Nell’epoca che tutti viviamo, la progressiva acquisizione della fama che porta un essere umano ad essere famoso è direttamente proporzionale al suo mettersi in vetrina. Difatti, se esporsi significa fare di sé uno spettacolo, abitare l’oggi vuol dire in certo modo frequentare quella che Walter Benjamin chiamava “trasparenza”. La vetrina si è fatta oggi schermo digitale, la merce esposta si è trasformata in celebrità, i nostri desideri si sono mutati in agognanti ossessioni di essere l’altro, volere quella vita, la sua. Prima V.I.P, oggi bollati come influencer, i moderni cantori della notorietà, espongono la propria vita in vetrina senza escludere niente, o meglio, facendo del niente la loro esclusività mediatica. In questo senso, Unica, l’ultimo discusso prodotto Netflix sulla fine del matrimonio tra Francesco Totti e Ilary Blasi, è il simbolo di un leitmotiv culturale imperante negli ultimi anni: la pressoché totale estroflessione del privato nel pubblico.
I flash inconsulti, le prime pagine, le auto di lusso, le urla da stadio, le illazioni e le apologie amorose costruiscono, in modo confuso, un riepilogo dei tragicomici eventi che hanno portato alla dissoluzione del vincolo coniugale: l’intero documentario adotta la forma di un trailer ripetuto, in cui Ilary Blasi appare una donna sedotta (sposata, tradita, manipolata) e, infine, abbandonata. Qual è l’utilità di questo documentario? Nessuna. Il film è un tribunale senza contraddittorio, imperniato sul monologo presuntamente “veritativo” della Blasi, sostenuta a ogni piè sospinto da madre, sorelle, amiche e investigatori privati, in cui non viene svelato nulla di definitivo se non l’unica versione dell’affranta protagonista.
Dopo la trionfale entrata in studio, la conduttrice romana espone il racconto di una relazione perfetta e priva di intemperie: “Facevamo sesso regolarmente” afferma la Blasi zittendo Peppi Nocera, autore televisivo e creatore di questo docu, che qui veste i panni di un invisibile psicoanalista. La Blasi prosegue, menzionando l’episodio che diede inizio al “disastro” matrimoniale: quel famoso caffè bevuto con la sua migliore amica, a casa di un tuttora ignoto ragazzo di Milano. Totti già sa di quell’incontro e, dopo aver percepito nella moglie una certa titubanza nel rispondergli, comincia a praticare un religioso distacco. Da questo frangente in poi, assistiamo ad un pianto oceanico che senza colpo ferire perdurerà, ora a singhiozzi ora no, sino all’ultimo minuto. È importante, tuttavia, scorgere il volto dietro la maschera. Lungi da infruttuose compassioni, ciò che è peculiare nell’organizzazione strutturale del racconto, è il cospicuo spazio dato al piangere, al mugugnare, al lamentarsi di Blasi rispetto alle vicende che la riguardano.
Il personaggio che la showgirl palesa sullo schermo si muove su un doppio binario: da un lato è la donna forte e coraggiosa che attutisce i tradimenti del marito in nome dei figli e dei vent’anni trascorsi assieme, dall’altro è la moglie invasa dai sensi di colpa per un caffè, che piange quasi per espiare quel suo peccato capitale. L’altalenare di questo suo precipuo bifrontismo sobilla un meccanismo di avvicinamento affettivo con lo spettatore che, accogliendo la lacrima come sintomo di sofferenza, dimentica anzitutto la sua postura di business. Dentro e fuori, personale e collettivo si fondono in un gomitolo inestricabile da cui non è più possibile discernere ciò che è mio da ciò che è tuo.
Tutto a un tratto – senza apparente senso – ci troviamo sprofondati dentro un reality: Ilary e le amiche del cuore (tra cui c’è anche chi le cura i capelli ci tiene a specificare) girano per Londra, fanno colazione assonnate, ironizzano sulle loro abitudini di vita. Una volta risaliti a galla, veniamo nuovamente investiti da un potpourri mediatico. Nel febbraio 2022 sbucano le prime foto di Totti con l’amante Noemi Bocchi, Ilary pretende spiegazioni, Totti si mostra sicuro a negare. Le maldicenze proseguono. Lei va in tv e accusa i giornali di aver diffuso notizie false. Un paparazzo le consegna una foto che ritrae Totti, un amico e una donna di spalle che riposano in una Jacuzzi. Lei richiede, lui rinnega. Vengono coinvolti anche i bambini, assunto un detective che si fa sgamare, avviato uno spionaggio congiunto che porterà a nient’altro che ad una retromarcia su un albero.
L’ultima tranche del documentario intercetta una vera e propria fenomenologia del futile, del superfluo e dell’irrisorio. I raggiri, le malefatte tra il Re e la prossima ex-regina hanno del ridicolo: lui la accusa di aver rubato la sua collezione di rolex (quasi fossero reliquie imperiali) e per vendetta le nasconde in casa sua (moderno mausoleo high-tech) tutta l’inimmaginabile antologia di scarpe. A ben guardare però, la scelta di insistere sulla birbonata commessa dal Capitano, diventa la subdola occasione per ostentare tutta la faraonica ricchezza di cui è investita la sventurata Blasi.
La macchina da presa declassata a storia-Instagram, ci introduce in una serie di cunicoli domestici che compongono l’immenso labirinto-scarpiera dove alla fine, la preoccupata protagonista, riesce a ritrovare il suo “tesoro”. Le sorti sono presto tirate. Se la rottura con l’ottavo Re di Roma (anche in questo film Totti viene mitologizzato senza troppe riserve) l’ha liquidata dal titolo di sovrana della Capitale; la stretta di mano con Netflix l’ha sicuramente conciata in Regina del Capitale.
Dall’uscita il 24 novembre sino ad oggi, Unica occupa il podio nelle classifiche di Netflix Italia. L’inarrestabile successo immortala la fotografia di un pubblico sempre più interessato al pettegolezzo, alla lacrima monetizzata, alla chiacchiera a fondo perduto. Perciò, resta da interrogarsi sull’effettiva progettualità di questo interesse di massa al fine di comprendere se questo prendere e giudicare dalla e sulla vita altrui non sortisca qualcosa di diverso che svuotare le proprie esistenze.
Vedere e non toccare. Spiare senza farsi scoprire. Queste frasi potrebbero valere sia per un tentato furto che per l’atteggiamento che sottende sempre più ai processi fruitivi della vita degli altri. Ma dove si intende andare, se non ci si muove da un palmare?
Riferimenti bibliografici
W. Benjamin, Aura e choc. Saggi sulla teoria dei media, Einaudi, Torino 2012.
Unica. Regia: Tommaso Deboni; sceneggiatura: Peppi Nocera, Romina Ronchi; interpreti: Ilary Blasi; produzione: Netflix; distribuzione: Netflix; origine: Italia; durata: 80′; anno: 2023.