Ammobiliare mondi narrativi è un’arte che la serialità televisiva statunitense ha praticato diffusamente negli ultimi anni, offrendoci universi diegetici particolarmente ricchi. Come la serie originaria, Penny Dreadful – City of Angels non tradisce l’attitudine alla creazione di una cosmologia seriale, restituendoci un mondo narrativo denso, metaforico ed esteticamente ricercato. Accantonata la gotica e vittoriana Londra, questa nuova versione si ambienta in una Los Angeles di fine anni trenta, una città languida e assolata ma non per questo meno inquietante e tormentata. Sebbene, infatti, l’ambientazione losangelina non riesca a restituire il tono tetro e intrinsecamente elegiaco riscontrabile nella prima serie, non per questo tradisce la promessa di offrire un mondo narrativo profondamente tragico.

La storia, che si svolge nel 1938, si muove incrociando linee narrative composite e appartenenti a generi diversi, ciascuno dei quali gioca un proprio ruolo nella costruzione della complessa architettura del racconto. L’innesco della vicenda è il ritrovamento dei corpi massacrati di una famiglia di Beverly Hills, i cui volti truccati come calaveras — le tipiche raffigurazioni di teschi messicani associati al Día de Muertos — fanno subito pensare al coinvolgimento della comunità ispanica localeA indagare sulla turpe faccenda vengono inviati Santiago “Tiago” Vega (Daniel Zovatto), primo detective messicano del LAPD, e il suo collega Lewis Michener (Nathan Lane), un disincantato e poco ortodosso veterano del dipartimento. La serie gioca su un’atmosfera che guarda, da un lato, alle marche estetiche e rappresentazionali di Chinatown di Polanski e, dall’altro, a quelle quasi grandguignolesche — anche se adattate al mutato contesto spazio-temporale — della serie primigenia.

City of Angels lastrica di elementi neo-noir e orrifici un sentiero narrativo che, però, conduce lontano dalle premesse iniziali. Ben presto, infatti, la trama dell’investigazione sfuma lentamente ma inesorabilmente in quella del dramma sociale e della tragedia umana, veri punti nevralgici del discorso, tanto estetico quanto etico, portato avanti dalla serie.

La trama apre infatti una finestra narrativa su uno scorcio di storia americana poco conosciuto ma le cui implicazioni, ancora oggi, hanno ripercussioni sulla società attuale: la discriminazione e la repressione xenofoba e razzista della popolazione di origine ispanica residente a Los Angeles. Nella narrazione, il pomo della discordia tra la comunità ispanica e quella anglosassone è la costruzione della celebre e storica “Arroyo Seco Parkway”, il cui tracciato realmente rase al suolo alcuni quartieri abitati da latino-americani come quello dove risiede la fittizia famiglia Vega, protagonista della serie.

Le rivendicazioni di giustizia sociale da parte dei comitati di quartiere della minoranza latino-americana e chicana, ovvero l’identità culturale dei messicani residenti negli Stati Uniti e dei loro discendenti, vengono ignorate da una società — personificata dal capo del Comitato dei trasporti del consiglio comunale Charlton Townsend (Michael Gladis) — che si ritiene superiore e quindi in diritto di sopprimere la diversità etnica e culturale della città. La sotto-trama dell’infiltrazione nazista tra i ranghi politici dell’ufficio comunale assolve, in quest’ottica, una funzione più tematica (e programmatica) che narrativa: quella di mettere a nudo, esacerbandoli, i sentimenti di suprematismo bianco, le politiche estremiste di anti-immigrazione, l’antisemitismo, il razzismo atavico ed endemico che aleggia nella società americana, e la demagogia spicciola che veste di legge e ordine la brutalità delle forze di polizia. Tematiche, queste, che nell’epoca del Muro tra Messico e Stati Uniti voluto dalla presidenza Trump, del rinvigorimento di posizioni nazionaliste di estrema destra e delle conseguenti nuove ondate di proteste sociali (negli ultimi giorni, quella del movimento “Black Lives Matter”), rendono la serie di John Logan ben più di un dramma in costume dalle tinte soprannaturali.

