Sulla mensola della libreria bianca nella stanza di uno di noi due campeggiavano diversi Robot. Goldrake era indiscutibilmente il più forte, una sorta di custode dell’infanzia di molti bambini nati a metà degli anni ‘70. Vicino a lui He man, un cubo di Rubik, l’immancabile Crystal ball. L’altra autrice di questo scritto tende più a ricordare le case di Barbie, Gira la moda, il Dolce Forno. Targhettizzazione dei giocattoli che ricalca i generi, o targhettizzazione dei generi come calco del marketing dei giocattoli.

In un certo momento indefinito, alla metà degli anni ‘80, quella fila di giocattoli si trovò ad ospitare una rivoluzione epistemologica. Se prima di allora c’erano stati dei robot, dei super uomini, o le più classiche macchinette con cui tutti abbiamo giocato, ad un certo punto le normali classificazioni, à la Linneo, che organizzavano il favoloso mondo dei giocattoli vengono rovesciate. Come potevi definirlo Optimus Prime? Certo era un Robot. Ma non c’era nessun Actarus alla guida.

I Transformers erano Robot senzienti, inoltre dotati della capacità di trasformarsi. Di cyborg ne conoscevamo da piccoli, ma solitamente erano figure negative, mandate dallo spazio per distruggerci tutti. Fatta eccezione per quel favoloso cyborg che era David Bowie, anche lui proveniente dallo spazio, che ogni tanto passava nei canali televisivi dei genitori e che annunciava un nuovo paradigma visivo.

Questa figura ibrida di giocattolo aveva degli aspetti irresistibili. Con la presenza dei Transformers su quello scaffale della libreria gli equilibri erano cambiati e non si sarebbe mai più tornati indietro. Le cose per interessarti dovevano trasformarsi. Non ci sfugge oggi che negli stessi anni in cui venivano lanciati i primi Transformers, Donna Haraway scriveva il suo manifesto Cyborg. Non c’è nessun rapporto diretto tra questi due eventi, ma stanno lì insieme a segnalare un clima dei tempi, uno «schema motorio», come lo definirebbe la Malabou.

L’idea dei Transformers era già da tempo nell’aria. La Takara li aveva pensati alla fine degli anni ‘70. Poi La Hasbro nel 1984 acquisì la licenza per commercializzare sia la serie di Diaclone, sia i Microman di tipo Micro-Change, fondendo le due linee di giocattoli nella serie Transformers. Micro Man… micro Change. C’era già qualcosa di molto promettente in questi nomi. Dal 2007 ad oggi sul grande schermo si sono alternati ben otto film della serie Transformers. A settembre 2024 è stato presentato l’ultimo capitolo della saga: Transformers One.

Transformers One segue l’epica battaglia tra gli Autobot (i buoni) e i Decepticon (i cattivi) sul pianeta Cybertron, esplorando le origini del conflitto che ha portato alla guerra civile tra le due fazioni. Nei film precedenti li abbiamo visti affrontarsi sul pianeta Terra. Invece Transformers One indaga le loro origini, prima della storia. Il film si concentra su personaggi chiave come Optimus Prime, che emerge come leader degli Autobot, e Megatron, il potente capo dei Decepticon. La trama si sviluppa attraverso una serie di battaglie spettacolari e colpi di scena, rivelando le motivazioni profonde e i tradimenti che hanno alimentato la faida. 

La tematica dell’origine qui è centrale: la fine è l’origine, la fine del mondo dei Transformers è l’inizio della saga e noi possiamo vedere come Orion Pax e D-16 sono diventati i robot conosciuti come Optimus Prime e Megatron. Scopriamo che i due grandi nemici erano inizialmente inseparabili amici. Entrambi lavoratori della miniera, nella quale estraevano l’Energon, l’energia oscura che anima i robot che si trasformano. Ma i due amici, come gli altri minatori non possono trasformarsi. Sembrano semplici robot, una sorta di proletariato adorante il capo. In quanto solo alcuni dei Transformers possono mutare il loro corpo macchinico, solo quelli delle classi sociali più elevate, mentre gli altri invece vengono considerati cittadini di serie B.

Una distopia che viene proposta in modo leggero ma che ricorda da vicino autori come H. G. Wells, Asimov e Philip K. Dick, che fa pensare alla produzione desiderante dell’Anti-Edipo, al macchinico, al pulsionale. Una distopia non troppo lontana da un futuro possibile, se è vero che nelle sue “21 lezioni per il XXI secoloYuval Harari prevede un futuro già presente fatto di miliardari creativi, simili all’homo dei, in grado di prolungare la propria vita tramite correzioni del codice genetico, sostituzioni di organi, potenziamento delle facoltà. E un pubblico di cittadini “utenti”, la cui funzione è stare connessi, consumare e far girare il mercato

I nostri eroi scopriranno nelle alterne vicende del film che “gli ingranaggi”, ciò che consente loro di trasformarsi, sono stati loro rimossi alla nascita dallo stesso Sentinel Prime, facendo emergere una terribile verità, ovvero:  Sentinel, il capo, il padre, la legge, è un traditore, segretamente in accordo con i quintessenziali, terribili alieni che sfruttano le risorse del pianeta. Transformers One ci dice che colonialismo, industrializzazione e capitalismo sono i veri nemici. Ma non si ferma qui. Seguire la trasformazione di D-16 in Megatrone vuole dire comprendere come il male non sta lì fin dall’inizio. È piuttosto qualcosa che si crea storicamente.

