L’ordine con il quale un evento accade non è mai il medesimo con il quale quello stesso evento viene raccontato. Per far sì che ci sia una simmetria totale tra un’esperienza e la sua restituzione sotto forma di una narrazione (in parole o in immagini), occorrerebbe che tutte le condizioni che hanno condotto alla realizzazione di quella determinata circostanza possano, assurdamente, tornare al loro stato originale, cioè all’esatta configurazione che esse formavano un attimo prima che il fatto accadesse. Non solo, anche alla configurazione che le aveva portate a quello stato e a quello ancora precedente in una sorta di processo di regressione infinita che non trova mai il suo punto di arresto. Come l’ascolto della parola eraclitea lascia permanere in un’eco che insiste ancora oggi nella sua potenza (e nonostante la disponibilità della tecnologia a replicare questo mondo con un altro), tornare indietro non è possibile. Non è possibile perché, nel frattempo, tutto continua a esistere, a prescindere dai nostri auspici, dalle nostre emozioni e dalle nostre sensazioni. Dalla confidenza con la quale ci confessiamo a un altro o a un’altra.
Affidarsi alla ricostruzione di un ordine, tuttavia, continua a essere la nostra irrinunciabile consolazione, soprattutto quando le esistenze si scontrano con le forze radicali dell’amore e della paura. Non della paura di amare, bensì della consapevolezza di fronte alla quale ci si trova quando si comprende che non si può vivere sia amando, sia avendo paura. Bisogna, per forza, operare una scelta tra un gesto o l’altro: se si amerà non si potrà avere paura, ma se si avrà paura non si potrà amare (come anche David Foster Wallace aveva logicamente annunciato in Caro vecchio neon). Pietro Vella (Elio Germano) – protagonista di Confidenza (2024), il film di Daniele Luchetti tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone (2019) – tenta di proseguire, contemporaneamente, sulla via di entrambi, dimenticando così la linea di demarcazione che lui stesso aveva tracciato su una lavagna, a separare i due termini, nel corso di una lezione in un liceo di provincia, sotto lo sguardo attento di una delle sue allieve, Teresa Quadraro (Federica Rossellini).
Il modo in cui Luchetti, insieme a Francesco Piccolo, riordina gli eventi narrati nella resa cinematografica potenziandone la profondità, si riflette anche sulla scelta di invertire la linea temporale del romanzo, anticipando nell’incipit del film l’evento che condurrà alla risoluzione definitiva del rapporto che lega tutti i personaggi implicati nel racconto. Si tratta dell’ostinazione della figlia di Pietro (Emma, Pilar Fogliati) a richiedere un’onorificenza per il padre che, come professore liceale, ha contribuito alla progressione di un dibattito critico intorno ai metodi dell’insegnamento scolastico attraverso la pubblicazione delle sue teorie sulla pedagogia affettiva. Sarà, infatti, proprio questa richiesta – che avrà buon esito – a condurre di nuovo Pietro di fronte, e per l’ultima volta, all’evidenza del fatto che amore e paura non possono appaiarsi nell’esistenza di una stessa persona.
Nel corso della lezione sull’amore e sulla paura, dietro lo stimolo posto da Vella che incalzava studentesse e studenti a rispondere alla domanda “Cosa pensate voi davvero quando dite di amare”, Teresa aveva scritto su un foglietto che l’amore non poteva essere tale se legato alla sopraffazione, trasmettendo così implicitamente anche un messaggio al suo insegnante del quale le sembra di captare un interesse che esula da un semplice rapporto scolastico. Passeranno due anni e i due si ritroveranno amanti, fidanzati, conviventi, ma non è il rapporto d’amore tra una studentessa e il suo insegnante a essere oggetto di particolare interesse – né nel romanzo di Starnone, né nel film di Luchetti –, piuttosto la necessità di ripensare il legame d’amore in termini archetipici, come qualcosa che, appunto, lega ma, allo stesso tempo, distrugge, così come potrebbe fare un rapporto basato sulla paura. Particolarmente significativo per la comprensione dell’immaginario costruito dal film è il fatto che, nel corso di un’altra lezione, Vella chiede a Quadraro di parlargli della poena cullei, la pena del sacco che, secondo il diritto romano, costringeva i parricidi a essere rinchiusi in un sacco di cuoio insieme a un gallo, a una vipera, a una scimmia e a un cane, quasi ad anticipare il senso di una distruzione a catena che legherà i due in un medesimo destino, per sempre, di lì a poco.
