Una fotografia in bianco e nero cattura subito la nostra attenzione, guidandoci verso una figura immediatamente riconoscibile anche per chi non è originario del luogo: una delle imponenti vele di Scampia in primo piano, con il Vesuvio sullo sfondo, inconfondibile simbolo dell’identità partenopea. Questa immagine ci permette di contestualizzare il centro nevralgico di quanto stiamo per osservare e al contempo fa da introduzione ideale ad una serie di fotografie che si susseguono sullo schermo. È inevitabile notare come queste – tutte firmate da Giulio Piscitelli – siano prive di colore, quasi a sottolineare l’immobilità di quegli spazi, staticamente bloccati in un tempo passato dal quale non si riesce in alcun modo a progredire. Nelle fotografie notiamo anche la presenza di una moltitudine di bambini: c’è chi gioca a pallone tra i pianerottoli interni delle vele, chi passa il tempo su un’altalena in un parco coperto dall’erba troppo alta, chi si nasconde dietro dei tramezzi improvvisando un classico “nascondino”. Le immagini sono accompagnate dalle parole in voice over di Emanuele Cerullo:
Vedo Scampia come un posto in cui un’acqua violenta, sporca, gelida, stregata, tenta di travolgere tutto e tutti, riducendo la vita dei travolti in blocchi di ghiaccio. Questa illegalità diffusa ha reso Scampia un quartiere ferito e malato, ma noi ragazzi con le nostre parole e il nostro voler vivere nell’onestà e nella giustizia, possiamo sciogliere questo ghiaccio sporco e far rinascere Scampia per sempre.
Così si apre Simme tutt’uno di Alice Franchi, realizzato nell’ambito di un progetto promosso dall’University of Westminster. Nel documentario assistiamo ad un continuo alternarsi di interviste ad attivisti impegnati nella zona con immagini più immersive, in grado di trasportarci direttamente nella vita quotidiana del rione, accompagnandoci passo dopo passo alla scoperta dei luoghi. La staticità delle testimonianze è interrotta, a più riprese, da sequenze che ci mostrano gli spostamenti necessari per muoversi tra i diversi spazi: dall’interno della macchina è re-inquadrato il panorama del finestrino, mentre le inquadrature fisse che si alternano tra i diversi incontri ci offrono momenti di riflessione per osservare ciò che, da esterni, non conosciamo.
Per filmare le attività del rione, Alice Franchi fa uso di una macchina a mano traballante, riuscendo a farci sentire in diversi momenti uno sguardo immediato. A questo scopo contribuisce anche l’uso della macchina da presa ad “altezza bambino”, che ci consente di adottare la prospettiva visiva dei bambini. L’approccio della giovane regista al tema è delicato: Franchi riesce ad entrare nella quotidianità del contesto, andando oltre gli stereotipi che l’immaginario mediale ha contribuito a generare. Altri lavori invece hanno scelto di percorrere strade diverse rispetto a quelle che tendono a sottolineare le tante criticità del luogo. Tra questi spicca il lungometraggio di Francesco Di Martino, Scampìa Felix (2017), che racconta l’evoluzione, dal 1983 ad oggi, del Corteo di Carnevale del quartiere.
Cineasti come Alice Franchi tentano di restituire a questi luoghi un’immagine libera dai luoghi comuni, come dimostra la sequenza finale: se fino a questo momento a portarci nel mondo delle Vele era stata una “mano esterna”, che tentava di osservare il mondo dal punto di vista di un bambino, adesso è proprio uno di loro a porsi dietro la macchina da presa. Vediamo infatti una bambina con gli occhiali prendere in mano la videocamera, riprendendo il proprio volto. In seguito, inquadra una ragazza, la regista, che le spiega come usarla e la invita a filmare tutto ciò che vede all’esterno dell’auto nella quale si trovano. È l’amatorialità delle immagini a catturare ancor di più l’attenzione di chi sta guardando. Tutto ciò che la piccola Martina filma accompagna la voce off, che racconta l’esperienza d’entrare per la prima volta in quelle enormi vele, che fino a quel momento era riuscita a vedere soltanto da fuori e dalla televisione.
Le riprese amatoriali aggiungono un livello di autenticità che rafforza quanto visto finora, amplificando la percezione della realtà. Questa scelta, spesso adottata in produzioni documentaristiche finalizzate a filmare gli spazi in contesti di guerra, mira a offrire allo spettatore una prospettiva “capovolta”, ribaltando completamente il punto di vista e offrendo una visione molto più intima. La videocamera, posizionata stavolta per davvero ad “altezza bambino”, riesce a esplorare e rivelare quegli spazi, con una sincerità visiva impossibile da raggiungere con i filtri di una serie tv o di un telegiornale.
Simme Tutt’uno. Regia: Alice Franchi; sceneggiatura: Alice Franchi; fotografia: Freddie Logan; montaggio: Alice Sacco; musiche: Daniele di Bonaventura, Carlo Maver; produttori: Alice Franchi, Yasmin Boxall; produzione: University of Westminster; origine: Italia, UK; durata: 25′; anno: 2023.