Un mito di decomposizione e rinascita. Un processo di metamorfosi rigenerativa. Remake del coreano Save the Green Planet! (2003) di Jang Joonhwan, l’ultimo film di Yorgos Lanthimos ha per titolo Bugonia, il nome di un mito greco, raccontato anche da Virgilio nelle Georgiche, che fa riferimento al processo di generazione delle api dalla putrefazione di corpi bovini. Le api sono un sottotesto metaforico che percorre tutto il film, con un ronzio sin dai titoli di testa e l’idilliaca immagine di un’ape sul fiore prima dei titoli di coda.
Ted, il protagonista, è il prototipo del perdente disagiato, interpretato da Jessy Plemons che, come già in Breaking Bad (2008-2013), nella serie Fargo (2014-), nei film di Scorsese, e in Kinds of Kindness (2024) dello stesso Lanthimos, sa perfettamente incarnare il volto dell’uomo medio, inetto e inoffensivo, altresì capace di contenere ambiguità e covare deviazioni insospettabili. Ted ama allevare le api ed è un complottista che crede nella presenza di alieni, intenzionati ad annientare l’umanità. Convince dunque suo cugino Don ad affiancarlo nell’impresa di salvare la Terra. Per compiere l’eroica missione, i due sono disposti ad immolarsi in ogni modo e anche a sottoporsi a castrazione chimica per essere totalmente padroni di se stessi, liberi delle pulsioni e dall’”imperativo giogo della procreazione come trappola di sofferenza”. Ted e Don organizzano insieme il rapimento di Michelle Fuller, potente Ceo di una grande azienda del settore chimico-farmaceutico, ritenuta essere un’aliena proveniente da Andromeda.
Emma Stone, ormai presenza costante del cinema di Lanthimos, interpreta con impeccabile efficacia la glaciale Michelle Fuller, manager ricca, influente, preparatissima, laureata in chimica e in psicologia (“le lauree aiutano a mascherare i privilegi” ). Michelle sa utilizzare con disinvoltura le strategie di manipolazione e le parole d’ordine di una società che sfoggia inclusività di facciata e slogan ipocriti come l’abbattimento delle barriere nella gestione aziendale: comunica ai dipendenti che per stare di più con le proprie famiglie possono tornare a casa alle 17:30, ma solo se hanno finito tutto il lavoro da fare, e naturalmente l’uscita anticipata è una “scelta”, non un obbligo.
Ted è un individuo socialmente isolato, con una madre vittima incurabile di sperimentazione farmaceutica, e vive in una perfetta “camera dell’eco”, un suo spazio virtuale dove è esposto a contenuti e opinioni che alimentano le proprie certezze paranoiche. Proprio così cerca di spiegargli la scaltra e autorevole Fuller mentre tenta di dissuaderlo con ogni trappola dialettica dalle sue assurde convinzioni.
Come Save the Green Planet!, Bugonia è una originale e stravagante ibridazione tra sci-fi, dramma, thriller, black comedy e horror, con una forte componente di crudeltà sociale (caratteristica, del resto, di molte narrazioni coreane contemporanee, da Parasite a Squid Game, fino al recentissimo No Other Choice). Lanthimos ne offre però una declinazione in chiave più ampia, oltre la canonica dinamica sfruttati/sfruttatori, approfondendo, con la consueta freddezza disturbante, la dimensione mentale e le possibili declinazioni percettive dell’idea di verità.
Una satira grottesca e surreale, che invece di sconfessare semplicisticamente le derive di complottismi apocalittici e paranoie sociali, introduce il paradosso del dubbio e la possibilità di una sovversione destabilizzante (come in Kind of Kindness). Si ritrovano in Bugonia alcuni temi cardine del cinema di Lanthimos: la manipolazione sociale e l’arbitrarietà delle norme imposte e condivise (Dogthooth, La Favorita), la satira surreale delle classi privilegiate di buñueliana memoria, la sperimentazione sul corpo come strumento di potere o esplorazione dell’identità (Poor Things), la metamorfosi come processo punitivo, catartico o rigenerativo (Il sacrificio del cervo sacro, The Lobster).
La scrittura calibrata e tagliente dello sceneggiatore Will Tracy (Succession, The Menu), raggiunge nei dialoghi punte geniali di cinico acume sociopolitico, che arricchisce con sofisticata ironia il consueto tono gelido e surreale di Lanthimos. Le api, animali “fragili e complessi”, sono metafora del genere umano, al cui destino è legata la salvezza del pianeta. Una comunità come esempio di dedizione al lavoro e senso di responsabilità, ma anche di possibile schiavitù collettiva accettata senza necessità di imposizioni.
La SSA, sindrome di spopolamento degli alveari, è la spia di un pianeta al collasso, la cui causa è, secondo Ted, l’invasione aliena, e secondo Michelle l’incapacità umana. In questo dibattito surreale, la crociata ambientalista rischia di rivelarsi in bilico tra impegno collettivo e esibizionismo individuale, tra missione per salvare la terra e sete personale di riscossa e vendetta.
Paradossale, violento, divertente, pirotecnico, Bugonia racconta con intelligente ferocia il “gene suicida” di un’umanità votata alla costante autodistruzione, che si disintegra e si rigenera sempre allo stesso modo, in una reiterazione fallimentare di genocidi, guerre, epidemie, dai tempi del diluvio e dell’Arca di Noè. Gli esseri umani non possono dunque essere salvati, possono semplicemente essere abbandonati come un esperimento fallito che è inutile proseguire. Così nella memorabile e struggente sequenza finale, sulle note di Where Have All The Flowers Gone? cantata da Marlene Dietrich, riceviamo cartoline (in stile Martin Parr) di un’umanità ormai dismessa e disinnescata, in un pianeta dove sui fiori tornano a volare le api.
Bugonia. Regia: Yorgos Lanthimos; sceneggiatura: Will Tracy; fotografia: Robbie Ryan; montaggio: Yorgos Mavropsaridis; musiche: Jerskin Fendrix; interpreti: Emma Stone, Jesse Plemons, Aidan Delbis, Stavros Halkias, Alicia Silverstone; produzione: Yorgos Lanthimos, Element Pictures, Fruit Tree, Square Peg, CJENM; origine: Regno Unito; durata: 120’; anno: 2025.