Girato nell’estate del 2019, Si vive una volta sola era in procinto di uscire in sala nel febbraio del 2020, quando le sale cinematografiche chiusero a causa dell’emergenza sanitaria; da allora, svariati rinvii hanno tenuto fermo il film fino alla riapertura delle sale, ma nel frattempo il produttore De Laurentiis ha optato per una release in streaming su Prime Video. Questa premessa distributiva è indispensabile per introdurre un primo livello di temporalità differita che marca la relazione tra il film e lo spettatore. I protagonisti di Si vive una volta sola sono medici e la prima parte del film si svolge in ambiente ospedaliero, poi l’azione si sposta in Puglia in un contesto turistico; in entrambi i casi, lo scarto tra ciò che vediamo sullo schermo e ciò che abbiamo vissuto è molto consistente e il film ovviamente non può mettere a tema questo scarto, non può problematizzarlo perché non ne è responsabile.

Lo spettatore da solo è chiamato a interpretare questa distanza, in una versione spezzata del dispositivo commedico che per sua struttura agisce nel presente e «contribuisce alla formazione degli immaginari contemporanei» (De Pascalis 2012). In questo caso, siamo esplicitamente di fronte a un film del passato ma che non sa di esserlo, se non nel senso che il cinema di Carlo Verdone ha esplorato in tutto l’ultimo decennio, da Io, loro e Lara (2010) in poi, optando per uno sguardo che ancora si posa sulla realtà sociale ma rimanendo a distanza.

In termini di spazialità, Si vive una volta sola reitera la struttura dicotomica propria del cinema di Verdone, basata sulla congiunzione iniziale con la città natia e su una successiva disgiunzione, che spinge i personaggi lontano dalla Capitale, senza che vi sia necessariamente una terza fase di ricongiunzione. La Cornovaglia in Maledetto il giorno che t’ho incontrato (1992), l’Ungheria in Io e mia sorella (1987), la Romania in Stasera a casa di Alice (1990), la Repubblica Ceca in Perdiamoci di vista (1994), Istanbul in Il mio miglior nemico (2006) e ora la Puglia in Si vive una volta sola sono le mete di personaggi tutt’altro che inquieti; fosse per loro non si sposterebbero affatto, è l’intreccio commedico a sradicarli per farli uscire dalla comfort zone e togliere loro la maschera.

In questo caso, il segmento romano del film ci presenta due chirurghi e una ferrista che da sempre tormentano il loro anestesista con scherzi pesanti, sia accuratamente progettati sia improvvisati, sia molto elaborati sia semplici e infantili come una scritta offensiva sulle pareti di una cabina d’ascensore. L’azione goliardica è per questi personaggi una via di fuga gruppale dalla monotonia e dalla sostanziale aridità del privato individuale, secondo il meccanismo reso proverbiale da Amici miei (1975) di Monicelli (scritto tra gli altri da Benvenuti e De Bernardi, che tanto hanno contribuito alla prima fase del cinema di Verdone). In questa parte di film Verdone torna a frequentare quel repertorio comico che per sua ammissione lo appassiona sin dall’infanzia: «L’imitazione, lo scherzo, il prendermi gioco di amici e parenti sono sempre stati una mia costante. Mi resi conto delle mie potenzialità in quarta elementare» (Verdone 2012); gli accenti regionali imitati al telefono nello scherzo della finta intervista rimandano in tal senso a una tensione che caratterizza tutto il logos verdoniano.

Dopo una lunga premessa che descrive la condizione dei personaggi e il loro mondo ordinario, il film cambia passo con un colpo di scena che si inserisce nel quadro di uno humour “nero” non estraneo alla poetica dell’autore (lo fa notare ancora De Pascalis in riferimento a Viaggi di nozze) e il congegno narrativo si rovescia perfettamente: si lascia il luogo del lavoro per il luogo del tempo libero (la Puglia delle spiagge e delle masserie), i rapporti di forza tra i personaggi si invertono (come anche i ruoli), l’ossessione per lo scherzo perfetto lascia il posto alla paura della realtà che è sostanzialmente paura della morte. I personaggi si ritirano dunque in una dimensione protetta e distanziata in cui attendono l’ultimo movimento dell’ingranaggio commedico.

Verdone torna a scrivere con Giovanni Veronesi molti anni dopo C’era un cinese in coma (2000) e i “Manuali” d’amore (2005, 2007, 2011), e l’intervento dello sceneggiatore toscano si avverte forse in una certa irruenza normalmente assente in Verdone, che licenzia anche un film insolitamente (per lui) incentrato su argomenti sessuali molto espliciti; in generale, è un film che non manca certo di coraggio nel problematizzare l’età matura del comedian, processo analogo a quello che osserviamo nel cinema di Woody Allen. In un’intervista del 2010, Enrico Magrelli chiedeva conto a Verdone proprio di questo processo dell’invecchiare nella commedia, e il regista rispondeva: «Devi fare delle cose che siano attinenti alla tua età. […] Bisogna considerare questi aspetti cercando di capire quello che puoi o non puoi più fare».

In questo senso il punto di forza di un film spossessato della realtà a causa dello scarto temporale tra realizzazione e distribuzione, il punto di forza di un film che si allontana ulteriormente dalla realtà sociale per osservarla a distanza, è proprio in questo mettere a tema con estrema sincerità ciò che Verdone può o non può più fare: come nella scena paradigmatica in cui, trascinato in discoteca dall’invasato anestesista Papaleo, non si getta sul dancefloor come tanti suoi personaggi del passato avrebbero fatto, ma se ne sta in disparte sperando che tutto finisca al più presto.

Riferimenti bibliografici
I.A. De Pascalis, Commedia nell’Italia contemporanea, Il Castoro, Milano 2012.
E. Magrelli, a cura di, Carlo Verdone. L’insostenibile leggerezza della malinconia, Besa, Lecce 2010.
C. Verdone, La casa sopra i portici, Bompiani, Milano 2012.

Si vive una volta sola. Regia: Carlo Verdone; sceneggiatura: Pasquale Plastino, Carlo Verdone, Giovanni Veronesi; fotografia: Giovanni Canevari; montaggio: Pietro Morana; musiche: Michele Braga, Tommy Caputo; interpreti: Carlo Verdone, Rocco Papaleo, Anna Foglietta, Max Tortora, Mariana Falace, Sergio Múñiz, Pier Maria Cecchini, Alessandro Cremona, Elisabetta Cavallotti, Livia Luppattelli, Azzurra Martino, Eva Moore, Giuseppe Nardone; produzione: Filmauro; distribuzione: Prime Video; origine: Italia; durata: 105′.

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