Il primo adattamento cinematografico live action di un’opera videoludica risale al 1993: Super Mario Bros. (Morton e Jankel, 1993) è liberamente ispirato alla celebre saga Nintendo, capostipite di una tendenza traspositiva che di lì a poco avrebbe caratterizzato altri titoli videoludici. Esattamente trenta anni dopo una nuova trasposizione con protagonista il celebre idraulico con i baffi tenta di riuscire dove il live action degli anni ’90 aveva fallito, indirizzandosi verso un linguaggio filmico a metà tra semplice epitome narrativa e rilocazione drammaturgica dell’ontologia videoludica: l’interattività come fondamento mediale e tecnologico.
Super Mario Bros. – Il film (Horvath e Jelenic, 2023) è il nuovo film d’animazione prodotto dalla Illumination in collaborazione con Nintendo che rilancia l’idea di trasporre le avventure dell’iconico personaggio videoludico in una nuova veste narrativa, oltre che estetica: si era tentato negli anni ’90 con il sopracitato adattamento in live action; ancor prima si sfruttò l’animazione per un misconosciuto mediometraggio anime che mai varcò i confini nipponici (Super Mario Bros. – Peach-hime kyushutsu dai sakusen!, Masami Hata, 1986) e che può essere considerato a tutti gli effetti il primo film tratto da un videogioco nella storia del cinema. Mario è, dunque, l’iconica figura di riferimento che si pone tra cinema e videogioco, tra realtà e finzione, viaggiando tra due mondi paralleli che finiscono per incontrarsi e mescolarsi, sconfinando l’uno nell’altro in un continuo rimando metanarrativo.
Il plot di questo nuovo adattamento sembra non lasciare alcun dubbio su un tale intento metaforico e simbolico: Mario e suo fratello Luigi sono due aspiranti idraulici di Brooklyn che per uno scherzo del destino finiscono risucchiati dalle tubature della città nel tentativo di salvarla da un allagamento improvviso, sconfinando in un mondo fantastico parallelo minacciato da un malvagio usurpatore, Bowser, che intende conquistare i pacifici regni che lo compongono e sposare la dolce quanto temeraria principessa Peach.
Super Mario Bros. assume un ruolo centrale nel prolifico dibattito culturale che negli ultimi anni si è imposto tra studiosi di film e games studies, intersecandosi in quell’ostico quanto mai interessante discorso mediale sulla rilocazione videoludica come pratica tecno-estetica in grado di sviluppare un’immaginario composito e ibrido. Il film d’animazione si incasella in una via adattiva e di convergenza linguistica in grado di aprire scenari interessanti di strutturazione di forme narrative aperte di cinema “tecnoludico”, ricreando all’interno del testo filmico costruzioni simulacrali di ludicizzazione mediate da pratiche di imitazione dell’interfaccia grafica videoludica.
La traslitterazione iconografica di elementi interattivi in forma filmica è il punto focale di questo adattamento animato: Super Mario Bros. tenta di mediare tra pratica performativa attiva e narrazione lineare non adattiva all’azione dello spettatore, attraverso la figurazione di un universo in grado di trasmutare l’intenzionalità dell’utente in iconografia visiva su schermo. Grazie all’utilizzo di punti di vista intrasoggettivi, riprese frontali che ricreano estetiche ibride e piani sequenza che mimano la prospettiva diretta dell’utente, Super Mario Bros. non si presenta come semplice trasposizione, ma come metamorfosi estetico-iconica che attraversa le differenti manifestazioni videoludiche del franchise.
