” dell’Uomo di Marker. Non essere un uomo, essere la proiezione del sogno di un altro uomo» (Faccioli 2022, p. 203). Ancora una volta, è in gioco l’opportunità di pensare l’immagine cinematografica come ampio terreno d’indagine, in cui s’intrecciano e s’incontrano in maniera creativa forme concettuali appartenenti alla letteratura.

L’osservazione dei luoghi d’incontro tra cinema e letteratura è anche al centro del saggio di Rosamaria Salvatore, volto a esplorare il ruolo della temporalità nel film Strategia del ragno (Bertolucci, 1970). La pellicola si configura, invero, come una rivisitazione del breve racconto intitolato Tema del traditore e dell’eroe, scritto da Borges nel 1944 e incluso nella raccolta Finzioni. Occorre ricordare che, pur accogliendo la struttura narrativa del testo, Bertolucci si discosta dalla fonte originale, scegliendo di apportare «molteplici modifiche derivanti dal proprio mondo estetico e legate alla memoria delle proprie origini» (Salvatore 2022, p. 208). Ed è in questa apparente distanza tra i due autori che si nasconde un’insolita affinità: la costruzione dello spazio nel film è associata a una specifica dimensione labirintica, «trasfigurata, visionaria» (ibidem) dei luoghi, che si lega profondamente all’universo fantasmatico presente in numerosi testi dello scrittore argentino.

La riconsiderazione dell’esperienza estetica occidentale compiuta da Borges, dunque, non si riduce a un’analisi del simbolo, dell’allegoria o della metafora, figure peraltro già largamente approfondite dalla critica letteraria, ma si mostra in tutta la sua ampiezza e profondità, lasciando intravedere nel cortocircuito spazio-temporale l’occasione per una nuova avventura dello sguardo.

Riferimenti bibliografici
S. Cortellazzo, D. Tomasi,  Letteratura e cinema, Laterza, Roma-Bari 1998.
J.L. Borges, Il libro di sabbia, Adelphi, Milano 2004.
Id., Buenos Aires, in Elogio dell’ombra, Adelphi, Milano 2011.

Daniele Dottorini, Alessandro Faccioli, Emanuele Leonardi, a cura di, Visioni, alfabeti, mondi. Borges e le immagini, ETS, Pisa 2022.

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