
Woody Allen in Manhattan colloca «le incredibili mele e pere dipinte da Cézanne» tra le dieci ragioni per cui vale la pena vivere. Le sue ragioni sono condivise da molti. Non solo da studiosi, ma anche da artisti coevi al pittore di Aix-en-Provence come Monet, «Cézanne è il più grande di tutti noi»; o contemporanei, come testimonia il bel catalogo che accompagna la mostra che si è appena aperta all’Art Institute di Chicago (a cura di Achim Borchardt-Hume, Gloria Groom, Caitlin Haskell, Natalia Sidlina), che include anche testimonianze sul pittore di artisti d’oggi. La mostra ripercorre tutta l’attività dell’artista francese. E colpisce immediatamente perché attraversando generi e periodi della pittura di Cézanne, ne fa emergere tutta la forza ed originalità, che eccede il carattere tradizionale di temi e soggetti, tutti fortemente codificati: dalle nature morte ai ritratti ai paesaggi.
Da dove procede tale forza? E il fascino misterioso che appartiene a tale pittura nutrita fortemente di altra pittura e non solo della presenza di modelli e natura? Esemplare il suo Louveciennes del 1872, dove il paesaggio raffigurato copia quello del quadro di Pissarro del 1871, espungendone gli elementi più impressionisti. Rilke ci dice in una delle sue Lettere su Cézanne: «Le parole, che si sentono così frustrate nel tradurre dati pittorici, ritroverebbero di buon grado se stesse tramite il soggetto rappresentato, con il quale inizia il proprio dominio, e descriverebbero quello che c’è» (Rilke 2001, p. 92).
Dunque la parola prova a dominare il quadro attraverso la descrizione del soggetto. Ma questo preteso dominio per Cézanne serve a poco. Tutto sfugge e si ritrae in una sorta di stupefazione enigmatica. Il tratto materico della pittura, le densità delle pennellate, le linee non allineate di oggetti e spazi trasformano anche il più semplice dei contenuti – come una natura morta – nell’intensità di una sensazione composta. La sensazione supera il livello percettivo, la superficie dell’impressione, la potenza simbolica del segno, e definisce una sorta di “accordo” delle forme del mondo. Esprimere la sensazione significa tirare fuori dalle cose e dall’uomo il loro accordo profondo, il loro comune carattere volumetrico e tattile, che emerge attraverso il disaccordo delle linee, la disarmonia e gli slittamenti di prospettiva, il lavoro sul colore più vicino all’estrazione che alla riproduzione.
Setacciare il percepito attraverso il geometrico del “cilindro, la sfera e il cono” non significa altro che trovare misura e peso comune a tutte le cose umane e non umane, animate e non. Colpiscono per potenza ed enigma i due ritratti della moglie, La signora Cézanne in una poltrona rossa (1877) e La signora Cézanne in una poltrona gialla (1888-1890). Fanno parte di quelle che potremmo definire le “figure sole” di Cézanne (in mostra, tra le altre, le splendide figure del Bagnante, Fumatore di pipa e Il Negro Scipione) collocate su sfondi che, annullando ogni prospettiva, restituiscono attraverso la composizione il senso di una solitudine profonda, accompagnata da stanchezza ed elusione. Tutte in ogni caso caratterizzate da una sorta di assenza ontologica. La forma, segnata dal miracoloso equilibro del colore, compone tale assenza.
Rilke, in un’altra delle sue lettere, dedicata alla signora nella “poltrona rossa” commenta: «È come se ogni punto sapesse di tutti gli altri. Tanta è la sua partecipazione; tanto si sviluppano in esso adattamento e rifiuto; tanto provvede, ciascuno a suo modo, all’equilibrio e lo produce: proprio come l’intero quadro, in fondo, tiene in equilibrio la realtà» (ivi, p. 90). E quando arriviamo alla “poltrona gialla” sarà Rudolf Arnheim a ritrovare secondo una prospettiva distinta lo stesso grande equilibrio:
Spalle e braccia formano un ovale attorno alla parte mediana della composizione […] i rettangoli del fondo accentuano l’orizzontale con più forza di quanto il quadro accentui la verticale. […] I tre piani principali del dipinto (parete, sedia, figura) si sovrappongono con un movimento dall’estrema sinistra verso destra […]. Le mani, benché spinte in avanti, si neutralizzano a vicenda allacciandosi (Arnheim 2005, pp. 52-54).