Qualche anno dopo, per riconciliarsi dopo un litigio, Teresa proporrà a Pietro di confessarsi reciprocamente qualcosa che non hanno mai detto a nessuno, un segreto che, se fosse rivelato, avrebbe avuto il potere di distruggere la vita di chi lo ha pronunciato. Soltanto così, incalza Teresa, potranno dire di conoscersi davvero per quello che sono. Esprimendo la sua reticenza, Pietro ribatte che non è una buona idea, che le parole che si scambieranno potranno avere l’effetto di allontanarli e distruggerli ma, subito dopo aver ascoltato la confidenza di Teresa, decide di ricambiarne la fiducia. Quando la confessione è terminata, la donna appare scossa, gli dice che, effettivamente, se quanto le ha detto si sapesse, la sua vita subirebbe una radicale rivoluzione. La sequenza successiva mostra l’uomo che, da solo, scopre gli armadi vuoti che lei ha lasciato, lasciando anche lui. Teresa smette di essere la sua amante per diventare l’idolo da temere. Se, fino a prima del gioco, Pietro aveva mantenuto saldo il suo ruolo di uomo istitutivo rispetto all’elargizione di precetti funzionali ad accompagnare studenti, studentesse e, soprattutto, Teresa a portare a parola le propensioni che gli sembra di scorgere in loro, la trasmissione del segreto comporta effettivamente un ribaltamento dei ruoli: la sottomissione di Pietro a Teresa attraverso un’ingiunzione all’obbedienza poiché, come gli dirà esplicitamente, se si comporterà male, sarà lei a dire a tutti cosa conserva il suo passato.
Se Pietro, come gli ricorda Teresa, l’ha obbligata a essere brava perché, oltre al bene e all’amore per la sua materia, ha aggiunto anche un po’ di amore per lei, ora passa alla donna il compito di guidare l’uomo a condurre un’esistenza che possa dirsi retta nel rispetto del lavoro, del legame che lo ha unito in matrimonio a Nadia (Vittoria Puccini), della responsabilità che gli impone il fatto di essere padre di Emma. Quanto Teresa intende fare è mostrare a Pietro che ha compreso fino in fondo le parole di un insegnante che è tale perché “lascia il segno” e perché “lascia liberi”, peccando spesso per il fatto di non riconoscere quanto possano essere (o essere state) vincolanti alcune delle sue parole. La regia di Luchetti insiste spesso sulla duplice corporeità di Pietro che, nell’ottima interpretazione di Germano, restituisce l’ambiguità di un uomo che sopravvive al timore di perdere la posizione che occupa all’interno di un sistema di affetti che è sbilanciato, carente, sfilacciato.
Come già in Lacci (2020, altro adattamento di Luchetti del romanzo omonimo di Starnone), il contributo di Piccolo alla sceneggiatura definisce le caratteristiche essenziali di un modello maschile che decostruisce la propria identità ingaggiando un confronto continuo con donne che ne mettono in questione la presunta solidità. Come Starnone dichiara in un’intervista con Christian Raimo, «Pietro quando dice “io” non sa di cosa parla, teme di non essere riuscito a portare alla luce niente di sé stesso che sia vero, anche se ha coperto un ruolo di qualche prestigio» (Starnone, Raimo 2020). Questo aspetto emerge, ad esempio, dal fatto che, con il passare degli anni, Pietro rimetterà a Teresa la salvaguardia della sua vita, senza assumere mai su di sé una vera responsabilità. I due si ritroveranno sempre più stretti e soffocati all’interno del comune sacco in cui nascondono i rispettivi segreti con l’amore – più di lei che di lui – e con la paura – più di lui che di lei – che uno possa tradire l’altra, o viceversa, ora che lui è diventato una stimata voce del milieu culturale italiano e lei insegna al Mit di Boston. Si incontrano a Torino (nel romanzo, a Milano), subito dopo la presentazione del libro di lui, e di nuovo discutono del segreto, delle raccomandazioni che Pietro, nel corso degli anni, non ha mancato di trasmettere a Teresa nelle lettere che le ha spedito, mentre lei evitava sempre di rassicurarlo sul suo riserbo. Per una congiunta rassicurazione, nella stessa sera, stringono un “matrimonio etico” che dovrebbe funzionare nel timore dell’annientamento reciproco.
