Tratto da una storia vera. Vera e purtroppo eterna. L’ultimo duello, un duello tra uomini per rivendicare l’onore di una donna, non sarà affatto l’ultimo. La mano di Dio sostiene il buon diritto dell’innocenza, ma sempre una mano maschile: il confronto  mortale tra uomini decide la verità della testimonianza femminile, l’esito potrebbe segnare la condanna al rogo della donna che evidentemente ha mentito, sbugiardata dalla stessa giustizia divina. Il film di Ridley Scott è tratto da un romanzo di Eric Jager, intitolato The Last Duel: A True Story of Trial by Combat in Medieval France (Broadway Books 2004). Marguerite (nel film Jodie Comer), la bellissima moglie del cavaliere Jean de Carrouges (Matt Damon) accusa lo scudiero Jacques Le Gris (Adam Driver) di averla stuprata. Questi nega. Si rende così necessario il ricorso al giudizio di Dio, ossia al duello mortale tra il cavaliere e lo scudiero, per stabilire la verità – ma se il marito dovesse perdere ed essere ucciso, Marguerite sarebbe condannata a essere bruciata viva per falsa testimonianza. Dunque le converrebbe tacere e inghiottire l’umiliazione, tanto più che la rivalità tra i due uomini investe campi diversi, andando oltre la sua persona. Invece parla, affronta il  rischio.

Veniamo a sapere che nella stessa situazione si era trovata la madre di de Carrouges, ma aveva preferito tacere. Forse il marito ora morto, padre del Cavaliere, aveva intuito qualcosa, forse no – comunque tutto era passato sotto silenzio. Il duello, allora, fu un avvenimento, richiamando a Parigi una grande quantità di persone, avide di vedere, pronte a radunarsi in un’arena che somigliava a un odierno stadio. Il tutto organizzato dalla Corte di Carlo VI e dal conte d’Alencon (Ben Affkeck), ubriacone e puttaniere. Salta agli occhi, in questo last duel, l’assonanza del titolo con I duellanti (1977, primo lungometraggio di Ridley Scott). Salta agli occhi inoltre una certa corrispondenza spettacolare con l’universo di 1482 – La conquista del Paradiso (1992), quello di Le crociate. The Kingdom of Heaven (2005) e quello di Robin Hood (2010).

The Last Duel si basa però su una triplice verità, che lo spettatore può scegliere mettendosi al posto del Giudizio di Dio: la prima versione è quella del Cavaliere, che non lascia spazio a dubbi circa la colpevolezza di Le Gris, pur lasciandone rispetto alla reale intenzione di Marguerite di sfuggire all’aggressione; la seconda è quella di Le Gris, spinto dall’amore, convinto che per amore tutto sia lecito; la terza è quella di Marguerite, che respinge con sdegno l’accusa, che i giudici non mancano di muoverle, d’aver provato piacere durante il rapporto. La differenza è spesso enunciata verbalmente, più che evidenziata dalle immagini, il che costituisce, a mio parere, un limite del film.

Il duello è atroce e spietato: ha inizio a cavallo, a colpi di lancia, poi prosegue a piedi, con le spade, ma Scott ha cura di togliere allo spettatore anche il piacere del tifo, se così vogliamo chiamarlo. Cavaliere e Scudiero rimangono indistinguibili, nel cozzo di armature quasi identiche, nelle grida, nel frastuono della ferraglia che si scontra – né possiamo regolarci su qualche primo piano di Marguerite. Solo alla fine, comprendiamo che chi sta per essere ucciso è Le Gris, quando in extremis ribadisce ancora la sua innocenza. Qui si annida il più forte elemento d’ambiguità del film, dato che per affermare la verità del suo amore, lo scudiero avrebbe dovuto, vincendo, provocare la morte dell’amata. Ma un ulteriore margine d’ambiguità si evidenzia nel vero finale, che non riveliamo.

Alla sceneggiatura, oltre a Damon e a Ben Affleck (quest’ultimo avrebbe dovuto sostenere il ruolo che poi è andato a Driver), ha fornito un contributo essenziale Nicole Holoferner. È stata probabilmente lei a far risaltare la condizione della donna nel Medio Evo e certe analogie con i nostri tempi. Le donne non avevano personalità giuridica: erano quasi proprietà del marito e ne dovevano soprattutto salvaguardare l’onore. Il rispetto che veniva loro tributato era quello dovuto alle proprietà del marito, del padre, del tutore, e veniva subito revocato se questa proprietà era messa in pericolo da un eccesso di sincerità. Era una condizione che qualcuno ha giustamente definito surreale, ora superata, certo, ma i cui residui si trascinano ancora oggi. Nel caso specifico, il Cavaliere è ignorante, analfabeta, firma con una croce. Nato solo per fare la guerra, lascia alla moglie la cura delle sue proprietà, l’allevamento dei cavalli ecc., senza rendersi conto che è solo grazie a lei se i suoi affari non vanno in rovina. Lo scudiero è un po’ più colto, da giovane aveva studiato da chierico, e proprio per questo si sente superiore, tanto da considerare come scontata la condivisione del suo desiderio da parte della donna. Forse in buona fede.

Il Giudizio di Dio premia il più forte, non chi ha ragione, come premiava, nel Medio Evo, la capacità di resistenza alla tortura. Ma qui la ragione non è da una parte, né dall’altra: siede tra gli spettatori, traspare sul volto di Marguerite. Non c’entra Ariosto, non c’entra la cavalleria dei suoi versi nel realismo del film, che si abbandona alle volte anche allo spettacolo di maniera. Il film di Ridley Scott, girato sulla scia dei suoi eterni duellanti, diventa (per fortuna), soprattutto per virtù della Holoferner, il film di Jodie Comer.

The Last Duel. Regia: Ridley Scott; sceneggiatura: Ben Affleck, Matt Damon, Nicole Holofcener; fotografia: Darius Wolsky; musiche: Harry Gregson-Williams; interpreti: Matt Damon, Adam Driver, Jodie Comer, Ben Affleck, Harriat Walter, Nathaniel Parker, Sam Hazeldine, Michael McElhatton, Alex Lawther, Clive Russel, Marton Csokas, Oliver Cotton, Zeljko Ivanek, Adam Nagaitis, Clare Donne, Bosco Hogan, Caoime O’Malley; produzione: 20th Century Studios, Pearl Street Films, Scott Free Productions; distribuzione: 20th Century Studios, Walt Disney Studios Motion Pictures; origine: Stati Uniti d’America, Regno Unito; durata: 152′; anno: 2021.  

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