Un corpo sinuoso, dalla capigliatura iconica: i ricci si increspano formando due onde che incorniciano il volto. Il mento è volitivo, gli occhi truccati sono penetranti, sfrontati. Margaretella è piccerella e non sa bene cosa vuole. Ma sa che in casa non ci vuole stare e che vuole andare alla conquista della città, nel caos delle grandi strade, dei luoghi affollati dalle feste. E vuole farlo con le amiche, non con il fidanzato; con quella pétite bande che viene a bussare, allegra e festosa, alla finestra del suo basso. Perché la Belle Époque è arrivata anche a Napoli, dove il coiffeur Alfred fa i capelli alle signore nel suo locale a Chiaia e dove le signorine girano, anche nei vicoli, col cappello impiumato secondo la moda parigina. La topografia di questo film girato equamente tra interni ed esterni oscilla tra il vicolo col basso e le arterie ariose della Napoli post risanamento. Margaretella è la protagonista indiscussa di È piccerella, ma insieme a lei lo è Napoli, in un film del 1922 che è anche la sinfonia di una grande città sospesa tra tradizione e modernità. Non a caso, il sottotitolo della riedizione di Rovine con vista. Alla ricerca del cinema perduto di Elvira Notari (1993), l’importante studio su Notari di Giuliana Bruno, è oggi diventato Napoli e il cinema di Elvira Notari. Elvira Coda nasceva a Salerno nel 1875, centocinquant’anni fa, e, già sulla trentina, diventava una prolifica produttrice, sceneggiatrice e regista, a capo, con il marito Nicola Notari, di una casa di produzione a conduzione familiare. Prima pare sia stata maestra, ballerina, attrice, ma quella di una donna con la macchina da presa è stata e resta una figura così mitica da generare le narrazioni più varie, almeno fino a quando chi viene dopo non fa ricerca, carte d’archivio e documenti vari alla mano, per fare chiarezza e, quasi archeologicamente, ritrovare reperti di una storia materiale e quotidiana che dà corpo al personaggio storico in tutta la sua concreta ricchezza.

La ricerca è quella di un cinema perduto perché È piccerella è uno dei due film e mezzo sopravvissuti di Notari. Come ricostruito da Mario Franco, Enza Troianelli (1989) e Giuliana Bruno stessa, la Dora Film realizza più di sessanta lungometraggi e vari altri prodotti cinematografici, e, dal 1906 in poi, lo fa con la regia e l’indirizzo complessivo di Elvira Notari. A’ Santanotte (1922) è l’altro lungometraggio, mentre il mezzo film superstite è Fantasia ‘e surdate (1927), che appare chiaramente mutilato dalla censura fascista ormai implacabile, malgrado il dislocamento dell’ambientazione del film da Napoli a Roma, con lo spirito verista e verace della casa di produzione napoletana.

Perché il cinema di Notari, le storie che racconta, attingono alla canzone napoletana, ad un teatro e ad una letteratura popolari e che guardano al popolo, in sintonia con tutto lo scenario delle produzioni napoletane del muto, a carattere potentemente e felicemente regionale, e capaci di creare un tessuto intermediale prezioso. Le eroine del suo cinema sono tante ma non sono signore più o meno altoborghesi o cortigiane di lusso, bensì parrucchiere, sartine, fruttivendole, in linea con autori come Francesco Mastriani (1869-1870) che, come ricordato da Troianelli (1989, pp. 101-102), nei suoi Misteri di Napoli vuole «illuminare […] il povero onesto, la innocente figlia del popolo e il giovin signore su gli agguati che loro tendono incessantemente quelli che speculano su l’ozio, su la miseria e l’ignoranza». Illuminare nel senso di istruire, di mettere in guardia; di denunciare anche, in una dimensione educativa che Notari ha fatto propria. Così, i soggetti della Dora Film sono tratti o da testi di canzoni utili allo scopo, come È piccerella di Libero Bovio (1921) e A’ Santanotte (F. Buongiovanni-E. Scala 1920), o da romanzi d’appendice come Carmela, la sartina di Montesanto (1916) di Davide Galli, o dal dramma La Medea di Portamedina proprio di Mastriani (uscito in volume nel 1911), per andare anche oltre Napoli con i mondi di Carolina Invernizio.