Le pratiche dell’ibrido visuale si palesano sullo schermo come mediazioni tra l’occhio dello spettatore e la costruzione dello spazio d’azione e interazione dei personaggi: dalla ripresa frontale che costruisce tridimensionalmente un livello platforming sfruttando elementi realistici diegetici, allo spostamento di focalizzazione dalla soggettiva ad una macchina da presa che segue posteriormente il personaggio (come il cambiamento di prospettiva virtuale che il giocatore può scegliere autonomamente nei videogiochi in prima persona), fino alla soggettiva fissa della sequenza dei kart, sconfinando in un’immersività totalizzante che corrisponde con il punto di vista del soggetto operante, ovvero il protagonista, con il quale l’immedesimazione è quasi obbligata. Mario si trova a metà tra mondo reale e piano virtuale, ponendosi in una posizione similare a quella del videogiocatore, artefice della costruzione narrativa attraverso la propria azione, e a quella dello spettatore cinematografico, costruttore del senso filmico mediante la propria posizionalità e fruizione della costruzione narratologica propria dell’opera audiovisiva.
L’esplorabilità dell’ambiente è una delle prerogative della strutturazione tecnica del medium videoludico, ponendosi come veicolo di avanzamento narrativo e di accumulazione di informazioni basate sulla vista e sull’azione del soggetto operante. Utilizzare lo spazio navigabile diventa necessario nello sfruttamento di sistemi complessi di immersività e interattività propria dei nuovi media digitali e del medium videoludico nello specifico: il film di Super Mario nella sua trasposizione transmediale fa proprio tale concetto cercando di sfruttare ogni possibilità tecnica a disposizione per adattare tale prerogativa e trasformarla in una misura di esaltazione sensoriale. La possibilità di manovra della macchina da presa virtuale nello spazio e l’utilizzo in specifici momenti narrativi della soggettiva del protagonista assumono una connotazione propria di particolari espedienti estetici e formali ibridi, palesando il dispositivo cinematografico ed adattandolo alle necessità di una narrazione esposta in cui il medium videoludico è rimediato continuamente nell’economia filmica.
Non si tratta di semplice richiamo nostalgico o di omaggio transmediale, quanto di formalizzazione di una volontà espressiva imperniata sulla costruzione tecnica ed estetologica. L’animazione computerizzata è, in questo specifico caso, il veicolo principale di una pratica rilocativa incidente sul piano della matericità in cui movimenti di macchina, costruzione delle inquadrature e dei piani di ripresa sono mediati dalle possibilità tecniche rappresentate dal digitale.
La conseguenza è una forma filmica in cui il videogioco non è solo richiamato, ma costruito partendo da un’idea di messa a punto iconografica in cui i personaggi occupano e abitano lo spazio, muovendosi in esso e costruendo dinamiche filmiche molteplici, sia dal punto di vista narrativo che tecnico. L’acquisizione dei poteri e delle abilità che continuamente trasformano le possibilità d’azione e le features estetiche di Mario, Peach e gli altri protagonisti è la traslitterazione di una pratica dell’ibrido e della mutazione propria dell’animazione digitale, veicolo costante di possibilità tecno-estetiche che permettono un’adattabilità graduale all’immaginario narrativo del film. Animare significa anche trasformare, dunque, mutuare un’estetica dell’ibrido da un medium all’altro, trasmutare elementi di immersività ludica in pratiche di narrazione espansa che mantengono, però, sempre la medesima matrice iconografica: protagonista di film o personaggio giocante, “It’s-a Me, Mario!”.
Riferimenti bibliografici
L. Manovich, Il linguaggio dei nuovi media, Edizioni Olivares, Milano 2011.
F. Zecca, La ludicizzazione del testo filmico, appunti sparsi, in L’immagine videoludica. Cinema e media digitali verso la gamification, a cura di Antonio Catolfi e Federico Giordano, Ipermedium, Caserta 2015.
Super Mario Bros. Regia: Aaron Horvath, Michael Jelenic; sceneggiatura: Matthew Fogel; musiche: Brian Tyler, Koji Kondo; interpreti: Chris Pratt, Anya Taylor-Joy, Charlie Day, Jack Black, Keegan-Michael Key, Seth Rogen, Fred Armisen; produzione: Illumination Enterteinment, Nintendo; origine: Stati Uniti, Giappone; durata: 90’; anno: 2023