La differenza tra i due amici è che “il cattivo” non riesce a superare la caduta dell’amato padre. Per D-16 è insopportabile il tradimento di Sentinel, così come è insuperabile che sia venuto meno “l’accordo simbolico” che reggeva tutto il loro mondo. La delusione per lui si trasformerà in distruzione. “Ci è stato concesso il potere di cambiare il nostro mondo e tu hai scelto di distruggerlo”, dice Optimus Prime dopo averlo sconfitto in una favolosa battaglia. Megatrone ci ricorda molte delle spinte distruttrici che attraversano il nostro tessuto sociale, come effetto di una delusione profonda rispetto alle promesse del mondo nel quale siamo cresciuti e che oggi sembrerebbe essere tramontato.

Come insegna Jack Halberstam, teorico queer, le spinte minoritarie e sovversive della nostra società le puoi cogliere in alcune produzioni apparentemente “secondarie” come i film d’animazione e quelli pensati per le famiglie. Transformers One si presta benissimo a questo gioco nel quale il messaggio politico è occultato dentro una trama da “colossal animato”. Il film è una stimolante riflessione sulla trasformazione. Alcune di esse sono irreversibili e tristi, come quelle che superano la linea tra amico e nemico. Ma sembra dirci anche molto di più, collegando le trasformazioni direttamente al corpo degli auto-bot. Ovvero siamo tutti robot che si auto definiscono. 

“E ora eccoci qui tutti insieme uniti” dice Opstimus in un monologo finale degno di un grande leader politico, “a dimostrare che tutti abbiamo il potere di trasformarci, perché qui la libertà e l’autonomia sono il diritto di tutti gli esseri senzienti, qui tutti sono veramente auto-bot”. E ancora “questo messaggio è un avvertimento a tutti i quintessenziali: se oserete tornare su Cybertron, gli auto-bot vi aspetteranno, io vi aspetterò”.

Se probabilmente gli autori non avevano in mente l’orgone, quando hanno pensato all’Energon, quella forma di energia che permea lo spazio ed è di colore blu (come nel film), che W. Reich, allievo di Freud, ipotizzava fosse una sorta di libido a metà tra la Kunadalini e “la forza” nella tradizione Jedi, non sfugge quanto il diritto ai corpi che si trasformano sia sempre più in cima alle agende politiche.

Così poi capita di vedere l’inauguration day del Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump. I suoi riferimenti al corpo biologico, tanto poco “un destino” da avere bisogno di un decreto per essere stabilito, i tentativi di ridurre “l’eccesso del femminile” minacciato dalle teorie sul genere e quelle immagini del corpo totemizzato di Melanie, il femminile desessualizzato, non possono forse essere lette come la battaglia tra i quintessenziali e gli auto-bot? Cos’altro è la quintessenza se non quell’illusione metafisica di una sostanza che risponda alla domanda sul che cosa è, che blocca il cambiamento su una presunta identità posta a fondamento, che sempre più oggi si propone come una posizione politica reazionaria?

Anche se, in ultima analisi, a vedere quei visi, le espressioni, di quelle foto di famiglia dell’oligarchia turbo capitalistica, ci sembra piuttosto che il riferimento alle identità essenziali sia solo una scusa sotto la quale si maschera una sorta di “Spectre”, di Decepticon, se non un gruppo di mutanti che vengono da Vega. O forse la metafisica occidentale ultimamente sembra sia esplosa in una politicizzazione radicale per cui sempre più vediamo da un lato l’essenza platonica e dall’altro quel fondo oscuro eracliteo che l’ha accompagnata senza mai staccarsene per due millenni e mezzo.

Transformers One. Regia: Josh Cooley; sceneggiatura: Andrew Barrer, Gabriel Ferrari, Steve Desmond, Michael Sherman; interpreti: Chris Hemsworth, Brian Tyree Henry, Scarlett Johansson, Keegan-Michael Key, Jon Hamm, Steve Buscemi, Laurence Fishburne; produzione: Paramount Animation, Hasbro Entertainment, New Republic Pictures, Di Bonaventura Pictures, Bay Films; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Usa; durata: 104’; anno: 2024.

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