Nascosta tra i boschi dell’Estonia sudorientale si erge una piccola struttura di legno dalla quale fuoriesce un lieve vapore bianco. Si tratta di una smoke sauna (sauna a fumo), una delle tipiche saune estoni che caratterizzano la contea di Võrumaa, inserita dall’Unesco nella lista dei patrimoni culturali immateriali a partire dal 2020. Una tradizione tramandata da generazione in generazione per centinaia di anni, fatta di legna bruciata, acqua calda e fasci di betulla, che ricerca un’idea di benessere e purificazione non soltanto fisica, del corpo, ma anche spirituale, dell’anima. Concetto evidenziato dalla regista estone Anna Hints in un’intervista rilasciata a “Cineuropa”:

Quando avevo undici anni, mio nonno era morto, e mia nonna, mia zia, mia nipote ed io siamo andate insieme in una sauna a fumo. Lì, mia nonna ha condiviso con noi la verità che mio nonno l’aveva tradita. La nonna ha lasciato uscire il dolore e la rabbia, ha fatto pace con mio nonno e il giorno dopo ha potuto seppellirlo in pace. Fu allora che mi resi conto che una sauna non serve solo per la pulizia del corpo, ma anche per l’anima.

Parole da cui emerge subito il ruolo centrale che la famiglia, o meglio la comunità, ricopre nella pratica della sauna. Ed è attorno a questo concetto che la regista costruisce il suo primo lungometraggio Smoke Sauna – I segreti della sorellanza (2023), vincitore del Premio alla regia nella competizione documentari del Sundance Film Festival del medesimo anno.

L’interno della sauna, le cui mura tracciano e definiscono i confini di un microcosmo, di una separazione tra il mondo dentro e il mondo fuori, diventa lo spazio in cui un gruppo di donne (da cui la sorellanza) ottengono la possibilità di riscoprire un senso di protezione, di calore, che il mondo esterno non riesce a conferire, senza la paura di mettersi a nudo. Hints riesce nella difficile impresa di restituire – tanto nella messa in scena, quanto nella messa in quadro – quel senso di intimità, di fiducia, quell’atmosfera raccolta che rende la buia cabina simile a un tempio, a un confessionale, che sembra collocarsi fuori dal tempo e dallo spazio (“La sauna a fumo è un luogo sacro in cui ti purifichi. Quando ti lavi è una benedizione”). Sono donne che potrebbero appartenere a qualsiasi epoca, a qualsiasi luogo, i cui discorsi tendere spesso all’universale.

Nel farlo, la camera di Hits rispetta i princìpi del cosiddetto fly on the wall: stile di ripresa documentaristica per il quale il regista si presenta come semplice “mosca sul muro” che si limita a osservare senza essere percepito dai soggetti ripresi (Nichols 2014, p. 229). Tecnica che Nichols individua come caratterizzante della modalità osservativa, ma che, in questo caso, è messa al servizio di un’opera in cui l’approccio osservativo si (con)fonde e scivola in momenti che rispondono agli aspetti più sperimentali della modalità poetica, che «pone l’accento sugli approcci visuali, ritmici e formali» (Fahle 2023, p. 99). Montaggi di ambienti manipolati e forme naturali distorte fanno da transizione tra un incontro e l’altro, arrivando a mostrare una nube di vapore che lentamente assume i vaghi tratti di un volto umano tra gli alberi.

Queste irruzioni poetiche rendono Smoke Sauna un perfetto contraltare di Notre Corps (2023), altro film che nello stesso anno pone come protagonista il corpo della donna. L’approccio sociologico di Claire Simon è abbandonato in favore di uno sguardo più sospeso, si potrebbe dire artistico, nella rappresentazione cinematografica. Così come le riprese ordinarie dell’ospedale pubblico di Parigi – funzionali all’indagine sociosanitaria – lasciano il passo a una costante ricerca del bello chiaroscurale, a una particolare attenzione per la composizione estetica, o estatica, dentro un contesto tutt’altro che favorevole al cinema. Umidità e alte temperature rendendo l’opera di Hints una vera e propria sfida, un virtuosismo tecnico compiuto dal direttore della fotografia Ants Tammik e dal fonico Tanel Kadalipp.

La dimensione visiva e quella sonora, ora nel film ora nella sauna, svolgono un ruolo chiave nell’attuare e trasmetterci la duplice catarsi già menzionata, lavorando per certi versi su piani indipendenti e autonomi. All’interno della cabina la camera tende a rilegare fuori campo la fonte da cui provengono le parole, la bocca della donna che parla, creando una dissociazione tra immagine e suono che sembra emulare la dualità corpo-anima (entrambe scisse e al tempo stesso unite). Corpi e parole sono posti al centro in una condizione paritaria: attraverso la componente visiva – le immagini dei corpi lavati – passa la catarsi esteriore, del corpo per l’appunto; attraverso la componente sonora – il suono di parole, racconti, confessioni – passa invece la catarsi interiore, dell’anima.

