«Se la mia infanzia avesse un colore, sarebbe il grigio». Così Michel Legrand parla della sua infanzia, caratterizzata dall’assenza del padre Raymond, musicista e direttore d’orchestra, e dalla figura forte della madre, che nel film autobiografico Cinq jours en juin (1989) prende i tratti di Annie Girardot. Leggendo l’autobiografia di questo musicista così versatile e prolifico, autore di alcune delle più belle musiche per il cinema, ma anche di canzoni di grande successo, appare subito quanto sia stato determinante per la sua vita professionale l’incontro con la musicista Nadia Boulanger. Donna coltissima e figura di punta degli ambienti musicali francesi dell’epoca, “Mademoiselle”, come la ricorda Legrand, ha contribuito a formare compositori del livello di Fauré, Debussy e Ravel. Sono anni di duro studio quelli in cui Legrand frequenta i corsi tenuti da “Mademoiselle” presso il Conservatorio: la Boulanger, era infatti un maestro inflessibile e rigido e richiedeva rigore, disciplina e dedizione assoluti. Allo stesso tempo però, questi anni di formazione furono decisivi perché permisero a Legrand di acquisire una formazione così solida e completa da potersi confrontare con l’orchestrazione, la composizione e la direzione di ogni genere musicale: «Mi chiedono spesso da dove vengono le idee, come nasce una melodia, un colore orchestrale, un contrappunto. La creazione è per il cinquanta per cento tecnica e per l’altro cinquanta ispirazione».
Fin dagli anni cinquanta si dedica intensamente all’attività di compositore e arrangiatore per alcune figure tra le più importanti della canzone francese, tra cui Maurice Chevalier: è proprio lavorando alla parte musicale dei suoi spettacoli per i quali proponeva ardite composizioni e arrangiamenti jazzistici, spesso anche non apprezzati dal pubblico, che entra in contatto col mondo dello spettacolo e diventa maestro nel creare quella sintonia col pubblico che lo porterà a scrivere memorabili pagine di musiche per il cinema.
Le canzoni e i brani più popolari e di successo di questa prima stagione compositiva rivelano l’eclettismo e lo sperimentalismo che caratterizzeranno l’intera produzione di Legrand: I love Paris (1954) e La Valse des lilas (1956) rientrano nella tradizione della chanson francese; J’irai chacher sur vos tombes (1956) e Digue-ding-ding (1956) – quest’ultima usata da Steven Spielberg nel trailer di Prova a prendermi (2001) – importano in Francia generi americani come il rock e il twist; il jazz trova la sua più compiuta espressione nell’album Legrand jazz (1958).
Il nome di Legrand è però strettamente legato alla musica per il cinema. Nonostante avesse frequentato questo genere fin da giovanissimo, la sue prime composizioni significative sono per il film L’Amerique insolite (L’America vista da un francese, Reichenbach, 1960), in cui propone i generi e gli stili più diversi, secondo un modus operandi che sarà una costante nella sua opera: «Con Reichenbach ho capito che, componendo per il cinema, posso fare una sintesi tra le mie diverse culture. Infatti la musica per film riunisce tutti i linguaggi della musica».
Determinante per la sua carriera è però l’incontro con Jacques Demy che gli propone di comporre le musiche per Lola (1961), dando così inizio ad un felice sodalizio che per circa un decennio farà di Legrand il vero e proprio alter ego musicale del regista: la collaborazione continua con le musiche romantiche e passionali di La baie des anges (La grande peccatrice, 1963) e quelle di Les parapluies de Cherbourg (1964), un film che per la novità dell’impianto musicale trovò resistenza tra i produttori, ma che comunque vinse la Palma d’oro a Cannes. Les parapluies rappresentava infatti un nuovo genere di film musicale, in alternativa a quello americano: oltre alle canoniche pause liriche espresse dalle forme chiuse cantate dai diversi personaggi, i dialoghi della conversazione quotidiana d’argomento più banale erano associati a musiche che si adattavano al ritmo naturale della parola, in un flusso continuo. Le produzioni successive, Les Demoiselles de Rochefort (Josephine, la donna dei miei sogni – 1966), Peau d’âne (La favolosa storia di Pelle d’asino – 1970), consolidano in qualche modo questo nuovo genere, in cui il canto non caratterizza le pause liriche, ma si estende anche ai momenti d’azione, come la ricetta per il “cake d’amour” cantata da Catherine Deneuve-Pelle d’asino nell’omonimo film.
Nonostante il legame privilegiato con Demy, Legrand collabora con successo con altri registi, sia in Francia (Agnès Varda, Jean-Luc Godard), sia negli Stati Uniti (Joseph Losey), dove è sempre più richiesto, ed inizia una intensa collaborazione con il cinema americano. Non sempre le pellicole che gli propongono, numerose e talora mainstream, sono in sintonia con la sua vena compositiva: le musiche per alcune di queste sono particolarmente felici, come The Thomas Crown Affair (Il caso Thomas Crown, 1968) di N. Jewison che conteneva The Windmills of your Mind, premio Oscar per la migliore canzone di quell’anno; i brani malinconici e struggenti di Summer of ’42 (Quell’estate del ’42, R. Mulligan, 1971), composti sulle suggestioni dei ricordi d’infanzia e che ebbero l’Oscar per la migliore musica per film; le musiche tradizionali yiddish rivisitate in chiave moderna di Yentl (Barbra Streisand, 1983), che valsero a Legrand il secondo premio Oscar per la musica.
Parallelamente alla composizione per il cinema, Legrand incide dischi con i musicisti e i cantanti più famosi, come Sarah Vaughan (1972), e compone innumerevoli canzoni e si cimenta in generi diversi, tra cui anche il balletto (Liliom, 2010). Legrand è un musicista che raccoglie nel suo orizzonte ogni genere di musica: conosce bene la musica “classica”, ma frequenta assiduamente anche quella popolare – di fruizione più facile ed immediata –, e il jazz, riuscendo così a far presa sia sul pubblico delle sale da concerto, sia su quello che frequenta gli spettacoli degli chansonniers. Partendo da questo background che tocca con successo molti e diversi generi, tutti tra loro complementari, arriva alla musica per il cinema che li abbraccia tutti: «Ho capito che, componendo per il cinema, posso fare una sintesi tra le mie diverse culture. Infatti la musica per film riunisce tutti i linguaggi della musica».
Pur passando attraverso sperimentazioni e contaminazioni, tiene però sempre presente la sua formazione musicale classica che lo fa propendere per la melodia, per un romanticismo intriso sempre di ironia e di una vena di umorismo che arriva talora allo sberleffo. In ogni caso si tratta di una musica che ha una parte attiva nel film, non serve solo da sfondo: «Il suo ideale è fare film – dice Ermanno Comuzio – in cui visivo e sonoro siano della stessa importanza, in cui immagine e suono nascano insieme, germinino da una stessa esistenza: film musicali, quindi, o anche musica da vedere».
Riferimenti bibliografici
E. Comuzio, Michel Legrand, Assessorato alla Cultura, Venezia 1982.
M. Legrand, S. Lérouge, J’ai le regret de vous dire oui, Fayard, Paris 2018.
G. Grove, S. Sadie e J. Tyrrell (a cura di), The New Grove Dictionary of Music and Musicians, Macmillian, vol. 14, London 2001.