Nella metà degli anni novanta, a proposito dell’improvvisa scomparsa di Maurizio Grande, Marcello Walter Bruno ha scritto: «La morte è un taglio in un flusso: ricordare Maurizio Grande non significa abbandonarsi al folklore delle rievocazioni più o meno private, bensì lavorare concretamente per fare proseguire quel flusso». Rilette nel 2022, alla luce dell’improvvisa scomparsa di Marcello Walter Bruno avvenuta il 14 luglio, queste parole suonano come un monito, un insegnamento e forse anche una richiesta da parte di chi avrebbe sperato o voluto che la morte non funzionasse come una cessazione, una conclusione, un compimento del flusso delle proprie idee, riflessioni, visioni.
La metafora televisiva contenuta in quella frase, scritta da chi ha appena terminato un decennio di regia presso la sede RAI di Cosenza, è evidente: la morte è un taglio (cut) in un flusso di programmazione. Il taglio è lo stacco, il passaggio, da un’inquadratura all’altra gestito dal regista televisivo che dà vita a un montaggio in diretta. Il flusso è la successione di contenuti (programmi, pubblicità, notiziari) che a loro volta sono un flusso senza sosta di immagini, parole, colori, segni grafici, suoni. Il flusso, come lo intende Raymond Williams, è una sequenza non lineare, infinita (programmazione h24), profonda (proliferazione di canali) e lunga (serialità). Un taglio nel flusso non implica la fine o la chiusura della messa in onda, ma solo la reinquadratura in una nuova direzione, da un nuovo punto di vista. Ciò che viene dopo il taglio si aggiunge a una programmazione sempre in corso, si aggiunge in media res, come Bruno ha scritto nel volume Neotelevisione (1994).
Chi ha conosciuto Marcello Walter Bruno comprenderà quanto questa metafora sia stata vera nella sua vita. Intellettuale brillante, curioso, instancabile, desideroso di conoscere e imparare; ha studiato per passione e ha insegnato per trasmettere tale passione agli studenti, ai collaboratori, agli allievi, agli amici. Le sue lezioni di cinema e fotografia hanno affascinato e influenzato almeno quattro generazioni di studenti. Ha insegnato a vedere in profondità, a non rimanere ancorati a canoni e a griglie interpretative. Ha indagato le immagini con metodo analitico e pensiero critico. Ha osservato attentamente la contemporaneità non per inseguire mode scientifiche temporanee ma per interrogarsi sulle peculiarità di un’epoca. Ha fatto tesoro delle personalità incrociate, anche solo fugacemente, sul proprio cammino come Umberto Eco (suo docente all’Università di Bologna), Filiberto Menna (incontrato per il documentario RAI Lo spirito del tempo del 1985), Lou Reed (con il quale ha condiviso un pasto dopo un concerto nella città di Catanzaro) e altri ancora.
Docente universitario sì, ma non solo. Programmista e regista televisivo: dieci anni alla RAI di Cosenza con produzioni di documentari come Dentro/Fuori (1983) con Mimmo Rotella e Boccioni a Reggio (1984) con Francesco Gigliotti e Maurizio Calvesi. Pubblicitario: tra i fondatori dell’agenzia di comunicazione “La Cosa” a Cosenza. Drammaturgo: autore di molte opere teatrali, da quelle anni ottanta con la regia di Giancarlo Cauteruccio fino a La fuga di Pitagora lungo il percorso del sole del 2020. Poeta: scrittore di versi, molti ancora inediti, altri regalati agli amici o elargiti sui social (appassionato di haiku e di quell’insviluppabile che barthesianamente lega il componimento giapponese alla fotografia). Saggista: sono state innumerevoli le pubblicazioni ed è stata costante la ricerca di contesti che funzionassero come piccoli flussi nel sistema della cultura, da qui, tra le tante, l’importante collaborazione con il bimestrale “Segnocinema” (dalla fine degli anni ottanta alla primavera del 2022 con l’ultimo articolo su cinema e fotografia intitolato La diplopia di Eastwood. Un film su una foto: Flags of our fathers) e con la rivista digitale “Fata Morgana Web” (52 articoli scritti in cinque anni dal 2017, l’ultimo pubblicato l’11 luglio 2022 dedicato a Fredric Jameson e all’«immenso Walter Benjamin»). Curatore di mostre: tra le più recenti Nadar. Il teatro della fotografia presso il Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende curata con l’amico e critico d’arte Tonino Sicoli nel 2017. Curatore di rassegne cinematografiche: tra le tante, Odissea nella moda. La donna in viaggio nel cinema per Moda Movie 2001. Artista della fotografia contemporanea: negli ultimi anni ha esposto le proprie fotografie presso la galleria dell’associazione cosentina “L’impronta – culture fotografiche” con le mostre Riscatti (2013) e Posti italiani (2018). Titolista: Selfielosophy, Il metacinema è una cosa deleuziosa, Il ground zero della scrittura, Apocalypse news, Insegnocinema, I predatori dell’aura perduta, sono solo alcuni degli ironici e acuti titoli dei suoi saggi. Sceneggiatore televisivo: autore di soggetti come Bronzer. Il giorno che rapirono i bronzi di Riace (RAI, 1982). E altro ancora.