Dunque, questo radicale composto fa accedere l’impressione al “solido e al duraturo” della sensazione, a cui ambiva lo stesso Cézanne. E’ la sensazione che si compone, si “organizza”. E nella “poltrona gialla” questa sensazione si fa più composta, attraverso la riduzione e la maggior omogeneità dei colori e anche degli abiti: la gonna a strisce colorate e il fiocco sulla giacca grigio blu della “poltrona rossa” diventano il monocromo vestito rosso della “poltrona gialla” ecc. Ma questo maggiore equilibrio è accompagnato dal tratto più sfuggente dello sguardo di Madame Cézanne: gli occhi aperti, lo sguardo più frontale della “poltrona rossa”, si trasformano nell’enigmaticità dello sguardo obliquo, fuori campo, della “poltrona gialla”. Assenza e sfuggevolezza aumentano, così come l’enigma della donna.
Deleuze individuava due modi di superare la figurazione, uno caratterizzato dall’astrazione, l’altro dalla Figura. Quest’ultimo rappresentato proprio da Cézanne (Deleuze 2008, p. 85). Se le figure sole si sostengono attraverso una sensazione composta, in cui l’equilibrio porta con sé anche isolamento (e saranno anche le figure sole di Bacon), diversa è la situazione delle “molte figure” che appaiono non più negli spazi chiusi ma in quelli aperti, nella natura.
Emerge tra tutte il meraviglioso Le grandi bagnanti, tema su cui Cézanne si è esercitato per più anni e su più opere, costruendo dei veri e propri cicli. Ma ciò che colpisce nel moltiplicarsi delle figure è il passaggio dalla solitudine chiusa della figura singola alla gioia condivisa della nudità di corpi distesi e sciolti nella natura, tra alberi e acqua. Qui i corpi femminili (ma vale anche al maschile per I bagnanti), senza la tensione che si sviluppa nell’accostamento all’altro sesso, sembrano giocare tra loro e farsi loro stessi natura, con i capelli che diventano fiori ed erba. Viene ad espressione una sorta di felicità edenica in un gioco che mette in accordo corpi e natura.
Tra l’uno e i molti c’è il due. Oltre il singolo e la molteplicità ci sono le coppie, che non possono che essere la sede di un agon, come emerge nei quadri La battaglia dell’amore (1879-80) e Pomeriggio a Napoli (1876-77). Il maschile e il femminile si affrontano in un corpo a corpo in cui la relazione prende la forma di un duale, di una lotta: schiene che si inarcano, spalle che si flettono, orizzontalità dei corpi accompagnata dalla promessa di accoppiamenti.
E, oltre all’umano, c’è il divenire Figura − cioè “sensazione organizzata” − del paesaggio stesso. E qui troviamo la serie dei Mont Saint Victoire, tra cui emerge La montagna Sainte-Victoire con un grande Pino del 1887, dove tronco e ramo raddoppiano la cornice, simulando un prospettiva ottica, negata completamente dall’emergere materico del Monte. Ma c’è anche la serie dei boschi, fra cui Sottobosco (1894), dove la forma verticale del quadro è accompagnata dallo sviluppo flessuoso e ondulato degli esili tronchi degli alberi, traccia di un’analogia con l’umano. Ma è la folta erba policroma in basso, che compone la terra, a contare e a costituirsi come vera e propria “linea di orizzonte” nel quadro (come commenta lo scultore McMillian nel catalogo, p. 157), dove non c’è prospettiva ottica, né aria, né luce, né ombra. Modellare il paesaggio significa estrarne un Figura che superi la sua percezione e simbolizzazione, e individui ciò che lo rende pari all’umano (colori, materia, volume, geometrie).
Estrarre la Figura non è un’operazione semplice né rapida, richiede tempo e prove. Da dove la lentezza di Cézanne e la serie di quadri come variazioni dello stesso tema. Questa estrazione è la creazione propriamente pittorica di ciò che trascende, rendendoli indistinguibili, la soggettività dell’impressione e l’oggettività della rappresentazione, la geometria della linea e l’intensità del colore, l’umano e il non umano. Per questo Cézanne si può permettere di attraversare tutti i generi, restando lui stesso, continuando ad inventare e a reinventare la pittura.
Riferimenti bibliografici
R. Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 2005.
Cezanne, a cura di A. Borchardt-Hume, G. Groom, C. Haskell, N. Sidlina, Art Institute of Chicago, Chicago 2022.
G. Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione, Quodlibet, Macerata 2008.
R.M. Rilke, Lettere su Cézanne, Passigli Editori, Firenze 2001.
Cézanne, 5 maggio 2022 − 5 settembre 2022, Art Institute di Chicago.