Risorgere (2019), secondo romanzo di Paolo Pecere, racconta il viaggio di Gloria e Marco, due ragazzi occidentali che per aggirare una crisi sociale e identitaria decidono di partire per la Cina, mossi soprattutto dalla volontà e dal desiderio di Gloria di ritrovare il padre Chen. Dopo l’incontro con Dora, Elio, Livio e Marzio de La vita lontana (2018), Pecere torna a descrivere una dimensione esistenziale in cui essere consapevoli del proprio posto nel mondo significa ritornare alle radici della vita, ricercare i motivi che spingono un padre ad allontanarsi e a lasciare il suo sole per guardarlo da una prospettiva distante. Se La vita lontana è anche la storia di chi ha deciso di restare prima di partire, Risorgere rappresenta una carambola di spostamenti. Come l’autore ricorda, il nucleo ideale del romanzo si trova in un racconto pubblicato nel 2007 su Nazione Indiana. Da un rapido confronto fra i due testi, oltre al cognome Ricci, nel romanzo restano un viaggio e un padre da cercare, sebbene nel secondo domini la connessione radicale fra l’Europa e l’Asia, fuse in un unico territorio che si snoda fra Roma, Berlino, Hong Kong e il Tibet e che vive attraverso i viaggi dei personaggi.

Proprio per quest’ultima caratteristica, in alcuni passi Risorgere assume i caratteri di una riflessione storica. A trent’anni dalla rivolta di Tienanmen, Pecere si concentra sulla Cina e sulle storie di cui la storia ha taciuto: la repressione ordinata, impartita e normativa contraria alla naturale tensione alla libertà di espressione; la morsa asfissiante dell’omologazione; la violenza brutale sui corpi dei ribelli.

Il resoconto delle vicende è un flusso strutturato su cui si appuntano le vite di due generazioni: la prima composta da Chen e Raffaella, i genitori di Gloria; Liang e Qi, rispettivamente amante e cugina di Chen; infine, Huang Mei, una ragazza scomparsa a Tienanmen che misteriosamente riappare, ricoprendo un ruolo cruciale per tutti i personaggi. La seconda generazione è rappresentata da Gloria e Marco, i due ragazzi che dalla Germania si trasferiscono in Italia, prima di arrivare in Cina.

La narrazione restituisce una sovrapposizione polifonica che fonde il passato e il presente dei personaggi, condensandolo nel racconto di pochi giorni. Le voci principali sono affidate a Liang e a Marco. Liang rappresenta il passato di Gloria e Marco il presente.

Il verbo risorgere racconta un gesto che viene ripetuto con costanza, la circolarità di uno stato che ogni volta si produce nella stessa identica e diversa maniera, la rinascita di un corpo in contesti e costellazioni distanti. Il corpo di Gloria è quel corpo che deve risorgere, per due volte: Gloria incarna il sacrificio per la generazione che è stata del padre e della madre e anche il sacrificio per il fallimento della sua generazione.

Dopo la caduta nella fessura dei monti himalayani a cui assistiamo al termine della prima scena, il corpo di Gloria deve risorgere in senso carnale. Persa insieme a Marco oltre il limite territoriale cinese, la ragazza cade fra le pareti marroni, dure e ghiacciate che la circondano mentre, lenta, precipita giù. Il suo risorgere è, infine, il tentativo di conciliare il passato di bimba dagli occhi grandi e neri con il presente adulto e irrequieto di una musicista che sa parlare soltanto attraverso le note. Che non sa dire perché non riesce ad amare il corpo di chi le sta accanto. Che prende un continuo congedo da ciò che la circonda.

Per raggiungere Gloria, ci affidiamo nella lettura ai racconti di Marco perché potremo avvicinarci al suo corpo soltanto dopo aver scoperto che cosa ha scritto al ragazzo nei messaggi, come si chiamano gli amici di Berlino, cosa le piace suonare, quali sono i luoghi di Roma che i due hanno attraversato in silenzio, quali libri tiene sul comodino. La voce di Marco si alterna alla voce di Liang. Insieme, i due personaggi danno un corpo a Gloria, intrecciando anche le storie degli altri personaggi.