Un cinema fatto di storie che, stando alla storiografia accreditata, hanno prevalentemente donne come protagoniste e immagini filmiche che sono la vera scoperta per chi oggi si trova in una sala a guardare questi vecchi film muti. Si è parlato di un’anticipazione del neorealismo per via delle riprese dal vero, dei temi trattati e degli ambienti esplorati, ma quello che ci parla è una macchina da presa che scende per strada, che commercia col quotidiano come ha fatto il cinématographe Lumière nelle sue primissime prove. Viene in mente il motto del ’68, Prenez une caméra et descendez dans la rue, quando la cinepresa di Notari cammina con Margaretella per le strade di Napoli perché si sente tutta la spinta di un gesto creativo rivoluzionario. Si respira l’ebrezza del nuovo anche quando le riprese registrano le feste religiose di Montevergine e del Carmine, in mezzo al caos di una folla più o meno scomposta. Come rivoluzionario, in Notari, è il conseguente uso del montaggio perché il costante andirivieni tra il dentro e il fuori, tra la vicenda privata e quella collettiva, sono sorretti da un’alternanza fluida e conflittuale insieme. La finestra, il balcone sono tutti ulteriori dispositivi di questa dinamica. Di un fatto che è privato ma che allo stesso tempo è di tutti, perché se Margaretella è carnefice e femme fatale, mentre Nanninella di A’ Santanotte è vittima della gelosia, il risultato non cambia: sono entrambe effetto di una società patriarcale che non accetta il cambiamento, che resiste alle sfide culturali della modernità facendosi scudo con il corpo della donna.

Quello di Rosé Angione, ex maestra di Eduardo Notari e allieva della scuola di recitazione cinematografica fondata dalla madre, è infatti un corpo mediatore, dei conflitti sociali e di una nuova soggettività femminile che prova a farsi strada. La regista dirige così la sua attrice verso la consapevolezza di un dialogo con la macchina da presa che, malgrado l’uso inevitabile dei cliché, sa gestire la centralità del corpo nell’inquadratura, le proporzioni di un gesto in campo medio, la relazione con gli oggetti scenici e la dinamicità di una camminata che resta una figura chiave per queste figlie del popolo. Nel basso casalingo il corpo è schiacciato tra e sotto le pareti, ma per strada, che sia fiero e provocante o prostrato e dolente, si staglia sul paesaggio urbano, imponendo la visibilità di una fisicità che è tanto problematica quanto lo è il desiderio femminile che (non)contiene. Insieme alle immagini dell’amata Napoli, alle sonorità dei cantanti appresso, tra strumenti popolari e canzoni napoletane, il successo oltreoceano di questi film tra gli immigrati, minacciati nella loro identità ed esposti alle incertezze del futuro, ruotava certamente anche attorno a questi corpi di donne e al loro controllo. E lo dimostra l’estremo opposto dei film Lombardo che alle sfortunate di Rosé Angione sostituiscono, con altrettanto successo, i personaggi altrimenti rassicuranti della romana Leda Gys, dentro il quadro di una tradizione popolare partenopea che sostituisce alla luna e ai coltelli, il sole e il mandolino.

Perché resta il fatto che di Notari questo ci è rimasto, e vorrà pur dire qualcosa se nel tempo le uniche vere sopravvissute del suo cinema tanto censurato dal fascismo sono Margaretella e Nanninella, che oggi ci parlano delle conquiste civili e storiche del femminismo ma anche delle minacce mai spente alla libertà delle donne, e pure, come insegnano i Tore dei due film superstiti, degli uomini.

Riferimenti bibliografici
AA.VV., Vedi Napule e po’ mori! Lo spettacolo popolare partenopeo tra canzone napoletana, cinema muto e identità culturali, a cura di E. Careri e A. Masecchia, LMI, Lucca 2020.
G. Bruno, Rovine con vista. Napoli e il cinema di Elvira Notari [1993], Quodlibet, Macerata 2023.
M. Franco, S. Masi, Il mare, la luna, i coltelli. Per una storia del cinema muto napoletano, Tullio Pironti Editore, Napoli 1988.
E. Troianelli, Elvira Notari pioniera del cinema napoletano (1875-1946), eURoma, Roma 1989.

Maria Elvira Giuseppa Coda, Salerno 10 febbraio 1875 – Cava de’ Tirreni (Salerno) 17 dicembre 1946.
È in corso a Napoli, dal 10 febbraio al 30 aprile, Elvira 150, rassegna ideata da Antonella Di Nocera e promossa dal Comune di Napoli. È Piccerella verrà proiettato anche al Modernissimo di Bologna venerdì 14 marzo alle 13:00 nell’ambito della rassegna Un’ora tutta per sé. L’ 8 febbraio Notari è stata celebrata nella sua Cava de’ Tirreni durante una giornata dal titolo 150 Elvira Coda Notari, promossa da Macass APS e Linea d’Ombra Festival.

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