Poco dopo l’inizio di I figli del Fiume Giallo (2018), la protagonista Qiao guarda estasiata un imponente vulcano che si staglia in profondità di campo. «Dicono che la cenere dei vulcani sia la più pura. Qualsiasi cosa sottoposta a quella temperatura diventa pura», sussurra la donna al suo compagno Bin. Una definizione perfetta del cinema di Jia Zhangke che si configura sempre più come coalescenza di elementi naturali e forme rituali, mutazioni antropologiche e sentimenti privati portati a un punto di ebollizione tale da restituire naturalmente una purezza originaria in ogni inquadratura. Ecco che, a partire dall’esordio con Pickpocket (1997), le immagini-fatto di Jia vengono puntualmente riarticolate in forme e supporti diversificati trovando nel corso del tempo le traiettorie narrative più adatte. 

In questo atteggiamento intimamente moderno – posto da qualche parte tra Rossellini, Resnais e il suo maestro Fei Mu – il regista più importante della Sesta Generazione porta avanti con estrema lucidità teorica una complessa riflessione esistenzialista sugli spazi in mutazione. Gli amori perduti da inseguire per tutta la vita (un topos narrativo ricorrente nella sua intera filmografia) strutturano un lungo romanzo intimista che in quasi trent’anni di carriera ha raccontato i mutamenti antropologici, economici, politici e sociali della Cina da economia rurale a colosso economico protagonista della globalizzazione nel XXI secolo. Traumi, ascese e contraddizioni di una fase storica colte in narrazioni digitali eterogenee (tra tracce documentali e ricostruzioni finzionali) e in volti attoriali che spesso ritornano (in particolare la straordinaria Zhao Tao). Immagini che riescono miracolosamente a storicizzare la loro epoca e la nostra esperienza di spettatori: dalla bassa definizione dei primi Duemila all’alta definizione odierna, dai piccoli dispositivi mobili che frammentano gli sguardi sino ai droni che geolocalizzano gli spazi. Una spinta rosselliniana verso il reale che viene puntualmente messa in dialettica con momenti di pura astrazione visiva come l’animazione in 2D di The World (2004), i palazzi in macerie che si librano in Still Life (2006), gli ufo che solcano il cielo in I figli del Fiume Giallo o i robot umanoidi che profilano il nostro sguardo in quest’ultimo film. 

Veniamo al punto. Se I figli del Fiume Giallo è probabilmente la summa più matura di un discorso estetico, questo Generazione romantica ne diventa il controcampo più libero e sperimentale (non a caso i personaggi principali hanno lo stesso nome) portando alle estreme conseguenze la consueta tripartizione temporale delle strutture narrative di Jia Zhangke. Gran parte delle inquadrature di questo film sono state filmate in più di vent’anni e riportate a galla dalle maree (Caught by the Tides, come recita il bellissimo titolo internazionale), in un esibito montaggio sincretico tra differenti formati, definizioni e dispositivi di ripresa. Immagini girate per progetti mai fatti o scene scartate dai montaggi di molti film precedenti che vengono qui risemantizzate in nuovi percorsi umani: il personaggio di Zhao Tao, proprio come nello splendido I Wish I Knew (2010), diventa il medium vivente di una memoria condivisa che non ha più bisogno di parlare per esprimersi. La ritroviamo nell’euforia dei suoi vent’anni a cantare, ballare e struggersi per un addio (nelle immagini di Unknown Pleasures, 2002, ambientato nel nord della Cina); per poi incontrarla nuovamente su un battello che attraversa la valle delle Tre Gole (nella provincia di Hubei, Cina centrale) intenta a scrivere un sms a Bin che è fuggito per cercare fortuna proprio come in Still Life.

Nel frattempo, il paesaggio cinese si trasforma sotto i nostri occhi in un tappeto di tracce sonore eterogenee (radio, Tv, ecc.) che ci raccontano l’entrata della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001, le celebrazioni per l’assegnazione delle Olimpiadi di Pechino, infine la costruzione di immense opere pubbliche (come la diga delle Tre gole) che cancellano le memorie di interi villaggi lasciando al cinema il compito di ri-articolarne le tracce visibili. Un cinema ormai concepito come (ri)montaggio di frammenti, sfondi e ambienti in mutazione ridisegnati in nuove geografie spaziali ed emotive.

Insomma, Generazione romantica è un film-esperienza che ritrova l’epos classico (il viaggio, il dramma, la catarsi) nelle infinite ellissi temporali e nei disaccordi delle sue inquadrature, rintracciando le contraddizioni e le zone d’ombra di un radicale salto di paradigma storico nella quotidianità di personaggi che inseguono solo i loro sentimenti. Come accade a Bin, ormai anziano, che ricompare nel 2022 (a Zhuhai, città della provincia meridionale del Guangdong) pesantemente provato dalla lunga stagione del Covid e dalle immagini virali dei social network che dematerializzano il lavoro. Ed è a questo punto che l’uomo decide di tornare a casa, a Datong, una città ripresa con fulminee inquadrature dronistiche che testimoniano il profondo mutamento urbanistico rispetto a due decenni prima. Ci risiamo: Qiao e Bin si ritrovano nel 2022 in un mondo dominato da crisi economiche e pandemie, dall’intelligenza artificiale e dal flusso di immagini virali su TikTok. Il loro silenzioso riconoscimento reciproco, proprio come quel vulcano che restituisce la più pura delle ceneri, riesce a condensare in un singolo gesto d’amore (in una singola formula del pathos) la loro intera esistenza. Un finale meraviglioso per un film visionario e rigenerante, pensato e girato in più di vent’anni anni senza sapere in che tempo, formato o schermo ci avrebbe nuovamente incontrati come spettatori. Perché per Jia Zhangke il cinema assume (da) sempre le forme imprevedibili della vita nel singolo istante in cui viene mediata da uno sguardo soggettivo sul mondo.

Generazione romantica. Regia: Jia Zhangke; sceneggiatura: Zhangke Jia, Jiahuan Wan; interpreti: Zhao Tao, Changchu Xu, Zhou You, Maotao Hu, Zhubin Li, Pan Jianlin, Zhou Lan; produzione: MK2 Films, Momo Pictures, Xtream Pictures; distribuzione: Tucker Film; origine: Cina; durata: 111’; anno: 2024.

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