Una spiegazione per tutto (Magyarázat mindenre), presentato in Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia, inizia seguendo le linee di una storia d’amore adolescenziale. Abel ha diciott’anni e a breve sosterrà l’esame di maturità. La sera prima della prova non riesce a ripassare, troppo concentrato a pensare a Janka, sua amica, compagna di classe di cui è segretamente innamorato. I due si parlano al telefono, cercando di esorcizzare le paure dell’esame del giorno seguente che potrebbe aprire loro le porte per un’Estate spensierata da vivere insieme. Tuttavia, se Janka risulta essere preparatissima alla prova orale, lo stesso non vale per Abel che viene bocciato non passando la parte in Storia. Il ragazzo, che è chiaro non abbia studiato e infatti non risponde a nessuna domanda degli esaminatori, mente al padre dicendogli di essere in realtà stato preso di mira dal professore, con cui il genitore scopriremmo aveva avuto un acceso dibattito durante un colloquio a scuola, dovuto prevalentemente a vedute politiche differenti. Inoltre, il giovane è geloso perché dell’insegnante Janka è segretamente innamorata. L’esame di Abel finisce sulla prima pagina di un giornale nazionale (I giorni d’Ungheria), dal momento che una giornalista, tramite un contorno passaparola, viene a sapere della storia che il ragazzo racconta al padre. Il giovane sostiene infatti di essere stato bocciato perché portava sulla giacca la coccarda con i colori della bandiera dell’Ungheria. Da questo spunto il film si addentra nelle contraddizioni di un sistema che ragiona esclusivamente per binomi opposti, rette parallele mosse dalle loro convinzioni, per la loro strada che non possono trovare un punto di tangenza.

La coccarda con i colori nazionali, come simbolo di appartenenza, viene indossata da tutti i cittadini, indipendentemente dalla fede politica, il 15 marzo, giorno di commemorazione dell’inizio della rivoluzione del 1848 che ha portato l’indipendenza dell’Ungheria dall’Impero asburgico. Tuttavia, di quel simbolo nazionale, teso a unire tutta la popolazione nel giorno dell’indipendenza, si sono appropriati i partiti ultranazionalisti di estrema destra, tra cui Fidesz – Unione Civica Ungherese il cui leader è il presidente Viktor Orbán. Abel è chiaro che non abbia voluto indossare la coccarda per esprimere ed esplicitare una posizione politica, semplicemente l’aveva dimenticata sulla giacca dal 15 marzo precedente. Di questo sono consapevoli tutti, ma la domanda che pone l’insegnante, “come mai la coccarda?”, scatena un putiferio per cui non sembra esserci soluzione. Il confronto tra il professore e il padre di Abel renderà ancora più tesa la situazione, mentre Abel è interessato solo a conquistare l’amore di Janka.

Il cinema dell’Europa orientale, fin dai primi anni Duemila a partire dal Noul val del cinema rumeno, ha saputo affrontare e revisionare criticamente il proprio passato, riconfigurare i luoghi della memoria storica, dal socialismo, al comunismo, dall’influenza sovietica ai crimini compiuti durante la Seconda guerra mondiale, si pensi al cinema di Radu Jude su tutti. In una situazione certamente problematica per l’Ungheria, con le posizioni politiche estreme del presidente Orbán, il film, che non ha ricevuto sovvenzioni statali nazionali, sembra farci capire come la soluzione per avviare una forma di dialogo sia evitare qualunque estremismo, così quanto sia sbagliato e prematuro etichettare le persone solo da un semplice gesto. Da questo punto di vista, il film, nonostante eviti propriamente di prendere una posizione politica esplicita, non preclude il fatto che sia necessario, soprattutto in un sistema come quello ungherese in cui la stampa è prevalentemente in mano al governo e dove se ad una storia viene associato un titolo sensazionalistico può scoppiare un putiferio.

Ma le colpe o le posizioni politiche dei padri non ricadono necessariamente sui figli e quindi la speranza per il futuro può risiedere proprio nel vigore e nella lucidità delle nuove generazioni, quella di Abel e Janka, che dopo essersi, anche loro, urlati di tutto contro, raggiungono un punto di conciliazione. Li vediamo ridere e scherzare alla fine dell’Estate, il riesame che viene concesso al ragazzo, che poteva essere un ulteriore punto di svolta del film per infervorare il dibattito politico, viene omesso dalla narrazione. Ritornano i ragazzi diciottenni, i loro primi amori, le loro prime delusioni, verso un nuovo percorso di consapevolezza sociale e politica. Nonostante non faccia riferimento ad un fatto realmente accaduto, Gábor Reisz spiega come l’idea del film si sia originata dopo una serie di manifestazioni e proteste avvenute nel 2021 all’Università di Teatro e arti cinematografiche di Budapest che è stata riorganizzata secondo le direttive dello Stato. Artisti e registi si sono schierati dalla parte degli studenti per portare avanti le battaglie di una generazione che, piena di sogni e speranze, non è ingenua come molte volte viene fatto credere ma consapevole del ruolo che può assumere per un cambiamento futuro.

Una spiegazione per tutto. Regia: Gábor Reisz; sceneggiatura: Gábor Reisz, Éva Schulze; fotografia: Kristóf Becsey; montaggio: Vanda Gorácz, Gábor Reisz; interpreti: Gáspár Adonyi-Walsh, István Znamenák, András Rusznák, Rebeka Hatházi, Eliza Sodró, Lilla Kizlinger, Krisztina Urbanovits; produzione: Proton Cinema (Júlia Berkes), MPhilms (Mátyás Prikler); distribuzione: I Wonder; origine: Ungheria; durata: 152′; anno: 2023.

Share