Film dell’anno 2022 per i “Cahiers du Cinéma”, Pacifiction di Albert Serra è un racconto postmoderno sul post-colonialismo nella Polinesia francese, con cicerone un Benoît Magimel che è già icona, nel ruolo dell’alto commissario De Roller. Con un look alla Sonny Crockett di Miami Vice, indossa anche di notte occhiali con le lenti scure, ha impegni di rappresentanza dai foschi contorni istituzionali, è regista di parate di costume tribale e partecipa a incontri diplomatici serenamente inconcludenti. Sembra ci siano sempre delle crisi da sanare sull’isola, tormenti che percorrono come brividi intermittenti la placida stabilità dell’esotico hotspot turistico (lo suggerisce anche il sottotitolo francese, Tourment sur les îles). Occorre una buona dose di fiction per mantenere la calma, per convincersi che tutto sia come prima, che tutto rimarrà sempre uguale.
Albert Serra lo definisce il suo primo tentativo di smarcarsi dalla componente installativa delle sue opere precedenti (Liberté, La Mort de Louis XIV), caratterizzate da una grammatica visiva più vicina al mondo dell’arte contemporanea, per abbracciare una vera narrazione cinematografica. Qui, ci dice, non è possibile cogliere anche solo da un frammento la totalità dell’opera, ma è necessario seguire il filo degli eventi, lasciarsi coinvolgere, credere alla storia. “Una botta di adrenalina”, commenta De Roller dopo una cavalcata in water craft sui cavalloni, “Non succede spesso nel mio lavoro”. Una battuta che riverbera un’ironica dichiarazione d’intenti del regista al suo pubblico.
Come già avvenuto non solo nel dramma a contesto storico delle due opere prima citate, ma anche nella più esplicita rielaborazione di personaggi cardine della letteratura come Dracula e Casanova (Història de la Meva Mort) o Don Chisciotte (Honor de Cavalleria), anche in questo caso il primo riferimento di Serra è letterario. Nel caso di Pacifiction la struttura narrativa è quella del romanzo postmoderno dai toni antiesistenzialisti.
L’ambasciatore dei valori occidentali peregrina in un’oasi dove tutto è permesso e il quotidiano si trascina in un’illusoria entropia. Proprio perché tutto può succedere, nulla sembra accadere davvero. Ogni introspezione è negata, confusa dalla noia per l’abbondanza e da un languido stordimento. È tempo di non uccidere nel rigoglioso deserto dei thaitiani. Tra una scena e l’altra pare non esserci un cut to, ma solo un filtrare del protagonista tra un affresco e l’altro, nel fluire ipnotico di una stasi che si vorrebbe immutabile nonostante la terra tremi sotto i piedi. Un procedere per tessere narrative che vanno a comporre un mosaico ipersaturo, l’orizzonte della baia di Thaiti, dove anche la paranoia per la minaccia nucleare sembra un tremolio da miraggio glitterato.
“La politique est comme une discothèque”, digrigna De Roller insieme ad altre sentenze che suonano come speranze ormai vane, lasciate sprofondare nell’abbandono paludoso tra il sonno e la veglia – Pacifiction è un storia dove ci si può fidare davvero solo di chi, nel pieno di una missione decisiva, si addormenta beato, come se nulla stesse accadendo.
Benoît Magimel presta al personaggio una voce e una fisicità sformate, che ricordano le migliori delle ultime performance di Gérard Depardieu. Sul set non conosceva il copione, le battute gli venivano suggerite attraverso un auricolare dal regista, con conseguente sforzo da parte di Magimel di reggere il ruolo cercando di contestualizzare in atto le sue parole. Disciplinare la contingenza per dar forma allo smarrimento: il peregrinare di De Roller gli è imposto dalla sua funzione ma è nei fatti una vuota vestigia. La diplomazia, ça va sans dire, è un vizio di forma.
Magimel viene imprigionato nei quadri della memorabile fotografia da crepuscolo sognato in acido di Artur Tort, già collaboratore di Serra per la direzione della fotografia di Liberté, all’opposto ombratile ma ugualmente crepuscolare. La Polinesia francese è fotografata con tre camere Blackmagic Pocket (un agile strumento di ripresa ad uso di aitanti filmmaker), montato e stampato su pellicola 35mm per poi essere nuovamente digitalizzato e ricolorato, altrimenti la resa dei suoi tramonti arancioni e rosa sarebbe risultata troppo artificiale. La finzione spontanea è la calma apparente. Paci-Fiction: la pace è l’ennesima storia che ci raccontiamo e che vogliamo credere possibile.
Pacifiction. Regia: Albert Serra; sceneggiatura: Albert Serra; fotografia: Artur Tort; montaggio: Albert Serra, Artur Tort, Ariadna Ribas; musiche: Marc Verdaguer; interpreti: Benoît Magimel, Pahoa Mahagafanau, Marc Susini, Matahi Pambrun, Alexandre Mello, Montse Triola, Michael Vautor; produzione: Anderground Films, Tamtam Film, Rosa Filmes, Arte France Cinéma, Archipel Productions; distribuzione: Movies Inspired; origine: Spagna, Francia, Germania, Portogallo; durata: 163′; anno: 2022.