Il viaggio è un tema centrale nelle nostre narrazioni e nelle nostre pratiche, che hanno un tale impatto economico, culturale, ambientale da generare dibattiti controversi, apparentemente senza soluzione. Il viaggiatore e il turista fanno davvero la stessa esperienza di un luogo? Il turismo è una risorsa o un problema per le comunità che risiedono nei dintorni di una meta ambita? Per viaggiare ho bisogno di spostarmi o, come cantava soavemente George Harrison, “senza uscire dalla porta posso conoscere le vie del cielo”? In questo dibattito, l’intervento di Rudi Capra non si propone di fare ordine, ma di impostare la questione del viaggio come questione filosofica in senso lato, secondo un approccio che Diego Marconi definisce «inventiva tematica». All’esplorazione del tema, condotta mediante un’ampia convocazione di fonti storiche, filosofiche, letterarie, cinematografiche, l’autore affianca un’esposizione programmaticamente idiosincratica, mettendo in campo la propria esistenza come viaggiatore, il proprio essere-per-il-viaggio, che va a sostanziare un baudelairiano invito all’esperienza geografica.
In una struttura circolare che allude alla circolarità stessa dell’esperienza del viaggiatore, il libro parte da Ulisse e a Ulisse ritorna in conclusione. In apertura, a essere messi in questione sono le interpretazioni contrastanti del mito di Odisseo, da una parte «rassicurante apologia dei valori fondanti della civiltà» (Capra 2024, p. 19), dall’altra racconto dotato di un “cuore oscuro” caratterizzato da inestinguibile irrequietezza o, nei termini dell’autore, da «ormalgia» come «dolore della partenza» (ivi, p. 28), una smania di andare verso nuove mete, «un innamoramento per l’ignoto, una nostalgia per qualcosa che non si è mai fatto, per un posto che non si conosce ancora» (ivi, p. 29). Si disegna fin dalle prime battute, dunque, una tensione tutta narrativa fra epos e telos, fra passato e futuro, fra partenza e ritorno. La radice culturale di questa tensione non ha origine in questa o in quella civiltà, in questa o in quell’epoca; l’autore lo dimostra a più riprese citando miti orientali, di cui è esperto, e ampliando l’orizzonte della ricerca sottolinea la persistenza di questo tratto distintivo dell’umano.
Il viaggio è dunque narrazione senza tempo, sia perché tutte le strutture narrative profonde hanno la forma di un percorso trasformativo-iniziatico, sia perché, oggi come ieri, si viaggia per raccontare, restituire, condividere, oggettivare l’esperienza geografica. Ma da due secoli il viaggio è anche e soprattutto questione di sguardo mediato dall’inquadratura; nella storia umana, la tecnologia fotografica e la pratica turistica si manifestano infatti più o meno nello stesso periodo e, ancora prima della fotografia, i turisti del Grand Tour godevano del paesaggio attraverso la mediazione dei piccoli specchi convessi chiamati “specchi Claude” in riferimento al pittore Claude Lorrain. Il discorso sul turismo è evidentemente decisivo per comprendere se ci è data ancora l’occasione per viaggiare euristicamente o se siamo indotti a un’esperienza algoritmica, priva di aperture. La proposta di Capra è di non farsi trovare mai dove dovremmo essere nello schema degli spostamenti, nella divisione rigida tra lavoro e tempo libero, nella separazione tra spazio della vacanza e spazio della residenza; e dunque evadere dagli schemi, avviandoci in percorsi senza meta, non preordinati, in cui scoprire un altrove che in fondo è ovunque non siamo.
C’è poi spazio per il viaggio da fermi, quello costruito dall’immaginazione spaziale, un potente mezzo sia di evocazione sia di costruzione di luoghi: attraverso l’immaginazione riproduttiva posso tornare dove sono stato, attraverso l’immaginazione generativa posso essere in luoghi che non esistono. Se per immaginazione intendiamo quel livello di «intermediazione originaria […] tra qualcosa che è dato e qualcosa che ha senso», come ci dice Pietro Montani (1999), le arti sono capaci di generare forme immaginative di questo spazio o scarto o intervallo che sta tra il dato e il senso. L’immaginazione cinematografica, cui l’autore dedica una significativa appendice, è spaziale non solo perché colma uno spazio, ma anche e soprattutto perché trasforma il dato spaziale, allestendo il passaggio da un’ontologia primaria (lo spazio del reale, lo spazio della vita) a un’ontologia secondaria (lo spazio inquadrato): ne sono esemplificazioni alcuni esistenti schermici come l’ambiente (spazio dell’azione) e il paesaggio (spazio della contemplazione), ma anche il luogo (spazio della sedimentazione e dell’investimento identitario), il territorio (spazio della normatività, del negoziato, del conflitto) e l’atmosfera (spazio che irradia un sentimento).
Particolarmente interessante risulta, in termini narrativi, la coppia concettuale associazione-dissociazione derivata dalla psicologia generale e dalla programmazione neurolinguistica. Come lo schema appaesamento/spaesamento (nucleo tematico del recente studio di Paolo Furia), anche la relazione associativo-dissociativa rende conto dello spostamento di cui facciamo esperienza ma anche delle principali forme di rappresentazione spaziale: il potere trasformativo del lavoro estetico può infatti indirizzare verso la percezione del “familiare come estraneo” (quello che Vivian Sobchack chiama «alienazione del consueto» nel cinema di fantascienza) oppure verso la percezione dell’estraneo come familiare (sempre in Sobchack, la «neutralizzazione di ciò che è alieno e astratto»). In ultima analisi, Filosofia del viaggio è un testo aperto a rilanci, connessioni, relazioni, ed è un libro sintomatico dell’interesse contemporaneo, multidisciplinare e multiprospettico, per la spazialità e le sue numerose declinazioni e modi d’esistenza.
Riferimenti bibliografici
P. Furia, Spaesamento. Esperienza estetico-geografica, Meltemi, Milano 2023.
P. Montani, L’immaginazione narrativa. Il racconto del cinema oltre i confini dello spazio narrativo, Guerini, Milano 1999.
V. Sobchack, Spazio e tempo nel cinema di fantascienza. Filosofia di un genere hollywoodiano, Bononia University Press, Bologna 2002.
Rudi Capra, Filosofia del viaggio. Modi, tempi, spazi, sensi del viaggiare, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2024.