Affrontare la questione della memestetica – come suggerito per la prima volta in Italia, con vigore critico e analitico, dall’omonimo libro di Valentina Tanni (NOT 2020) – significa considerarne anche la portata culturale e politica, come suggerisce ora Miti, meme e iperstizioni di Tommaso Guariento (Krill Books 2022) – volume peraltro arricchito da due prefazioni, una della stessa Tanni e una del collettivo Clusterduck. Il saggio di Guariento, inoltre, appare a poca distanza di tempo da un altro libro che si interroga – da una prospettiva forse diversa, ma certamente comparabile – sulla cosiddetta “memecrazia” come Interregno. Iconografie del XXI secolo (NOT 2022) di Mattia Salvia.
In entrambi i casi, l’analisi semiotica e mediale dei meme è solo uno dei tanti temi in gioco (quasi a indicare indirettamente, e per paradosso, una sorta di sfiducia nella capacità egemonica di un approccio squisitamente, o prevalentemente, semiotico a proposito dei meme); d’altra parte, entrambi i libri sottolineano come la “memecrazia” sia qui per restare – conclusione del resto piuttosto prevedibile, per chi sostiene che le radici della “memecrazia” non coincidano con l’avvento della circolazione social della forma-meme, ma siano molto più profonde.
Tommaso Guariento lo aveva già sostenuto qualche anno fa, in un articolo pubblicato per “Prismo” nel 2016, ampiamente ripreso nel presente volume, dove si risale nel tempo oltre la definizione di “meme” di Richard Dawkins ne Il gene egoista (1995) per arrivare fino al “mneme” del saggio omonimo di Richard Semon, pubblicato nel 1908. “Mneme” che prendeva già allora la forma dell’“engramma” e si prestava a riattivazioni “ecforiche” – soltanto una breve citazione, qui, ma che intende alludere a quanta rilevanza possa avere, in termini di costruzione della memoria e dell’immaginario, il tema attorno al quale gravitano simili riflessioni.
Di conseguenza, il volume pubblicato da Krill Books si dà in un orizzonte temporale piuttosto ampio, incastrando i meme tra le immagini del passato fornite dai miti (interpretati secondo il concetto di “macchina mitologica” di Furio Jesi, già analizzato e applicato da Guariento in questo articolo per Ticontre) e le immagini del futuro delle iperstizioni (le “profezie autoavveranti” indagate dal gruppo di ricerca CCRU, Cybernetic Culture Research Unit, attivo presso l’università di Warwick a partire dagli anni novanta del secolo scorso).
Si tratta, in altre parole, di un’ampiezza di sguardo non solo storica, ma anche teorica, che va ben oltre l’ormai ben nota epica dei meme di Pepe the Frog (…una “memepica”?) in seno all’alt-right, durante la campagna elettorale di Donald Trump del 2016. Se Pepe the Frog minaccia ora di tornare a imperversare – nella sua forma consolidata o, più probabilmente, con altre declinazioni – con la nuova candidatura di Trump alle prossime elezioni presidenziali statunitensi, questo non ha impedito che il meme, nel frattempo, circolasse attraverso i social assumendo sembianze di volta in volta diverse – ad esempio, nelle proteste di Hong Kong del 2019 raccontate qui – e secondo una storia ricca di diramazioni, molte delle quali censite nella relativa sezione del sito knowyourmeme.com.
Se sul repertorio di Know Your Meme insiste Mattia Salvia, all’interno di un’analisi basata sul concetto di dark timeline (“timeline oscura” o “sbagliata”, ossia la percezione di una sequenza temporale diversa da quella convenzionale, con effetti di passivo-aggressività spesso grotteschi), Guariento rintraccia nella vittoria di Trump «la perversione dell’iperstizione, il momento in cui la libera creatività dell’immaginazione è catturata dalle peggiori passioni della paura e dell’odio, e in cui la magia si trasforma in culto organizzato» (Guariento 2022). Ritornano, nelle parole citate, alcune delle radici storico-culturali dell’iperstizione individuate da Guariento – magia cerimoniale e psicologia delle masse – e si definisce, così, il transito di immagini da un contesto all’altro come un processo graduale di inveramento (simile, tra l’altro, al trattamento dell’ideologia di Mark Fisher in Realismo capitalista e altri testi).
