La religione, la letteratura, il pensiero, le arti in generale: tutte le discipline umanistiche hanno raccontato lo schifo e la complessità della guerra, e certamente continueranno a farlo. L’animazione, in questo, non fa eccezione. In merito, se si coglie il suggerimento implicito di un tweet di qualche tempo fa dall’account di Edward Snowden (2 febbraio 2022), può valere la pena soffermarsi sull’anime 86, di cui da poco è finito il secondo corso della prima stagione. Nel tweet si legge: «Even anime is contemplating how we shift the burdens of war», una frase a cui aggiunge una immagine grafica che si riferisce alla serie. E quindi – aggiungiamo noi – una frase che può alludere a come l’oggetto in questione, cioè 86, sia forse in grado di mostrare dei tratti “contemporanei” della rappresentazione bellica.

Disponibile in Italia su Crunchyroll (undici episodi del primo corso più dodici del secondo), la serie 86 è un adattamento – molto fedele, e anche per questo molto apprezzato – della light novel omonima, scritta da Asato Asato e illustrata da Shirabii. Lo studio d’animazione che si è preso in carico il lavoro è A-1 Pictures. A firmare la regia c’è Toshimasa Ishii, alla sua prima direzione (in passato, ha lavorato a serie animate importanti come Uchuu Kyoudai e fatto l’assistente a Mamoru Hosoda per il suo lungometraggio Mirai (Mirai no Mirai, 2018). Inoltre, val la pena segnalare il contributo – fondamentale – del compositore, musicista e pianista giapponese Hiroyuki Sawano, autore di colonne sonore di anime di grande successo in questi ultimi anni (la serie L’attacco dei giganti su tutti). Quanto – invece – alla scelta del titolo, l’uso del termine 86 (pronunciato in inglese, Eighty-Six) qui è sostanzialmente ripreso dallo slang nordamericano. Riferito ad una persona, indicherebbe come questa non sia benvenuta fra coloro che l’apostroferebbero in tal modo. Si tratterebbe quindi di un segno di sostanziale marginalizzazione del soggetto destinatario del termine.

Detto questo, l’argomento in questione – come anticipato – è quello bellico. Nella trama della serie, gli Eighty-Six sono un gruppo di ragazzi e ragazze che prestano servizio forzato come soldati nell’ottantaseiesimo distretto della Repubblica di San Magnolia, dopo essere stati privati dalla stessa dei propri diritti e perseguitati come minoranza “Colorata” (gli abitanti di San Magnolia, gli Alba, hanno i capelli bianco-argenteo e considerano i Colorati semplicemente delle non-persone). L’86 è un distretto ufficialmente fantasma per l’opinione pubblica, ma indispensabile alla politica suprematista della Repubblica nella guerra di difesa – che dura da anni – contro l’ex Impero di Giad e le sue milizie meccanizzate e inumane, la Legione. Si tratta di un esercito che si basa su un sistema di intelligenza artificiale senza eguali. Le milizie assimilano certe componenti fisiche e neuronali di coloro che uccidono come CPU. Sono poi guidate da determinati altri cervelli ex umani, in simbiosi con altrettante determinate unità speciali. Per contrastarle, la Repubblica riesce a sviluppare dei propri mezzi d’assalto chiamati Juggernauts. Nella narrazione governativa, il messaggio che passa è che questi vengono controllate a distanza, esclusivamente da un supervisore, così che si diffonda l’idea che ci sia una guerra fondamentalmente combattuta da macchine, dunque con zero vittime per San Magnolia. In realtà, quello che non viene reso esplicito alle masse è che a guidare le unità autonome della Repubblica ci siano invece proprio gli Eighty-Six, considerati davvero come dei sacrificabili, messi nell’obbligo di rischiare la propria vita per i propri oppressori.