Non a caso, infatti, il protagonista putativo della serie è il detective Vega, un uomo dilaniato tra le sue due nature: quella chicana, con la lealtà alla sua famiglia e l’orgoglio verso le sue origini culturali, e quella statunitense, che gli impone lealtà al distretto di polizia e alla legge che rappresenta. Lungo il procedere della narrazione il peso di Tiago come protagonista va calando e man mano lui stesso viene fagocitato, sia da un punto di vista drammaturgico sia da uno più metaforico, dalla tragedia dell’incomunicabilità tra i due i mondi e le due culture a cui appartiene. Sebbene ambientata nel 1938, questa nuova Penny Dreadful nasconde sotto costumi e ricostruzioni d’epoca un messaggio politico assolutamente attuale: la discriminazione patita della comunità latino-americana durante l’espansione urbanistica di Los Angeles negli anni trenta e quaranta con la costruzione dell'”Arroyo Seco Parkway” risuona, oggi come allora, come un processo di ingegneria sociale che costruisce muri spacciandoli per autostrade, che nasconde la brutalità e la repressione mascherandole da progresso nel nome dell’interesse pubblico.

Non si tratta, però, di una storia che divide semplicisticamente oppressi e oppressori, innocenti e colpevoli. In ognuna delle parti coinvolte in questa faida storica e culturale ci sono personaggi che operano sia nel bene che nel male, restituendo così tutta la complessità di questo spaccato di società americana. Per esempio, il dottor Peter Craft (Rory Kinnear) si rivela essere un personaggio animato da buone intenzioni pur appartenendo al movimento filonazista del German-American Bund, mentre Mateo, fratello minore di Tiago, viene a tal punto consumato dall’odio e dal desiderio di vendicare la sua comunità che arriverà ad usare per farsi strada nel mondo Pachucos, movimento iconico di controcultura e orgoglio ispanico in voga tra i chicanos negli anni quaranta.

È proprio in questo mescolamento di buoni e cattivi, in cui è impossibile operare una scissione manichea tra le parti, che si inserisce la discreta, ma costante, presenza del filone soprannaturale. Innestato, stavolta, non nella cultura gotica vittoriana ma nel folklore messicano e chicano, la vena soprannaturale pulsa sotto le linee narrative manifestandosi solo tramite due figure, Santa Muerte, l’angelo della morte del folklore messicano, e sua sorella, il demone mutaforma Magda (Natalie Dormer).

Se la prima si rivela essere una creatura insensibile ai patimenti terreni e alla sorte dell’umanità, il demone Magda ha tutt’altra inclinazione. In quanto mutaforma riesce a insinuarsi nei diversi mondi e nelle diverse sottoculture americane che vivacizzano Los Angeles, impersonando allo stesso tempo Alex, l’assistente di Townsend, il capo pachuco Rio e la casalinga tedesca Elsa. Nonostante la sua costante presenza, tuttavia, ad agire (nel male e nel bene) sono sempre i mortali. In quanto successore “spirituale” della serie precedente, anche City of Angels porta con sé il messaggio che il vero male e la tragedia non si nascondono negli esseri mostruosi o sovrumani che si muovono per le vie della città.

Da una parte, infatti, Santa Muerte semplicemente non ha a cuore le sorti dei viventi e si estranea dal mondo terreno; dall’altra Magda, come un diavolo seduto sulla spalla, non compie direttamente i suoi misfatti ma si limita a dare una piccola spinta, a sussurrare all’orecchio e a imbeccare le persone nell’intraprendere azioni che, secondo lei, era già loro intenzione commettere: “All mankind needs to be the monster he truly is, is being told he can”. Scagionate le due divinità, le mostruosità del mondo e dell’animo umano risiedono quindi solo nel cuore degli uomini mortali, nei loro più egoistici desideri e nella loro crudeltà e insofferenza verso il prossimo. A riprova del fatto che, in Penny Dreadful, il male è questione puramente umana, l’unica volta che Magda veramente agisce in prima persona e non si limita a tirare le fila è quando aizza e prende parte alla rivolta dei pachucos nel finale di stagione. In quel momento il demone perde la propria incorruttibilità e diventa più umana, uno status che, nella cosmologia di Penny Dreadful e nella tragedia umana che la serie delineaimplica divenire più cattivi, meschini e crudeli.

Riferimenti bibliografici
N. Molina, Examining Chicana/o History Through a Relational Lens, in “Pacific Historical Review”. 82.4, 2013.
N. Romano, Penny Dreadful: City of Angels creator on confronting the horrors of our reality with the finale, in “Entertainment Weekly”, 28 giugno 2020.
A. Soloski, In ‘Penny Dreadful: City of Angels,’ California Dreaming, Darkly, in “The New York Times”, 24 aprile 2020.

Penny Dreadful – City of angels. Ideatore: John Logan; Interpreti: Natalie Dormer, Daniel Zovatto, Kerry Bishé, Adriana Barraza, Micheal Gladis; produzione: Desert Wolf Productions, Aguilar Enternainment, Neal Street Productions; origine: USA, anno: 2020-in produzione.

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