di SEBASTIANO CARONI
A partire da Quality Land di Marc Uwe-Kling.
I recenti sviluppi della società dell’informazione e della comunicazione hanno rilanciato un ampio dibattito sulla pervasività della tecnologia digitale nella nostra vita quotidiana. Lo testimoniano tanto serie TV come Black Mirror, documentari come The Social Dilemma, ma anche saggi e riflessioni, come quelle dello storico Yuval Noah Harari o della psicologa e sociologa Sherry Turkle. Le prese di posizione generate da questo ampio dibattito tendono, però, ad essere spesso viziate da una logica del confronto, in cui si privilegiano opposizioni binarie. Ne risultano quindi sguardi sul tema che sono, sovente, o apertamente apologetici o smaccatamente critici, il che non aiuta certo lo sviluppo della pluralità dei punti di vista. Tuttavia, esistono anche prodotti letterari, cinematografici e televisivi che portano una ventata di comicità e uno sguardo umoristico e disincantato sul mondo della tecnologia digitale, senza per questo rinunciare a veridicità e accuratezza. È il caso di due prodotti recenti e legati al filo rosso della continuità. Stiamo parlando delle serie Tv Silicon Valley, prodotta dall’americana HBO, e del romanzo fantascientifico Quality Land (2020) dell’autore tedesco Marc Uwe-Kling.
Quality Land è il titolo di un recente e fortunato romanzo di Marc Uwe-Kling, musicista, comico, e artista tedesco laureatosi in filosofia presso la Freie Universität di Berlino. Nel mondo – neanche poi così tanto fantascientifico – raccontato in Quality Land, gli individui rinunciano felicemente alla propria libertà, e gli equilibri socio-economici di un intero Paese vengono affidati alle logiche di un algoritmo. Peter, che è il protagonista del romanzo e di mestiere fa il rottamatore di robot, un giorno riceve un pacco recapitato da un drone intelligente inviato di TheShop, azienda che domina il mercato online. Il pacco contiene un vibratore rosa a forma di delfino che però Peter, ne è strasicuro, non ha mai ordinato. Dato l’equivoco, a Peter non resta che riportare il pacco al rivenditore; ma, come ripetono un po’ tutti a TheShop, la restituzione non è possibile, poiché andrebbe contro il sistema. E il sistema, a Quality Land, non sbaglia mai.
Sembra quasi una scena di Black Mirror (serie TV che indaga le possibili derive della tecnologia digitale) se non fosse per l’imbarazzante sex toy, e la situazione vagamente grottesca, poco consoni alla serie. In realtà, siamo al cospetto di un romanzo che fa dell’umorismo il suo punto di forza. Commedia e umorismo – ce lo dicono Pirandello, Bergson, Freud –, vengono generati quando, all’interno di una data situazione, appaiono elementi dissonanti che le fanno prendere una piega inattesa. Al tempo stesso, i deragliamenti di senso tipici dell’umorismo vanno di pari passo con l’emergere di una chiave di lettura che permette di riappropriarsi del reale interpretandolo in modo inedito. Per questo, in Quality Land dietro la facciata futuristica si intravedono dinamiche, tendenze e squilibri che sono tipici dei nostri tempi. Fra robot che si candidano alle presidenziali, social media che intralciano la vita sentimentale dei protagonisti, e una politica sovranista che riprende i populismi attuali, il romanzo di Uwe-Kling è tutto un crescendo di avventure che viaggiano costantemente sul doppio binario della fantascienza e dell’umorismo.
Del libro, occorre dire, esistono due versioni, una per ottimisti e l’altra per pessimisti. Lo rivela un’indicazione e il colore della copertina (più sgargiante per gli ottimisti, più sobria per i pessimisti); così come, all’interno del libro, alcune parti inserzionistiche a margine di un testo che però, di fatto, rimane invariato. Non può certo sfuggire la sottile ironia nel proporre due varianti che, pur diverse per alcuni aspetti appariscenti ma, tutto sommato, secondari, nella sostanza si equivalgono. E sempre sulla copertina, questa volta di entrambe le varianti, risalta il commento «molto divertente e terrificante», firmato da Mike Judge. Parole che, indubbiamente, colgono l’unicità del romanzo. E Mike Judge, del resto, è in ottima posizione per fare un simile commento.
Assoluto caso letterario in Germania, il romanzo di Uwe-Kling non è certo passato inosservato oltre oceano; tanto che la HBO, colosso televisivo americano, ne ha acquisito i diritti televisivi, affidando al regista e produttore Mike Judge il compito di trasformare il libro di Uwe-Kling in una serie TV. Per chi non lo conoscesse, Mike Judge è l’ideatore di Beavis and Butthead, serie animata che negli anni ‘90 era parte integrante del palinsesto di MTV. Judge è anche noto per altri progetti, come King of the Hill, la terza serie animata americana più longeva dopo i Simpson e I Griffin. A lui, infine, si deve anche l’ideazione di Silicon Valley, la fortunata serie TV trasmessa in prima visione proprio su HBO dal 2014 al 2019 per un totale di 6 stagioni. Vediamo meglio di cosa si tratta.
La serie racconta di un gruppo di giovani programmatori che nel cuore della Silicon Valley lanciano una start-up chiamata Pied Piper. Il progetto inizialmente prevede lo sviluppo di una piattaforma musicale in grado di distinguere composizioni originali da plagi. Poi però, rapidamente, l’idea inziale si rivela molto più promettente se applicata in altri campi, in particolare nella compressione dei dati. Le aziende che si occupano di tecnologie digitali fiutano subito l’innovazione e, intuendo il potenziale rivoluzionario della trovata, presentano a Richard Hendricks – il principale autore della piattaforma –, delle offerte decisamente generose. Richard, ormai conteso da più parti, fatica a gestire con disinvoltura le trattative con potenziali acquirenti o eventuali partner del progetto. Ormai però le carte sono in tavola, e Richard e i suoi colleghi hanno per le mani un’idea che può valere milioni. Anche se farla fruttare sarà tutt’altro che semplice, per lo spettatore il divertimento è assicurato.