È un percorso complesso che ci farà andare giù, nel fondo dei monti in cui nemmeno la voce arriva: la mappa per una caccia al tesoro che è lei. Alla fine, non ci sarà scelta: bisogna buttarsi, attraversare i colori che – nella velocità – perdono il tono definito, come le note negli accordi di una sinfonia. Perdersi, dissolversi, sperare di risorgere.

Ci sono dei punti di appiglio nella discesa che, prima di essere rapida e consapevole, assume un ritmo dolce e cadenzato: le foto corredo del romanzo. Disseminate nella narrazione, la prima è la montagna che sarà la nostra casa durante la lettura. Poi, il dipinto dei demoni e il dialogo fra Chen e Liang, quando Chen riferisce all’uomo che nessuno combatte i mostri perché nelle «immagini c’è un ritmo di danza. Sono forme mobili che distruggono e creano: sono le nostre passioni, le passioni di cui siamo fatti, come gli altri animali» (Pecere 2019, pp. 34-35).

Ed ecco, finalmente, il volto di Chen che guarda verso un punto lontano, il mento alto e le braccia incrociate sul petto; la tazzina di latta; la foto della prima generazione, con Raffaella, Chen, Liang e Qi; il vinile di Teresa Teng, la cantante preferita di Chen, morta nello stesso anno in cui è nata Gloria. Dal passato è tempo di spostarsi verso oriente ed ecco che si aprono gli orizzonti: Hong Kong; Piazza Tienanmen; l’hotel Venetian, il paesaggio in cui Chen torna a essere reale per le braccia di Gloria e per gli occhi di Marco, prima di scomparire di nuovo. Cerchiamo di ritrovarlo nel monastero di Songzanlin ma il viaggio deve continuare altrove.

Si parte per la montagna, il luogo in cui si precipita dal principio. Ci saluta la foto di una bimba che accompagna la lettera di Gloria a Liang, in una corsa in picchiata verso il basso che rende tutto confuso prima di stabilire un nuovo ordine in cui trovare rifugio. Riusciamo finalmente a guardare Gloria negli occhi, dopo esserci buttati insieme a Marco e aver detto con lui: «Questo sono io» (Pecere 2019, p. 253) in una professione di identità che è garanzia più per noi stessi che per gli altri.

A volte si ha la sensazione di essere ingoiati da qualcosa di avvolgente, immenso, spaventoso eppure rassicurante, come i demoni di cui parla Chen. Sono i momenti in cui accade l’abbraccio, si trova il letto, si lancia il corpo nel tuffo in acqua, si confondono gli occhi tra il bianco e il nero dei libri. È l’incontro fra il corpo e un movimento, fra il corpo e un oggetto. Del gesto di sprofondare resta, poi, la consapevolezza sfacciata di una presenza che sempre sarà ad accoglierci, anche nella situazione più estrema – di gioia e dolore.

Riprendendo un passo di Maurice Merleau-Ponty, il linguaggio letterario dona la dimenticanza del segno: esso è in grado di fornire un secondo, sconosciuto e inedito significato alle parole fino a farci «aderire così bene al suo sistema d’armonia che finiamo per considerarlo nostro» (Merleau-Ponty 2019, p. 53). I libri come Risorgere trasmettono il senso di questa significazione attraverso la caduta: Marco e Gloria ci aspettano dove le ombre non allungano più i corpi, nel luogo in cui il presente ricuce paziente ferite e tagli del passato. Buon viaggio.

Riferimenti bibliografici
M, Merleau-Ponty, La prosa del mondo, Mimesis, Milano-Udine 2019.
P. Pecere, Risorgere, Chiarelettere, Milano 2019.
Id., La vita lontana, LiberAria, Bari 2018.

Tags     Cina, Paolo Pecere, viaggio
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