Le ontologie della tradizione occidentale in fondo sono due, identificabili con Aristotele e Platone. Se con il primo sono in gioco soprattutto le forme della prassi, con le sue traduzioni estetiche (la mìmesis attuata dall’opera) e le sue valenze etiche e politiche, con il secondo è in gioco il momento contemplativo, di cura di sé, il momento mistico – come pensava Simone Weil – della condizione umana. Gli intrecci e i passaggi tra le due ontologie possono essere diversi e continui, fino talvolta a divenire due modi di una stessa ontologia. Hannah Arendt ha tematizzato dapprima la vita activa – attraverso Aristotele – , per poi arrivare alla ‭«passione del pensare» in La vita della mente, attraverso soprattutto Platone, e il dialogo senza voce ‭«tra me e me stesso» (2009, p. 280).

Ora, una figura come quella di Roland Barthes ritrova la sua straordinarietà nell’essere giunto a curarsi di una condizione contemplativa e in parte solitaria dell’esistenza, identificandola come quella più vera, senza rinunciare alla presenza dell’“altro”, sia come soggetto (nell’amore per esempio) sia come opera (nella letteratura e nel romanzo).

Questo emerge con intensità nei seminari tenuti al Collège de France a partire dal 1976 (fino alla morte avvenuta nel 1980), tradotti in Italia da Mimesis. L’ultima di queste traduzioni, Come vivere insieme, ha qualcosa di straordinario. In gioco c’è la ricerca di una condizione in cui vivere con gli altri contempli insieme alla prossimità del “con” anche una certa distanza. La condizione che identifica un al di là sia della vita solitaria (‭«Monosis: vita solitaria», 2024, p. 61) sia della vita in comune (‭«Koinobiosis: vita in comune di modello conventuale», ibidem).

Tra l’eremitismo e il cenobitismo c’è l’idiorritmia: «Idiorritmici = raggruppamento poco numeroso  e flessibile di alcuni soggetti che tentano di vivere insieme (non lontano gli uni dagli altri, conservando ciascuno il suo rhutmos» (ivi, pp. 96-97). E il rhutmos è «il ritmo che ammette un più o un meno, un’imperfezione, un supplemento, una mancanza, un idios» (ivi, pp. 86-87).

Una vita idiorritimica è una vita in cui l’accordo tra coloro che condividono uno spazio è un accordo libero, non gerarchicamente condizionato, non è animato da una «pratica prevaricatrice ma cooperativa» (ivi, p. 71). Il gruppo idiorritmico sta insieme senza vero telos, per il piacere di stare insieme, costruisce la «socialità come fine in sé» (ivi, p. 102).

Di fatto (e lo sappiamo anche da Simmel) la socialità è il momento puramente ludico della vita sociale svincolata da strutture, posizioni fisse, gerarchie. È la dimensione estetica, e dunque libera, della vita insieme, dove la relazione, affidata eminentemente alla conversazione (il dialogo, in quanto tematico, avrebbe un telos: perlomeno nell’ambizione di costruire, come pensa l’ermeneutica, un accordo). È nella conversazione che si istitusice lo spazio di una prossimità distante.

Ma il momento originale di questa “cura di sé” – per riprendere il lessico di Foucault – è immaginare una forma di vita in cui è possibile ritrovare l’Uno nella forma più alta. E qual è la forma più alta? Non quella dell’Uno solo, né quella dell’Uno risolto simbioticamente nel Due, o addirittura diviso nel Due (come nel matrimonio), ma quella dell’Uno composto: «Non è tanto l’Uno e il Due che bisogna opporre, miticamente. È, invece, l’Uno composto e l’Uno diviso» (ivi, p. 165).

L’accesso a questo Uno composto, che passa per la condivisione di una forma libera di vita in uno spazio comune, libera da finalità d’uso, trova nella letteratura e nel romanzo il suo grande campo di elezione. Ed in questo Barthes mostra la grande originalità del suo discorso, sapendo traghettare la prospettiva aristotelica della mìmesi dell’azione in quella platonica della cura di sé: «Vi è, in quasi tutti i romanzi, un materiale sparso concernente il Vivere-Insieme (o il Vivere-Solo)» (ivi, p. 56). E tra i romanzi di cui Barthes tiene conto ci sono Robinson Crusoe e La montagna incantata, dove lo spazio circoscritto determina le condizioni per una possibile costruzione di vita idiorritmica.

Ma la questione del rapporto con la letteratura sembra più radicale e concerne in generale lo statuto della scrittura letteraria, sia per quanto riguarda le forme espressive che le pratiche di lettura. In gioco nella scrittura letteraria ci sono gli effetti contemplativi ed etici delle forme estetiche e mimetiche, anche molto complesse come quelle del romanzo.

Nei suoi seminari sul romanzo, Barthes dà molto spazio agli haiku, dove la brevità del componimento poetico sembra portare altrove rispetto al racconto delle inquietudini individuali e sociali, di cui il romanzo in quanto macro genere in rapporto con il presente incompiuto (Bachtin 2001) si dovrebbe far carico. Questo cuore poetico e contemplativo – diciamo per sintesi “giapponese” – è quello che attrae Barthes, verso cui sembra orientata in generale la sua scrittura post-strutturalista. La «nuance», la «Notazione», la singolarità evenemenziale che l’haiku porta ad espressione (così come anche la fotografia), le troviamo anche nel grande romanzo, nelle «epifanie» e nelle «quiddità» di Joyce o nelle «aggiunte» e nei «momenti di verità» di Proust (Barthes 2015, p. 219; p. 224).

Questo momento contemplativo e “ascetico” accompagna comunque la lettura in genere, che diviene una «forma di saggezza», una «”via” nel senso iniziatico del termine. […] La lettura è allora prescritta o raccomandata come un esercizio (“ascesi”) che deve essere compiuto con regolarità» (Barthes 1998, pp. 263-264).

In questo senso radicale, la letteratura e l’opera in genere, con le loro istanze mimetiche, identificano una dimensione estetica capace di traghettarsi, attraverso l’esercizio della lettura e le pratiche di interpretazione, verso una dimensione etica, una cura di sé in cui il soggetto è capace di vivere insieme agli altri (uomini e opere) in forma idiorritmica, dunque libera in quanto sottratta ai dispositivi di potere e alle logiche della gerarchia. La letteratura, in definitiva e primariamente, è un esercizio e una pratica irrinunciabile di libertà.

Riferimenti bibliografici
H. Arendt, La vita della mente, Il Mulino, Bologna 2009.
M. Bachtin, Estetica e romanzo, Einaudi, Torino 2001.
R. Barthes, Scritti, Einaudi, Torino 1998.
Id., La préparation du roman, Seuil, Paris 2015.

Roland Barthes, Come vivere insieme. Corso e seminario al Collège de France, Mimesis, Milano-Udine 2024.

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