Quando parliamo di caso e di fortuna nella nostra vita quotidiana parliamo di qualcosa di non prevedibile il cui accadere orienta in una direzione felice la nostra esistenza. La fortuna predispone alla commedia. Si contrappone dunque alla forma di vita che elude il caso, cioè la vita controllata. La vita che concerne il controllo di se stessi e degli altri e deve eludere la casualità e l’imprevisto. Se nella commedia l’imprevisto diventa equivoco e ci fa ridere, nelle strutture tragico-melodrammatiche l’imprevisto è l’intoppo, il contrattempo che va espunto.

Nel bel film di Woody Allen, Coup de Chance, ogni personaggio rappresenta un punto di vista diverso rispetto alla vita e al suo accadere. Fanny è la bella moglie di Jean, sposato dopo un matrimonio improbabile e fallito. Jean è un uomo molto ricco, il cui lavoro non è molto chiaro, dice solo che fa fare “soldi a chi già ce ne ha, cioè ai ricchi”.

Fanny incontra per le strade di Parigi Alain, un compagno di liceo che l’aveva sempre amata e corteggiata. I due iniziano una relazione. Ed entriamo in una commedia romantica, dove l’amore sostituisce il denaro. I due pranzano insieme con un panino nei giardini parigini, fanno l’amore nell’appartamento piccolo ma bello di Alain. E poi Alain è uno scrittore, sta scrivendo un romanzo le cui pagine Fanny legge. Il mito romantico è completo.

La commedia romantica è sempre avviata dalla casualità degli incontri, che solo in quanto tali garantiscono la verità di un amore inconciliabile con un esplicito atto di intenzionalità o di seduzione. C’è qualcosa che accade alla quale i personaggi devono corrispondere. Per Jean Fanny invece è  “un trofeo” che usa strumentalmente, la porta in giro per party, nella noiosa casa di campagna dove insieme ad amici va a caccia, lasciandola a casa a leggere.

Quando Jean percepisce lo strano comportamento di Fanny, che non è sempre lì dove lui si aspetta che sia, cioè reperibile al lavoro, la fa seguire da un detective che scoprirà la relazione clandestina. Jean come tutti i personaggi maniaco-ossessivi del melodramma teme solo la non controllabilità delle cose, cioè l’emergere del caso in una vita costruita come progetto, anche criminale. Come era accaduto anni prima col suo socio in affari, fatto uccidere da Jean, ma ufficialmente dato per scomparso. Da quella morte Jean ne aveva ricavato grande vantaggio economico. Farà così anche con Alain, dando incarico a due criminali di ucciderlo e far scomparire il corpo. Fanny crederà che Alain l’ha improvvisamente lasciata, spaventato dal crescere della loro storia.

Tra il romanticismo di chi sa accogliere il caso, e la programmazione paranoica di chi lo vuole espungere per poter fare della vita un progetto necessariamente vincente, non c’è rapporto. La prima è una bella illusa, il secondo un cinico calcolatore e manipolatore. A determinare un punto di mediazione, per rimettere in moto l’intreccio, sarà la madre della ragazza, ospite dei due nella bella e grande casa parigina.

Aggiornata dalla figlia sulla situazione, la madre crede alla ipotesi più probabile: Alain ha semplicemente lasciato Fanny. Questa credenza condivisa tra figlia e madre si incrina quando quest’ultima viene a sapere della scomparsa anni prima del socio di Jean. Il dubbio si insinua, la sospettosità cresce. La madre indagando scopre la verità, ma non ha una prova decisiva. Che troverà invece Fanny, tornando nell’appartamento di Alain e scoprendo in un cassetto nascosto il dattiloscritto del romanzo (avevamo appreso che Alain non usava il computer). Alain non se ne sarebbe mai andato lasciando lì la sua opera.

Il dubbio si fa dunque certezza, la stessa che ha Jean quando viene avvisato dal detective di una strana visita ricevuta dalla madre di Fanny. La situazione sta nuovamente sfuggendo al controllo di Jean. Che decide di uccidere anche la donna, facendo passare la morte per un incidente di caccia. Un’organizzazione presunta capillare mascherata da casualità (la donna uccisa perché scambiata per un cervo). Ma al momento decisivo, nel bosco, uno sparo arriva, ma sarà quello di altri cacciatori che scambieranno per un cervo, uccidendolo, lo stesso Jean.

In Coup de Chance ruotano, come spesso in Woody Allen, sotto la forma commedia diverse forme e registri generici (dall’ossessione melodrammatica all’indagine del detective movie), perché i generi sono capaci di tradurre i sentimenti di fondo che segnano il nostro rapporto con la vita. E tra questi sentimenti il più importante è quello che mette in gioco la commedia (che in Allen è stata sempre il genere dominante). Il sentimento cioè che la vita, qualsiasi cosa essa sia, non è solo qualcosa che sfugge sempre al nostro controllo (e per questo spesso ne ridiamo), ma è qualcosa che se vuol predisporsi alla felicità deve rinunciare strutturalmente a questo controllo.

La commedia ci dice sempre che la felicità di ciò che accade e della nostra stessa vita è conseguenza dell’imprevedibilità degli incontri che l’attraversano, che la sottraggono al suo destino segnato e programmato. Allen anche in questo film ce lo dice con limpida e divertente maestria.

Coup de Chance. Regia: Woody Allen; sceneggiatura: Woody Allen; fotografia: Vittorio Storaro; montaggio: Alisa Lepselter; interpreti: Lou de Laâge, Valérie Lemercier, Melvil Poupaud, Niels Schneider, Sara Martins; produzione: Dippermouth; distribuzione: Lucky Red; origine: Francia, Regno Unito; durata: 93′; anno: 2023.

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