In un vecchio curriculum Marcello Walter Bruno ha indicato alcune macroaree di interesse: storia delle comunicazioni di massa, industria audiovisiva, sociologia della comunicazione, critica di testualità mediatica, semiotica testuale. Ma si potrebbero aggiungere: cinema americano, cinema e filosofia, cinema italiano e dinamiche economico-sociali, critica cinematografica, semiotica degli audiovisivi, teoria e filosofia dell’immagine. E andrebbero considerati i territori impervi in cui si è avventurato al fine di creare un ponte tra discipline che apparentemente sono inconciliabili o che non comunicano tra di loro: fotografia e filosofia; fotografia e cinema; cinema e scienza; cinema e pubblicità; fotografia e poesia; fotografia e neuroestetica, ecc. Un percorso sempre costellato dalla rilettura di punti di riferimento fondamentali come Benjamin, Roland Barthes, André Bazin, Gilles Deleuze, Vilém Flusser, e poi Stanley Kubrick, Steven Spielberg, Brian De Palma, Joan Fontcuberta, Jeff Wall, ecc. – quest’ultimo gruppo costituito da autori che hanno fatto cinema e fotografia pensando il cinema e la fotografia.
Sarà importante riuscire a ricostruire tutti i dettagli di un’esperienza e di un profilo intellettuale così ricco. Il suo pensiero è sfuggito a etichette e categorie ma in un modo che non si può dire privo di ratio o metodicità. Ciò di cui si è occupato gli ha imposto di prendere le distanze dalla «noia dei discorsi prevedibili» (Barthes, p. 169) e di arrischiarsi nel dialogo tra le discipline (è corretto parlare di interdisciplinarità?). È in base a questa formula che sono nati i suoi numerosi scritti e le sue opere principali: Il cinema di Stanley Kubrick (2003) non è solo un libro di cinema; Neotelevisione (1994) non è solo un libro sul linguaggio televisivo; Promocrazia (1996) non è solo un libro sulla comunicazione politica. D’altro canto, il suo pensiero non è sfuggito alla pratica: non si può parlare di fotografia senza il bisogno di fare fotografie; non si può parlare di regia senza avere cognizione di cosa accade in una sala di regia televisiva; non si può ideare un certo tipo di titoli senza essere stati copywriter; e così via.
Un pensiero elastico, sagace, aperto e anche solidale. Marcello Walter Bruno ha sempre seguito le ricerche dei propri colleghi consapevole del fatto che la comunicazione è sempre a due vie (emittente e ricevente) e che da essa si trae contaminazione, intuizione, folgorazione; ha promosso, nella città di Cosenza in particolare, momenti di associazionismo e cooperazione culturale; ha dispensato generosamente consigli, idee e proposte; ha cercato collaborazioni e condivisioni ritenendo essenziali gli incontri seminariali da cui sono nate esperienze importanti come la curatela del volume Scatti del pensiero. La fotografia come problema filosofico (Mimesis, 2021) e i webinar “Fotogrammi. Dai fotografi/registi ai registi/fotografi”.
Tutti questi sono frame di uno stesso flusso, cioè la vita di Marcello Walter Bruno, che è stata una sequenza non lineare (ha zigzagato in diversi ambiti e saperi provando a costruire tra di essi un’innovativa conoscenza), infinita (la programmazione dei suoi scritti, pensieri, lavori è stata senza sosta), profonda (si è servito di diversi canali per comunicare tale conoscenza) e lunga (si è occupato di ambiti che sono correlati da una costante assoluta: le immagini).
Che cosa c’è dopo il taglio del flusso Marcello Walter Bruno? Ci siamo noi che continuando a infondere la sua eredità intellettuale – non basta solo ricordare e rievocare, ma è necessario produrre altro flusso – ci inseriamo in media res assicurandogli una programmazione perpetua.
[pdf-embedder url=”https://www.fatamorganaweb.it/wp-content/uploads/2022/07/ilovepdf_merged.pdf”]
Riferimenti bibliografici
R. Barthes, Barthes di Roland Barthes, Einaudi, Torino 2010.
M.W. Bruno, Neotelevisione: dalle comunicazioni di massa alla massa di comunicazioni, Rubbettino 1994.
R. Williams, Televisione, tecnologia e forma culturale, Editori Riuniti, Roma 2000.
*L’ immagine presente nell’articolo e in copertina è una fotografia di Caterina Martino.
Marcello Walter Bruno, Cosenza 1952-Lucca 2022.