La serie comincia da questi presupposti, con l’assegnazione al ruolo di supervisore dello Squadrone Spearhead del Fronte Orientale (sempre ottantaseiesimo distretto) al Maggiore Vladilena “Lena” Milizé. Lei è una nobile Alba, un’ufficiale dell’esercito ma anche una giovane donna idealista e sensibile ai problemi degli Eighty-Six. Come per tutti i supervisori, la sua comunicazione con la squadra da guidare si sviluppa a distanza, sostanzialmente a voce, attraverso un dispositivo di trasmissione a reti neurali chiamato Para-RAID. È con questa tecnologia che inizierà il proprio rapporto con il capo squadra della formazione, Shinei Nouzen, noto come “il Becchino”, e con tutti gli altri e le altre. Nouzen è un “esper” capace di sentire le voci delle persone assimilate dalle unità della Legione prima che queste appaiano. Sa quindi prevedere, e per questo guidare il proprio gruppo sul campo. Ci saranno diversi momenti traumatici che saranno poi essenziali per lo sviluppo di una fiducia reciproca. Ci sarà poi una momentanea separazione tra Milizé e il gruppo, a sua volta foriera di cambi negli scenari e nei personaggi, rivelatori di una nuova configurazione del conflitto (si capisce come la Legione sia una minaccia per altri territori, inesorabilmente).

Prendendo in considerazione la stagione nella sua totalità, non è difficile ritrovare tutta una serie di elementi riconoscibili, tanto nella trama – in merito, l’autrice della light novel ha più volte esplicitato i suoi riferimenti – quanto nella caratterizzazione dell’opera. Su questo secondo punto si può dire che si ha a che fare con una serie di genere mecha e di argomento bellico, una combinazione che si ritrova in tanti altri casi. Ci sono però alcune differenze sostanziali con la media. Val la pena isolarne due.

Un primo punto è l’attenzione al warfare nella narrazione. Al di là di specifici episodi dedicati a questo o quel combattimento tra gli Juggernauts e la Legione, o lunghe sequenze incentrate sull’evoluzione di determinati personaggi e delle relazioni tra loro, siamo immersi in una storia dove ogni discorso è un discorso legato alla guerra, direttamente o indirettamente. Nel primo corso della stagione c’è per esempio modo di seguire e di apprezzare come la regia sviluppa il discorso politico sulla difesa della Repubblica, portando avanti in modo consistente una prospettiva dialettica (lo scontro con le Legioni visto dai burocrati Alba e da “Lena”; lo scontro visto e vissuto dagli Eighty-Six). Il secondo corso della stagione poi arricchisce ancora di più il tema dal momento che presenta un allargamento numerico di fronti bellici, qualcosa che suggerisce come il nemico non sia più altrove ma ovunque, e così la guerra. Inoltre, presenta una focalizzazione più dettagliata sulla vita militare come vita quotidiana in un contesto democratico, con tutte le sfumature proprie del caso. In sintesi, si potrebbe parlare di un approccio socio-narrativo a determinate questioni in ambito bellico: qualcosa di raro nell’animazione recente, e che conferisce alla serie una certa sottigliezza critica, senza per questo dover ostentare determinati discorsi retorici sul tema.

Il secondo punto che meriterebbe attenzione è, invece, quello riguardante la modalità di scontro nei conflitti veri e propri, e quindi l’uso dei droni. In questo, 86 sembra essere all’avanguardia non solo nell’ambito dell’animazione ma anche in relazione al cinema dal vivo. Nel complesso, presenta la “dronizzazione” della guerra come un processo oramai sistematico, irreversibile, totalizzante. Droni sono – appunto – le unità della Legione. Ma, in un certo senso, la relazione comando a distanza-drone si ripeterebbe anche per lo Squadrone Spearhead, sebbene con sfumature diverse, e fino a quando questo viene guidato nelle sue azioni da Milizé. Tuttavia, l’umanità di Nouzen e del suo gruppo rimane, ed è qualcosa che – come la regia suggerisce – si radica nell’importanza conferita al piano sonoro. Sentire le voci: sul campo di battaglia, l’immagine viene dopo, l’ascolto sembra – invece – essere tutto. O almeno ciò che fa la differenza. Come il caso di Nouzen suggerisce, può portare alla follia, ma può anche salvare, quando si capta la voce umana – per esempio, quella del Maggiore – capace di farci ridestare.

86 – Eighty-Six. Ideazione: Toshimasa Ishii, Tetsuya Kawakami; produzione: A-1 Pictures; Distribuzione: Tokyo MX; origine: Giappone; anno: 2021.

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