La crisi ecologica, nel variegato insieme delle sue declinazioni (dall’erosione della biodiversità alla distruzione degli habitat, dalle perturbazioni climatiche all’inquinamento e al sovra-sfruttamento delle risorse), è tutt’intorno a noi, ci avvolge e ci penetra, secondo misure che vanno spesso al di là di ciò che in prima battuta è percepito dai nostri sensi. Iper-oggetto mortoniano, vischioso e non inquadrabile all’interno di coordinate spazio-temporali definite, per la crisi ecologica vale, suggerisce Serenella Iovino nel suo Gli animali di Calvino. Storie dell’Antropocene (Treccani 2023), quel che accade al giovane marito protagonista del racconto di Calvino La formica argentina (1952). Alle prese con l’insetto invasivo, pare inizialmente all’uomo che tutto possa rientrare in una qualche forma di “normalità” governabile, che la formica argentina (“la”, come dice Calvino, sottolineando l’unità impalpabile, una e distribuita, del fenomeno) si possa arginare con i consueti ritrovati della tecnica, magari con gli orpelli e marchingegni del capitano Brauni.

Basta poco, però, perché la realtà del non-umano, e l’intreccio indistricabile tra umani e animali che umani non sono, si manifesti in tutta la sua penetrante onnipresenza: «Seguii le file delle formiche giù per il tronco, e m’accorsi che quel brulicare silenzioso e quasi invisibile continuava per terra, in tutte le direzioni, tra l’erbaccia. Pensavo: come potremo cacciare mai le formiche di casa? Su questo appezzamento di terra – che ieri m’era sembrato tanto piccolo, ma ora guardandolo in rapporto alle formiche m’appariva grandissimo, – si stendeva un velo ininterrotto di quegli insetti». La crisi ecologica, appunto, è ininterrottamente dappertutto, impalpabile e vischiosa come la melassa invano usata nel racconto per contrastare la specie invasiva; “la casa” dei due sposi – e il nostro stesso pianeta come casa –, che in principio riluceva “liscia ed omogenea come un dado”, si rivela “porosa e tutta solcata da fessure e crepe” attraverso le quali il non-umano, vivente e non-vivente, manifesta se stesso.

Gli animali di Calvino. Storie dall’Antropocene di Serenella Iovino è la versione italiana rivista e ampliata del volume Italo Calvino’s Animals: Anthropocene Stories, uscito nel 2021 nella serie “Elements in Environmental Humanities” della Cambridge University Press. L’autrice accompagna il lettore in un viaggio appassionato e lieve attraverso cinque figure animali selezionate tra le moltissime che compaiono in pressoché tutti gli scritti di Calvino: la formica, il gatto, il coniglio, la gallina, il gorilla. Non si tratta, tuttavia, di un bestiario. Come precisa l’autrice, l’idea che muove il libro è che gli animali di Calvino possano fungere da guide per illuminare intrecci, dinamiche materiali, nodi problematici e marginali del nostro presente antropocenico, cioè del tempo vischioso e complesso che stiamo vivendo, l’Antropocene.

È indicativo, infatti, che la parabola produttiva di Calvino, avviata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, corra parallela a quella della cosiddetta Grande Accelerazione, cioè l’incremento esponenziale dell’impatto delle attività umane sul pianeta a partire dalla metà del ventesimo secolo, data in cui numerosi studiosi fissano l’inizio dell’Antropocene. Ancora più indicativo è che, nulla sapendo di ciò che sarebbe accaduto di lì a qualche decennio né tantomeno avendo sentore del nome “Antropocene”, Calvino accosti nei suoi romanzi e racconti i grandi temi che oggi sono al centro delle discussioni di esperti e non-esperti sulla crisi socio-ecologica antropocenica: la speculazione edilizia e l’urbanizzazione crescente, l’invasione di specie alloctone, lo sfruttamento delle risorse del pianeta da parte di fasce minoritarie di popolazione umana a danno della maggioranza, l’inquinamento, lo sfruttamento degli animali non-umani.

Ad esempio, in relazione alla dimensione della città (si veda il racconto La speculazione edilizia, del 1957), Calvino rivela intuizioni preziose, tra urbanizzazione e contrazione della natura “selvaggia”, tanto più se si considera che oggi, nell’Antropocene, qualsiasi strategia di conservazione – sia della biodiversità naturale sia del patrimonio culturale materiale e immateriale – deve fare i conti con lo spazio urbano, “casa” per circa il 75% della popolazione globale. Come recita il cosiddetto pigeon’s paradox, è proprio dagli animali di città che occorre partire, nell’Antropocene, per tentare di recuperare il legame tra gli umani e le altre specie, poiché la fauna urbana è per la gran maggioranza della popolazione mondiale l’unica fauna non-umana a cui essa è verosimilmente esposta nel corso della vita.

