L’avvio di questo testo introduttivo su Aristotele è, come raramente accade nel caso di lavori che svolgono il ruolo di guide ad un primo studio di questo o quel filosofo, estremamente suggestivo. John Sellars esordisce ad effetto: nel 1996, ad Atene, appena iniziati i lavori di preparazione del sito che avrebbe dovuto ospitare un nuovo museo di arte contemporanea, gli archeologi videro emergere dagli scavi una serie di resti che, se a prima vista sembravano trascurabili, una volta compiute le dovute indagini, rivelarono tutto il loro valore. Intenti a scavare per dare alla produzione artistica contemporanea una nuova casa, coloro che stavano lavorando al sito hanno riportato in superficie uno dei luoghi decisivi per la genesi e lo sviluppo del pensiero occidentale: il Liceo.
Da questo momento, Aristotele, che dalla storia delle idee non era mai uscito, rientra anche nella storia vera e propria. I suoi luoghi, quelli in cui in età matura si ritrovava con amici e interessati a discutere di filosofia, sono ora visibili ed esperibili; le molteplici ramificazioni assunte dalla sua attività teoretica trovano in questi pochi resti archeologici il loro punto d’origine; il suo vissuto riemerge. «Assaggio» (Sellars 2024, p. XI) di tutto ciò è il modo in cui Sellars definisce l’operazione che compie all’interno di questo lavoro, il cui obiettivo è sostanzialmente quello di fornire un’«impressione» (ivi, p. XI) dei contenuti fondamentali del theorein aristotelico e dimostrare quanto, questo genio filosofico, abbia influenzato il nostro modo di fare scienza e continui a farlo. Pertanto, il corpo centrale di questo nostro contributo indagherà le principali linee di composizione dell’ottimo schizzo che di Aristotele viene in questo testo offerto.
L’analisi operata da Sellars nei riguardi delle strutture caratterizzanti l’articolata architettura filosofica aristotelica è godibile e concettualmente chiara, certo non completa – e, trattandosi di Aristotele, non potrebbe essere diversamente –, ma comunque sufficiente ad imprimere nel lettore un’immagine generale del pensiero del filosofo greco. In particolare, nel primo capitolo del suo breve saggio, l’autore tematizza assai opportunamente la questione del rapporto teorico che – insieme a quello con Teofrasto – è stato il più significativo della vita di Aristotele: quello col suo maestro Platone. Pur lavorando filosoficamente nel medesimo ambito problematico, quello dell’indagine relativa alle cause e ai principi della realtà, lo Stagirita ribalta la teoria platonica dell’ousia come immutabile paradigma eidetico, affermando che ciò che è (dunque ciò che esiste primariamente) non è la forma ideale di cui le cose sensibili misteriosamente parteciperebbero, ma la cosa sensibile stessa – che Aristotele chiamerà «sostanza prima» nelle Categorie –, ovvero ciò che esiste concretamente: Socrate, Alcibiade…e non l’idea extra-sensibile di uomo.
Successivamente Sellars passa ad analizzare l’Aristotele studioso della dimensione naturale, soffermandosi sul periodo trascorso da questi sull’isola di Lesbo. Gli anni trascorsi qui rappresentarono un punto di svolta per Aristotele. Anzitutto, tale isola gli offrì l’opportunità di conoscere Teofrasto, col quale divenne amico e collaborò per il resto della vita; ma soprattutto, la zona lagunare dell’isola, luogo in cui l’ormai ex accademico soleva trascorrere le giornate, si rivelò essere il contesto perfetto all’interno del quale studiare e dissezionare gli animali. A prima vista, questa occupazione potrebbe sembrare non degna di un filosofo quale fu Aristotele. Considerazione errata, nota Sellars, dal momento che la zetesis zoologica consentì ad Aristotele di pervenire all’elaborazione di molte delle sue più rilevanti acquisizioni filosofiche. Su tutte: la “forma” come chiave per comprendere il ti esti di un ente; la concezione ilemorfica delle realtà prime (ogni sostanza prima è composta da materia e forma) e la quadripartizione del principio causale, idea, ancor oggi, assai fertile in campo biologico.
Lo studio meticoloso dell’ambito della physis, cui il filosofo dedicò tutta la sua esistenza, comprese anche quello che per Aristotele fu il vertice: l’essere umano. Infatti, nei primi capitoli, l’attenzione dell’autore si rivolge all’Aristotele indagatore tanto delle modalità mediante le quali l’essere umano elabora i suoi ragionamenti, quanto dei modi eticamente corretti di stare all’interno di una comunità politica. Nell’ambito disciplinare della Logica, Aristotele fu, ancora una volta, assai produttivo: le sue opere logiche, al netto delle valutazioni specialistiche che su tale corpus possono essere fatte, influenzeranno potentemente il modus operandi logico-dialettico medievale. In particolare, nota argutamente Sellars, la teoria del sillogismo rappresenta il primo passo compiuto nella storia della filosofia in direzione dell’elaborazione di un fondamento logico del sapere scientifico.
In ultimo, per quanto concerne la scena della praxis umana, l’autore del saggio si destreggia ancora una volta con sapienza all’interno del materiale aristotelico, ponendo opportunamente l’enfasi su quella che è la più significativa posizione del fondatore del Liceo in materia di etica: la mesotes, l’individuazione della virtù come capacità di risiedere nel mezzo. Comportamento virtuoso è quello che sfugge all’eccesso, come nel caso di un uomo coraggioso: virtuoso poiché né schiavo della paura, né follemente temerario. Tale predilezione etica per un comportamento scevro di eccessi, conduce inoltre Aristotele, sul piano politico, a privilegiare la classe media che, come Sellars giustamente rileva, è il soggetto politico che più è in grado di garantire la fioritura della comunità.
Tuttavia, i passaggi più incisivi ed appassionanti di questa ricognizione aristotelica, sono quelli situati al termine della settima, ed ultima, lezione. Qui l’autore – dopo aver dato anche spazio all’Aristotele indagatore del “come” debba esser prodotta una buona tragedia – si confronta con quella che è la più grande eredità della filosofia aristotelica, ovvero quell’esigenza di ricerca, nei riguardi di ciò che ci circonda. Tale disposizione intellettuale, secondo lo stesso Aristotele, era il modo migliore e più nobile di stare al mondo per l’essere umano (il bios theoretikos).
Nelle battute finali, Sellars, tessendo un filo che unisce Aristotele ai grandi della scienza moderna (come Galileo e Darwin), ci lascia intuitivamente comprendere che essere aristotelici oggi significa non aver perso quello slancio indagatore nei confronti di ciò che abbiamo intorno; non aver lasciato che la fiamma della conoscenza si spegnesse e, anzi, continuare giorno dopo giorno ad accrescerla con nuove, anche piccole, scoperte. In una formula: stare con Aristotele oggi, significa rifarsi ancora alle parole che quest’ultimo utilizza come incipit della Metafisica, secondo cui: «Tutti gli uomini per natura tendono al sapere».
Sette brevi lezioni su Aristotele è per forma, contenuto ed estensione, una sorta di “introduzione alle introduzioni” di Aristotele: un testo che, dunque, ci fornisce le conoscenze primarie della filosofia aristotelica, la cui acquisizione può essere importante se ci si vuole confrontare con introduzioni più ampie e rigorose.
John Sellars, Sette brevi lezioni su Aristotele, Einaudi, Torino 2024.