Un filo rosso si aggira sull’umanità, è il filo rosso delle passioni che scorre alla velocità di un bit. Già nei titoli di testa è racchiusa la ritmica dei sentimenti che fa di Halt and catch fire una delle serie più appassionanti dell’anno. Siamo giunti alla quarta stagione e siamo negli anni novanta, piena era Clinton, eppure non esiste nessun vezzo da rewind sentimentalista, nessun indicatore musicale che martella pleonasticamente le pulsazioni di un’epoca. Sfrondata da qualsiasi programmatica ghirlanda vintage, Halt and catch fire è pura soap algoritmica, e come Dallas si faceva dolmen degli anni 70, chiudendo i conti con un’estetica e aprendone un’altra, il period-drama ideato da Christopher Cantwell e Christopher C. Rogers si fa ponte di profonda leggerezza, vivificante linea di demarcazione tra gli 80 e i 90.

C’è però in tutto questo una potente riflessione sulla contemporaneità. Ogni storia, flirt o rapporto è interconnesso ad un progetto informatico a cui i protagonisti lavorano, o meglio è la liquidità ultrarapida del web a muovere demiurgicamente i destini di questo teatro umano, una Peyton Place 2.0 che vive, pulsa, ama, lacrima e muore dietro la glacialità della forma digitale.

Una delle scene madri maggiormente esplicative è contenuta nella prima puntata con l’interminabile telefonata tra Joe e Cameron. Tale scena enuclea precisamente uno dei concetti che sta alla base dell’intera stagione, il mettersi in con-tatto e poter-si comunicare sentimenti, rabbie e dispiaceri attraverso media come il web o in questo caso il telefono, medium che separano e avvicinano al tempo stesso. Una ronde notturna e spazialmente distante eppure così emotivamente vicina si polarizza nella telefonata tra Joe e Cameron, un’intimità distante che finirà per ribaltarsi in vicinanza lontana nella puntata 9-10.

“Volevo che funzionasse, volevo che noi funzionassimo… ha funzionato per un po’…” esclama Cameron, legando a doppio filo la relazione di coppia con il progetto Comet, da portare avanti. Tale sequenza stabilisce la perfetta aderenza tra prodotto e sentimento, e si chiude con un totale che è l’esatto capovolgimento del pezzo della telefonata. In una prima parte i personaggi appaiono distanti spazialmente ma collegati dal filo della voce umana (il sistema, la macchina-cuore-cervello), mentre nella seconda parte appaiono vicini ma separati da oggetti all’interno dell’ambiente, spazio che crea una distanza emotiva, il vuoto del cyberspazio di un progetto in crisi si fa vuoto esistenziale.

In Halt and Catch Fire 4, al di là dell’interfaccia umana-nonumana, i protagonisti non risultano solamente dei segni grafici di un progetto informatico, degli stand-up comedian protagonisti di un eterno show algoritmico (come accadeva nel bel biopic di Boyle su Jobs).

Esiste un punto di fuga verso la wilderness, verso una concretezza esperienziale in cui far vibrare i corpi, desiderosi di rimpossessarsi della propria tattilità. Joe siede in un bosco e guardando la natura circostante esclama rivolto a Cameron: “Qui dovremmo costruire una casa”. Quale migliore testimonianza atta a sottolineare il desiderio di rifondare il mito pionieristico e una nuova umanità? Anche il personaggio di Justine (tra i più riusciti comprimari femminili della stagione) con il viaggio ascetico al tempio buddista, stigmatizza pienamente il bisogno di intraprendere una ricerca e ritrovar-si oltre i simulacri della virtualità contemporanea.

Nelle prime due puntate invece emerge una componente antitetica a questa ricerca del mito umano. Se la coppia Cameron-Joe abbiamo visto funziona da binomio costruttivo (almeno nelle intenzioni), Gordon è una monade (auto)distruttiva, capace solo di perseguire una ritualità consumistica lontana da qualsivoglia paradigma di rifondazione mitica e umana. Al suo 40° compleanno Gordon viene utilizzato come pennello-vivente, celebrando un compromesso tra arte e mondanità, e successivamente si pone come vittima sacrificale davanti alla torta che la figlia Haley gli stampa sul volto. Queste azioni svolte da Gordon sono il segno distintivo di un tribalismo new age, un rito senza mito che abita e svuota l’individuo rendendolo a sua volta simulacro.

Halt and Catch Fire, oltre ai temi messi in campo e ai significati sintomatici che vi affiorano, possiede una scrittura complessa e solida nel delineare i personaggi, una pletora di character sfaccettati e potenti, mai semplicisticamente abbassati a monodimensione psicologica e comportamentale. Ad esempio la figura di Donna (ex moglie di Gordon) che in principio possiede il tratteggio cheap da virago carrierista adatto ad una sophisticated comedy contemporanea, assume via via su di sé un’umanità e anche un senso materno (verso le figlie) e di sorellanza (verso Cameron) che modificano sostanzialmente la struttura emotiva ed etica del personaggio. La guerra dei sessi e dei World Wide Web: Donna vs Gordon, Rover vs Comet, lascia il posto ad un tormento ed a una solitudine profonda che abita tanto Donna (la bella sequenza notturna in auto in cui piange al volante canticchiando un refrain della radio) quanto Gordon, specie nel tormentato rapporto con la giovane figlia Haley.

Le figure femminili appaiono quelle più tenaci e capaci di tirare le fila complesse e drammatiche delle vite degli altri e delle proprie, depositarie di una fragilità quasi mai passatista ma con una dose di tenacia che le fa riemergere da un disagio, verso una continua emancipazione lavorativa, umana e di gender. Meno scopertamente di Glow stagione 1 e del meraviglioso Miss Sloane, Halt and Catch Fire si pone come fiero araldo di una femminilità complessa e sofferta, in grado di farsi perno e motore di un delicato passaggio epocale e generazionale.

La teenager Haley (in conflitto paterno come la teen-punk Justine di Glow) è la mente grafico-creativa del progetto Comet, e con la decisione di tagliarsi i capelli (nelle ultime puntate) recide il passato, aprendosi al proprio futuro di donna. Puro atto emancipatorio come elaborazione del lutto patriarcale dopo la scomparsa di Gordon.

Morto Gordon tutto si disfa ma in questo disfarsi di oggetti (il maglione-feticcio recuperato), rapporti e progetti, Donna segna definitivamente il proprio passaggio caratteriale, scavando nelle macerie dei ricordi e ri-lanciando un progetto di lavoro, di vita e di rapporti umani. Donna mette sul piatto del giradischi So far away dei Dire Straits e insieme, tutti uniti, ricominciano, salvando le scatole di una memoria informatica ed emotivamente personale.

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