Il primo gennaio del 1963 viene trasmessa sulla TV giapponese Astro Boy, serie animata creata da Tezuka Osamu e tratta dal suo omonimo manga pubblicato circa un decennio prima. La serie rivoluzionerà ed influenzerà il modo di fare animazione per la televisione nei decenni successivi, in un periodo in cui la televisione si stava sostituendo come spettacolo, casalingo, al cinema che verso la fine del decennio avrebbe visto molti dei suoi studi crollare ed implodere. La rivoluzione portata avanti da Tezuka e dalla sua Mushi Production fu quella di puntare su una animazione “ridotta”, che usa cioè meno disegni per creare il movimento e che si basa quindi più sulla storia narrata ed i personaggi impiegati, in modo da poter sfornare più episodi possibili in breve tempo. Ad Astro Boy rispose la Tōei Dōga con Okami Shōnen Ken, serie che, in contrasto con il lavoro di Tezuka che usava circa 1000 disegni per puntata, produceva dai 4 ai 5 mila disegni ad episodio. Quello che ci interessa qui però è che questa serie televisiva fu l’occasione che fece incontrare Takahata Isao, direttore di alcuni episodi dell’anime, e l’intercalatore Miyazaki Hayao, con Ōtsuka Yasuo, tre figure che nel corso dei decenni successivi creeranno un sodalizio che finirà per cambiare i destini dell’animazione giapponese.
Ōtsuka Yasuo è scomparso lo scorso 15 marzo a 89 anni, dopo una vita dedicata all’animazione ed al suo insegnamento, e a darne notizia è stato Suzuki Toshio, storico fondatore e produttore dello Studio Ghibli. Se è vero che si tende spesso a glorificare il singolo e la sua unicità, soprattutto quando lo si celebra dopo la sua scomparsa, quando invece il percorso professionale di un artista è molte volte soprattutto la risultante di incontri, del sorgere di comunità e collettivi di idee, e non da ultimo di contingenze storiche, è altrettanto innegabile come Ōtsuka abbia saputo coagulare nel suo lavoro molte delle innovazioni che hanno fatto diventare l’animazione dell’arcipelago quella che è oggi.
Nato nella prefettura di Shimane, fin da ragazzo Ōtsuka si diletta a riempire i suoi quaderni di disegni, specialmente quelli di automobili o mezzi militari, una vera e propria passione che lo accompagnerà per tutta la sua vita. A soli 25 anni entra nello studio di animazione Nichidō, che di lì a poco sarebbe diventato Tōei Dōga, uno dei nomi più importanti nella storia del disegno animato dell’arcipelago. Allo sviluppo della Tōei Dōga Ōtsuka contribuisce molto sia con il suo talento come disegnatore che con la sua concezione dell’animazione.
Nel 1968 Ōtsuka, Miyazaki e Takahata si ritrovano per realizzare quello che viene ancora oggi considerato come il primo capolavoro dell’animazione giapponese moderna, Taiyō no ōji – Horusu no daibōken (La grande avventura del piccolo principe Valiant). Sul lungometraggio si potrebbe scrivere un trattato, tanto per la ricezione, fallimentare, che ricevette al botteghino, quanto per la situazione socio-politica in cui venne prodotto, ma per l’argomento che qui trattiamo, ci limiteremo a soffermarci sullo stile di alcune animazioni utilizzate nel lungometraggio. Il film è realizzato, come le altre produzioni della Tōei Dōga del decennio, in full-animation, cioè che un numero di disegni per secondo elevato, che danno al movimento quella caratteristica fluidità che si ritrova anche nei lavori Disney dell’epoca. Ōtsuka introduce in Hols, con l’aiuto di Miyazaki, un diverso modo di concepire il movimento animato, mescolando nella stessa scena animazioni realizzate con un numero elevato di disegni, con altre dove il movimento è “ridotto” (come quello in Astro Boy, per intenderci).
I primi minuti del film prima dei titoli di testa restano ancora oggi un capolavoro dell’arte animata, la lotta serrata fra il giovane protagonista munito di ascia contro un branco di lupi è una sorta di danza delle prospettive, e quando dalla terra si risveglia il gigante di pietra, i cui movimenti sono resi con una frequenza di disegni minore proprio per sottolinearne la legnosità ed il peso, ecco che l’innovazione tecnica di Ōtsuka si dispiega in tutta la sua potenza. Ancora più sbalorditiva è in questo senso la scena dove Hols lotta con un pesce gigante e dove questa framerate modulation, come viene chiamata in inglese, viene usata per creare un movimento che alterna fluidità a scatti improvvisi. Proprio questi pochi minuti vengono spesso citati come l’inizio di un nuovo modo di fare animazione ed intendere il movimento nel medium, sviluppo che troverà il suo culmine stilistico ed espressivo nei lavori per la televisione dell’animatore Kanada Yoshinori (1952-2009).
Se Hols rappresenta uno spartiacque e in qualche modo la summa delle opere realizzate per la Tōei Dōga, l’altro lavoro a cui spesso viene accostato il nome di Ōtsuka è quello di Lupin III. Il suo amore per i mezzi meccanici, specialmente le automobili, lo fa avvicinare sul finire degli anni sessanta al progetto di trasferire sul piccolo schermo il manga creato da Monkey Punch, viene chiamato dal presidente della Tokyo Movie, Fujioka Yutaka, e lasciando la Tōei lì si trasferisce. È storia abbastanza nota come i primi episodi della serie animata, il Lupin con la giacca verde per intenderci, avessero un gradimento molto basso e come Miyazaki e Takahata furono chiamati proprio da Ōtsuka per risollevarne le sorti. Ma è forse meno noto come lo stile animato, nonché la presenza della Fiat 500 nella storia, siano il prodotto della creatività di Ōtsuka stesso, supervisore delle animazioni per tutta la serie. Le collaborazioni fra i tre, Miyazaki, Ōtsuka e Takahata, continuano anche negli anni successivi (Jarinko Chie, Panda-Kopanda o Il fiuto di Sherlock Holmes ad esempio), e la ragione per cui Miyazaki debuttò come regista nel 1979 in Lupin III – Il castello di Cagliostro è legata ad una sorta di patto con Ōtsuka. Questi accettò il ruolo di direttore delle animazioni in Conan il ragazzo del futuro (1978) e come una sorta di scambio reciproco, Miyazaki accettò il ruolo di regista nel lungometraggio dedicato a Lupin che Tokyo Movie e Ōtsuka volevano realizzare.
Dalla metà degli anni ottanta in poi la passione per l’insegnamento occuperà una grande fetta del suo tempo lavorativo alla Telecom Animation Film, impegno che gli permetterà di influenzare e lanciare le carriere di altri giovani animatori. La gioia che si percepisce durante le sue lezioni (alcune clip si possono vedere in rete) ma anche negli sketch che sul finire della sua vita disegna per riviste di veicoli militari (il documentario che lo Studio Ghibli gli ha dedicato nel 2003 è intitolato proprio Yasuo Ōtsuka’s Joy in Motion), è la stessa che traspare in tutti i lavori che la sua mano ha toccato in quasi sessant’anni di carriera.
Animazione significa mostrare il movimento attraverso l’arte, descriverlo con la tua arte. Personalmente mi piacerebbe un’animazione dove anche conoscendo la storia, la si possa guardare e riguardare per il solo piacere del movimento (Ōtsuka Yasuo).