Pietro continua silenziosamente a uccidere Teresa attraverso l’esercizio di un pensiero che diventa la proiezione visibile e onirica di un macabro epilogo che coinvolge entrambi poiché, alla proiezione di morte della donna, non può che seguire anche la sua fine. Nello stesso scenario in cui la realtà si sovrappone al sogno e all’immaginazione, anche lui, allora, non mancherà di portare materialmente il suo corpo sul punto più alto che riesca a raggiungere per immaginare, infine, di precipitare giù e perdere, da solo e per sua stessa volontà, quanto Teresa minaccia di sottrargli. L’idolo Teresa è tutti gli animali del sacco per Pietro che, d’altra parte, non smette di essere il padre da cui deve emanciparsi. Il sottotesto simbolico-animale del film si completa con un corvo che annuncia il disfacimento dell’ordine in un parricidio a due fasi, se si considera che è proprio la figlia di Vella a riportare Teresa nella vita del padre, riproducendo un meccanismo triangolare che era stato lo stesso Pietro a sancire quando aveva confessato nel suo orecchio di bambina, come aveva fatto con Teresa, il suo segreto.
Potenziando enormemente la resa possibile della parola letteraria, le inquadrature strette sui volti conducono a riflettere sul fatto che, nella vita, non si debba mai auspicare ad avere una conoscenza totale dell’altro nella misura in cui, se questo accadesse, allora sarebbe anche motivo di allontanamento perché ciascuna esistenza ha le sue colpe che non si possono condividere. Ci sono due scene che, insieme, rendono il senso di quanto appena detto. Prima scena. Quando Teresa, studentessa universitaria, inizia la relazione con Pietro e si trasferisce a casa sua, trova nel frigo un piatto con due mezzi limoni infiacchiti dalle macchie di una muffa verde, bianca e infestante. Prende il piatto e lo depone davanti a lei, mentre studia. Seconda scena. Mentre Pietro abbandona il Palazzo del Quirinale, decine di limoni gialli rotolano attorno al suo corpo, accompagnando l’uomo in un passo che lo porta ad attraversare i ricordi visibili dei luoghi che ha abitato e frequentato con Teresa, fino a incappare in uno scatolone abbastanza grande da potercisi chiudere all’interno.
Luchetti sceglie il limone – il pomo d’oro contrapposto al pomo rosso che è promessa di conoscenza e contravvenzione di un ordine – come simbolo eletto a sancire la fine del legame tra i due: Pietro sceglie di sigillarsi in un sacco di carta per uscire dal sacco di cuoio condiviso con Teresa, percorrendo un tragitto di segno inverso rispetto all’uscita che, dall’utero carnale, lo aveva portato alla vita. Un parto al contrario per ritornare uno: si completa, infine, il senso di una confidenza che, dal marciume delle parole, ritorna alla gialla innocenza dei frutti caduti. E così si conserva anche un segreto che resterà, inaudibile e inaudito, nella rivelazione protetta dall’insieme di voci confuse che corredano l’ultima parte dei titoli di coda.
Riferimenti bibliografici
F. Piccolo, L’animale che mi porto dentro, Einaudi, Torino 2018.
D. Starnone, Lacci, Einaudi, Torino 2014.
Id., Confidenza, Einaudi, Torino 2019.
D. Starnone, C. Raimo, Senza Pietà, Il Tascabile, 17 gennaio 2020.
D. F. Wallace, Oblio, Einaudi, Torino 2004.
Confidenza. Regia: Daniele Luchetti; sceneggiatura: Daniele Luchetti, Francesco Piccolo; fotografia: Ivan Casalgrandi; Montaggio: Aël Dallier Vega; musiche Thom Yorke; interpreti e personaggi: Elio Germano, Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Pilar Fogliati, Isabella Ferrari, Elena Arvigo, Giordano De Plano; produzione: Indiana Production, Vision Distribution, Ministero della Cultura (MiC), Film Commission Torino-Piemonte; distribuzione: Vision distribution; origine: Italia; durata: 131’; anno: 2024.