Quanto alle immagini, nello specifico, i riferimenti più certi sono al mesmerismo e, per altri versi, a quell’antenato dei Visual Studies che è l’Atlas warburghiano (cui si è già alluso evocando l’“engramma”) e dunque al magma visivo e teorico che tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento ha definitivamente consolidato l’iperstizione come «sopravvivenza delle tecniche medievali della magia cerimoniale e dell’occultismo settecentesco» (Ibidem). La magia, però, «non è mai stata mainstream» (Ibidem), come ricorda Guariento sulla scorta di Marcel Mauss: cosa spiega, dunque, il fatto che adesso le sue dinamiche siano strutturanti tanto per la memoria quanto per l’immaginario e siano più chiaramente – per quanto non sempre consapevolmente (come sottolinea Guariento, indicando come il suo studio si sia progressivamente distaccato dalla teoria della manipolazione delle masse) – utilizzate come tali?
Una delle ragioni risiede nella pratica pervasiva dello storytelling: se il riferimento adottato in primo luogo da Guariento è un articolo del 2016 dello scrittore Jesse Andrews attinente all’elezione di Trump, è però altrettanto vero che anche la riflessione sullo storytelling ha una lunga storia. In particolare, un momento di grande interesse per lo storytelling, in Italia, si è avuto nel periodo immediatamente precedente all’esplosione della “memecrazia” e identificabile, grossomodo, con la seconda metà degli anni zero e i primi anni dieci – paradosso altresì facilmente spiegabile con la tendenza dei meme a oscurare, appunto, la matrice ideologica e anche quella narrativa dei discorsi e delle pratiche cui sono legati.
Di quella fase, sembra opportuno ricordare l’insistenza sulle “narrazioni tossiche” da parte del collettivo Wu Ming negli articoli affidati alla piattaforma online “Giap”; del resto, l’opera di Wu Ming entra in dialogo con l’argomentazione di Guariento in più di un’occasione, coinvolgendo anche il romanzo L’armata dei sonnambuli (2014) – per il suo intreccio tra fenomeni mesmerici e politici, nel periodo del Terrore giacobino – e il più recente volume di Wu Ming 1, Q di Qomplotto (2021). Se la prima parte del terzo capitolo di Miti, meme, iperstizioni segue abbastanza da vicino le tracce della ricostruzione delle teorie del complotto operata in Q di Qomplotto, il legame con lo storytelling, e in particolare con quel suo doppio ambiguo e spesso trasgressivo che è la narrazione finzionale letteraria, non è per accidente che la seconda parte offre, per quanto a volo d’uccello, l’interpretazione di quattro romanzi ritenuti, a ragione, esemplificativi dello “stile paranoico” in letteratura, come L’incanto del lotto 49 (1965) di Thomas Pynchon, L’accademia dei sogni (2003) di Wiliam Gibson, Regno a venire (2005) di James Ballard e Satin Island (2015) di Tom McCarthy.
Inoltre, rispetto a Wu Ming, Guariento fornisce alcuni spunti per una ulteriore discussione, ad esempio quando mette a confronto quel brodo di coltura (o “manosfera”, visto che si tratta di una rete di comunità online che si fa promotrice, in particolar modo, di convinzioni antifemministe, sessiste e transfobiche) dell’alt-right che è stato 4chan, poi diventato 8chan, con un altro imageboard, per certi versi opposto e speculare, nell’orientamento politico, come Tumblr. Guariento sostiene che tanto il cospirazionismo di marca alt-right quanto istanze più progressiste condividono «l’idea di gerarchia, visualizzabile come doppio cono, o iperboloide […] un sistema di sopraffazione multilivello, alla base del quale si trova il gruppo più oppresso» (Ibidem). Allo stesso tempo
[s]ovrapporre queste due ideologie sarebbe scorretto come equiparare il fascismo con il comunismo. La teoria intersezionale, i gender studies e i race studies non sono equiparabili alle teorie cospirative della manosfera e la stessa idea di una società composta da caste non corrisponde alla sociologia marxista. I concetti di race, class e gender sono vettori dinamici di trasformazione della società che solo un’estrema semplificazione descriverebbe come statici. Al contrario, l’ideologia conservatrice e maschilista che si è diffusa su 4chan è fascista proprio perché immagina un mondo statico e conflittuale nel quale i gruppi sociali sono aprioristicamente determinati (Ibidem).