Nella sauna le donne si abbandonano a racconti che hanno segnato la loro vita, passata o presente. Traspaiono traumi e insicurezze spesso generate da una società, fuori dalle mura, tendenzialmente misogina e patriarcale (“Nessuno ha mai detto di volere una figlia, si voleva di più un figlio. I figli lavoravano, mentre le figlie dovevano essere date in matrimonio con una dote”). La pulizia dell’anima avviene grazie al clima di fiducia che si crea nella sorellanza, espressa tramite confessione sottovoce e con la consapevolezza d’essere ascoltate senza giudizio. Le storie, se così è possibile chiamarle, vertono intorno a malattie al seno affrontate in età adulta o a vecchi desideri di volerne uno abbondante per attirare più uomini in giovane età. Fino ad arrivare a chi racconta d’aver perso la verginità a sedici anni per via di uno stupro da parte di un adulto e di come uno dei due soccorritori l’abbia a sua volta violentata. Non venendo perdipiù creduta dalla madre neppure dopo aver riconosciuto il volto del suo aggressore al notiziario, colpevole d’aver rapito e torturato altre ragazze. Un racconto che sancisce, in ultima istanza, il mondo fuori quale mondo avverso alla donna e il mondo dentro quale mondo in cui la ferita interiore può essere pulita affrontandola e accettandola per via della parola.

Mentre il suono si concentra sulle storie, la camera scandaglia i corpi tramite una frequente parcellizzazione della figura corporea. Cosce, mani, braccia, gambe, fianchi, schiene, volti, seni, sono osservati con occhio desessualizzante da Hints, privati delle implicazioni erotiche che il mondo fuori gli ha conferito. L’insistenza sui seni (allattamento) e la pelle sempre umida (liquido amniotico) rievocano a più riprese l’immaginario della maternità, confermato dalla prima immagine mostrata all’interno della sauna: il petto nudo di una donna che stringe a sé un neonato, rimandando all’antica tradizione di partorire all’interno delle saune a fumo. La pulizia del corpo è difatti una pulizia tanto fisica quanto metaforica. Non deterge soltanto sporcizia, impurità e sangue mestruale che cola dalle cosce, ma anche le costrizioni socioculturali a cui sono stati imbrigliati, il modo in cui sono stati abituati a essere visti. L’idea della donna madre, la sessualizzazione del corpo femminile e soprattutto l’oggettificazione sessuale, che avviene quando «le parti sessuali o funzioni sessuali vengono separate dal resto della personalità e ridotte alla condizione di meri strumenti, oppure considerate come se fossero capaci di rappresentare l’insieme» (Bartky 1990, p. 26). Sono corpi che emergono con forza dall’oscurità della sauna e chiedono di essere mostrati e recepiti per quello che sono.

Ecco allora che nel mondo dentro si assiste a un intimo elogio del corpo nelle sue diverse forme, nei suoi tratti distintivi, nelle sue peculiarità, che non sembrano mostrare alcuna intenzione di rappresentare l’interezza di quelle identità, di quelle donne, tantomeno di alludere a un’attrazione erotica. Una celebrazione della loro bellezza per ciò che sono, la vittoria di ciò che vediamo a discapito di ciò che è stato indotto a vedere e pensare. Una catarsi che parte dal corpo e passa per l’anima e che, si confida, possa valere anche fuori dalla sauna.

Riferimenti bibliografici
S. L. Bartky, Femininity and Domination. Studies in the Phenomenology of Oppression, Routledge, New York 1990.
L. Boyce, Anna Hints: Regista di Smoke Sauna – I segreti della sorellanza, in “Cineuropa”, 23 gennaio 2023.
O. Fahle, Teorie del film documentario, Einaudi, Torino 2023.
B. Nichols, Introduzione al documentario, Il castoro, Milano 2014.

Smoke Sauna – I segreti della sorellanza. Regia: Anna Hints; sceneggiatura: Anna Hints; fotografia: Ants Tammik; montaggio: Martin Männik, Hendrik Mägar, Qutaiba Barhamji, Anna Hints, Tushar Prakash; musiche: Edvard Egilsson; interpreti: Kadi Kivilo, Maria Meresaar, Elsa Saks, Marianne Liiv, Eva Kübar; produzione: Alexandra Film, Kepler 22 Productions, Ursus Parvus; distribuzione: Wanted Cinema; origine: Estonia, Francia, Islanda; durata: 89’; anno: 2023.

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