Uno dei leit-motiv del volume è, appunto, quello dell’alterità animale, cioè dell’essere “altro” del non-umano animale rispetto all’umano. Ci sono almeno due linee di discorso che, sulla scorta di Calvino, vengono dipanate dall’autrice. Da un lato, ad esempio con riferimento al racconto Il coniglio velenoso (1954), l’analisi delle (troppe) strategie di “alterizzazione” delle specie animali non-umane da parte dell’uomo, allo scopo di renderle mere cose, del tutto “altre” e perciò a disposizione umana. Da qui, l’uso e l’abuso dell’animale in quanto fonte di cibo nella costrizione invivibile degli allevamenti intensivi oppure in quanto “materiale” per analisi scientifiche. Dall’altro lato, è proprio di Calvino l’acuto rilievo di certi esiti paradossali di una decisa antropomorfizzazione dell’animale, cioè del mancato riconoscimento del suo esser “altro” dall’uomo. L’antropomorfizzazione, come ridimensionamento e contrazione della differenza che divide umano e non-umano (si veda, in questo senso, Il gorilla albino, una dei capitoli-racconti di Palomar), diventa cartina di tornasole per le intime contraddizioni dell’Antropocene e anche di molte delle odierne strategie di contrasto alla crisi ecologica, in particolare nella lotta all’erosione progressiva di biodiversità animale.

Sono molti gli spunti che, attraverso lo sguardo di Calvino sull’animale, Serenella Iovino mette in luce nella sua disamina di romanzi e racconti in ottica antropocenica. Tra le intuizioni di rilievo, c’è una piccola riflessione, che l’autrice consegna a una nota al testo (la nota 27), sulla quale vale la pena soffermarsi. Iovino evidenzia come la composizione delle opere iper-realistiche di Calvino (ad esempio, per esplicita precisazione dell’autore, la già citata La formica argentina) vada di pari passo con la composizione delle opere di fantasia, compreso il romanzo di ispirazione cavalleresca (Il barone rampante, il visconte dimezzato ecc.). Lo sguardo indagatore sulla realtà si sposa e si intreccia intimamente con il volo dell’immaginazione fantastica.

Si tratta di una esplorazione multi-genere che risulta intrigante: qual è, infatti, la parola “giusta” o davvero efficace per “dire” l’Antropocene? La narrazione iper-realistica? La fiction? La distopia? Forse tutti questi generi insieme, nell’intreccio delle forme e degli sguardi, come suggerisce Amitav Ghosh già nel classico La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile (2017) e poi in alcune prove più recenti (ad esempio, Jungle nama. Il racconto della giungla, 2021) nelle quali esplora la potenza dell’epica, del meraviglioso, del rapporto testo-figura, dell’immaginifico che rompe le trame semantiche, per dire il tempo di oggi. Anche su questo punto, Calvino possiede uno sguardo acuto – certo senza piena consapevolezza – sul presente. “Testimone inconsapevole” dell’inizio dell’Antropocene, Calvino non ha «dubbi nel denunciare l’insensatezza che sta alla radice di tutto, e lo fa mettendosi dal punto di vista di chi» con l’Antropocene, con la sua (non ancora certificata) identità geologica e con i suoi mille nomi non c’entra nulla, «se non perché ci capita in mezzo: gli animali, appunto» (Iovino 2023, p. 18). È da qui, con profondità e leggerezza, che prendono avvio le delicate storie de Gli animali di Calvino.

Riferimento bibliografici
A. Ghosh, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile, Neri Pozza, Milano 2017.
A. Ghosh, Jungle nama. Il racconto della giungla, Neri Pozza, Milano 2021.
Dunn, M. Gavin, M. Sanchez, J. Solomon, The Pigeon Paradox: Dependence of Global Conservation on Urban Nature, “Conservation biology: the journal of the Society for Conservation Biology”, 20, 1814-6, 2007.
T. Morton, Iperoggetti, Nero editions, Roma 2018.
Padoa-Schioppa E., Antropocene. Una nuova epoca per la Terra, una sfida per l’umanità, il Mulino, Bologna 2021.
Pievani, M. Varotto, Viaggio nell’Italia dell’Antropocene. La geografia visionaria del nostro futuro, Aboca, Sansepolcro 2021.

Serenella Iovino, Gli animali di Calvino. Storie dall’Antropocene, Treccani, Roma 2023.

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