Così, ad esempio, il cosiddetto #GamerGate del 2014-2015 ha storicamente dato un impulso notevole all’alt-right, esemplificando il tentativo di «difendere una posizione nostalgica e oppressiva nella quale i videogiochi, gli anime, i manga, i film e i romanzi possono e devono contenere stereotipi razziali e di genere, proponendo inoltre un intrattenimento “trasgressivo” libero da codici etici». Si è trattato, in realtà, di un «conflitto tra ideologie» che ha creato «un dibattito pubblico proprio intorno alla natura politica dei contenuti dell’industria dell’intrattenimento» (Ibidem), che si è successivamente riprodotto in molte altre circostanze – spingendo, parallelamente, i circuiti dell’alt-right verso posizioni più chiaramente cospirazioniste.
Nel saggio di Guariento, dunque, emerge il tentativo di non rimanere troppo aderenti a questa contrapposizione ideologica, pur prendendovi attivamente posizione e cercando una via di uscita, per quanto ancora e inevitabilmente immersa in quella «confusione» che è il dato finale del libro. Rovescio della medaglia di una riflessione sulla complessità che pure è necessaria nell’affrontare la memestetica e i suoi addentellati culturali e politici, tale confusione si presta ad essere facilmente «appropriata dal capitalismo»; è inoltre un interregno, secondo una definizione comune a Guariento e Salvia, dove, come recita l’originale teorizzazione gramsciana, «il vecchio muore e il nuovo non può nascere», mentre «si verificano i fenomeni morbosi più svariati».
Una convinta ripresa della teoria intersezionale è uno dei primi passi suggeriti da Guariento – insieme a un pregevole interludio, contenuto nella seconda parte, che si occupa di “politica della cura” come antidoto agli eccessi e gli abusi di quell’economia della reputazione di cui la «macchina dell’hype» (e dei meme) è invece parte integrante – ma la sua mossa critica fondamentale è, in realtà, già contenuta nell’introduzione. Qui Guariento espone il suo approccio dialettico ai temi squadernati del libro, raccontando il proprio graduale passaggio dalla riflessione sulla manipolazione mediatica (peraltro intimamente correlata al cospirazionismo) alla riflessione sull’economia della reputazione, appunto, per approdare infine a una discussione della teoria della complessità.
Il libro si chiude menzionando «i simboli, le immagini, i miti» che circolano ora «in una forma spettrale, ovvero condivisa fra vita e non vita e sparpagliata oltre i confini delle specie, delle classi, dei generi, degli individui e delle nazioni» (Ibidem). Non si può trattare, tuttavia, di nuovi meme della complessità, dalla natura intimamente contraddittoria; può essere forse utile tornare a ragionare in futuro su quest’ultimo punto, accostandovi un’altra menzione della dialettica, ovvero quelle immagini dialettiche, provenienti dall’originale elaborazione benjaminiana, che i meme sembrano avere occultato e spinto ai margini della produzione artistica e della circolazione mediale.
Non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora (Jetzt) in una costellazione. In altre parole: immagine è dialettica nell’immobilità. Poiché, mentre la relazione del presente con il passato è puramente temporale, continua, la relazione tra ciò che è stato e l’ora è dialettica: non è un decorso ma un’immagine discontinua, a salti. Solo le immagini dialettiche sono autentiche immagini (cioè non arcaiche); e il luogo, in cui le si incontra, è il linguaggio (Benjamin 2010).
Scriveva così Benjamin ne I passages di Parigi. Che il libro di Guariento vada letto insieme a un’altra pregevole uscita del 2022 come la traduzione italiana del Dossier Benjamin di Fredric Jameson?
Riferimenti bibliografici
W. Benjamin, I passages di Parigi, Einaudi, Torino 2010.
F. Jameson, Dossier Benjamin, Treccani 2022.
M. Salvia, Interregno. Iconografie del XXI secolo, NOT, Roma 2022.
V. Tanni, Memestetica. Il settembre eterno dell’arte, NOT, Roma 2020.
Wu Ming, Q di Qomplotto, Alegre 2021.
Tommaso Guariento, Miti, meme, iperstizioni, Krill Books, Lecce 2022.