Dal punto di vista formale, la serie raggiunge gli effetti umoristici attraverso più soluzioni. Innanzitutto, ricorrendo al meccanismo della caricatura, accentuando per esempio la spregiudicatezza e il cinismo dell’imprenditore, esagerando l’assenza di empatia dei programmatori, oppure evidenziando la fragilità mentale in un personaggio, o l’arroganza di un suo rivale. In secondo luogo, la narrazione si sviluppa, molto spesso, attorno ai comportamenti imprevedibili dei personaggi. Talentuosi e capaci nel proprio ambito di specializzazione, i personaggi di Silicon Valley si rivelano alquanto sprovveduti in situazioni che a molti parrebbero banali. Ciò innesca, inevitabilmente e con una certa regolarità, un effetto di discrepanza fra le aspettative del ruolo, e gli atteggiamenti disadattivi esibiti dai personaggi. Ad amplificare questi due procedimenti formali, se ne aggiunge poi un terzo: nel contesto della durata media di una puntata che è di circa 28 minuti, colpisce la considerevole rapidità con la quale si susseguono, fra colpi di scena e continui capovolgimenti di fronte, gli sviluppi narrativi. Questo terzo effetto ci sembra doppiamente significativo: dapprima perché rappresenta in maniera mimetica la rapidità del progresso tecnologico, l’imprevedibilità e gli smottamenti di un mercato in constante movimento. Secondariamente, perché la rapidità narrativa con cui si susseguono le vicende si concilia alla perfezione con l’esigenza dei creatori di prodotti seriali: tenere alto l’interesse degli spettatori per permettere la continuità, e la sopravvivenza, di una serie TV nel contesto di mercato audiovisivo sempre più competitivo.
In Silicon Valley, la comicità delle situazioni e dei personaggi nasce quindi dal fatto che la serie racconta con disincanto e umorismo le dinamiche e i meccanismi che regolano il business della tecnologia, i rapidi capovolgimenti di fronte dovuti a un mercato estremamente volatile e competitivo, la corsa per il controllo dell’innovazione e i colpi bassi che la condizionano, le politiche aziendali e le strategie di marketing legate al mondo del digitale. Di primo acchito, si potrebbe pensare che la serie si limita a parodiare e caricaturare situazioni e personaggi, esponendo per esempio la nota discrepanza fra il talento e la creatività dei nerd in ambito tecnologico, e la loro quasi totale mancanza di savoir faire quando si stratta di muoversi in situazioni più mondane. Una discrepanza che, non a caso, sta anche alla base della comicità di The Big Bang Theory, una sitcom che riflette bene alcuni cambiamenti paradigmatici della nostra società. Del resto, non è un segreto se la figura del nerd, esemplificata egregiamente tanto dai giovani ricercatori di The Big Bang Theory che dai programmatori di Silicon Valley, abbia guadagnato popolarità presso le nuove generazioni, diventando in pochi decenni, complice la rapida rivoluzione in ambito digitale, un modello identitario altamente attrattivo e desiderabile.
Assieme a The Big Bang Theory, Silicon Valley ha dato ulteriore visibilità alla figura del nerd, mostrando anche aspetti meno noti che impregnano la cultura tecnologica della valley. Mike Judge, del resto, conosce bene quel mondo, avendo iniziato la sua carriera proprio come programmatore, e ciò indubbiamente gli dà un certo vantaggio nel descrivere il mondo del digitale da insider. Come afferma poi lo stesso Judge in alcune interviste realizzate dal portale Screen Slam, vedendo la serie diversi esponenti di spicco del mondo del digitale hanno ritrovato situazioni che sono letteralmente capitate anche a loro. Anche un personaggio come l’imprenditore Elon Musk, inizialmente scettico, ha poi definito come impressionante (amazing) il modo in cui la serie coglie lo spirito imprenditoriale della Silicon Valley. Bill Gates, dal canto suo, ammette che quello che succede nella serie gli ricorda molto da vicino alcune sue esperienze. Lo stesso Gates, tra l’altro, farà una breve comparsa nell’episodio che chiude la serie.
Come è facile intuire, tanto lo scrittore Marc Uwe-Kling, quanto il produttore e regista Mike Judge, sfruttano la realtà quale materia prima per confezionare un prodotto di intrattenimento che, senza rinunciare alla critica pungente, sfocia nella comicità e nell’umorismo. Nel realizzare questo doppio effetto, Quality Land e Silicon Valley sono particolarmente affini. Non sorprende quindi che la HBO abbia scelto proprio Judge per realizzare la trasposizione televisiva del romanzo di Uwe-Kling.
Riferimenti bibliografici
H. Bergson, Il riso, Laterza, Roma-Bari 1993.
S. Freud, Il motto di spirito, Rizzoli, Milano 1983.
T. Gioia, The birth and death of the cool, Speck Press, Golden 2009.
Y. N. Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, Bompiani, Milano 2018.
M.-U. Kling, Quality Land, Feltrinelli, Milano 2020.
L. Pirandello, L’umorismo, Mondadori, Milano 1992.
S. Turkle, La conversazione necessaria, Einaudi, Torino 2016.
Marc-Uwe Kling, Quality Land, Feltrinelli, Milano 2020.