Yuk Hui si è ormai affermato anche in Italia come un autore imprescindibile nel contesto della riflessione filosofica contemporanea in generale e nell’ambito della filosofia della tecnica in particolare. Fin dalla pubblicazione della sua prima monografia, intitolata On the Existence of Digital Objects (2016), il filosofo di Hong Kong ha saputo proporre riflessioni sulle tecnologie contemporanee senza lasciare da parte la ricca e complessa tradizione filosofica continentale, spesso trascurata, se non letteralmente rimossa, da altri autorevoli pensatori. Il volume in oggetto comprende un’illuminante introduzione della curatrice del volume, Brunella Antomarini, particolarmente utile per chi non è pratico del pensiero di Hui, due saggi tradotti e un’intervista all’autore.

Il primo articolo, La filosofia dopo la cibernetica, è il più recente dei due (Hui 2021). Opportunamente posto come primo in ordine di lettura, il saggio restituisce una riflessione maggiormente articolata e strutturata del pensiero di Hui in merito al destino della filosofia nell’era dell’automazione. Il testo è inquadrabile come un saggio di epistemologia, il quale si interroga sulle condizioni di partenza per una possibile filosofia dopo che, seguendo Heidegger (1976), questa disciplina ha esaurito la sua capacità unificatrice nei confronti delle altre scienze, compiendo così il suo destino.

Se da un lato Hui segue il suo maestro, Stiegler, nel proporre una rilettura originale della storia della filosofia occidentale attraverso il concetto di tecnologia, dall’altro sembra essere particolarmente attratto da alcuni momenti salienti di questo percorso, quelli che esprimono la contrapposizione tra meccanicismo e organicismo. Il punto culminante di questa storia è collocato dal filosofo nella cibernetica, e in particolare nell’opera di Wiener, richiamato molte volte nel testo. Hui ribadisce l’idea di Wiener secondo cui un rifiuto del tempo meccanico e omogeneo della fisica e insieme un’adesione al tempo organico, eterogeneo, proprio delle scienze biologiche, deve costituire l’assunto epistemologico di partenza per una cibernetica finalmente emancipata dalle pastoie del meccanicismo e proiettata come nuova filosofia, come disciplina in grado di unificare tutte le altre scienze. Su questo punto Hui non manca di citare il celebre testo di Heidegger (1988).

L’espressione principale di questa nuova fase storica sta per Hui nell’apparizione di macchine ricorsive digitali, le quali si configurano come sistemi di materia inorganica che si organizza portando il concetto di Gestell oltre i limiti della filosofia organica. Il superamento dell’organico parziale, contrapposto al meccanico, è esplicitato nel secondo saggio del volume, mediante il concetto di seconda natura.

Il secondo capitolo del volume è il meno recente. La catastrofe algoritmica: La rivincita della contingenza, è un articolo del 2015, dunque antecedente rispetto alla monografia sugli oggetti digitali. Il saggio restituisce l’impressione di un autore ancora non completamente giunto a una sistematizzazione teorica stabile, bensì alle prese con i fenomeni, con l’esperienza globale delle conseguenze della tecnologia quale punto di partenza della sua riflessione filosofica. Qui la questione della tecnica come filosofia prima risulta maggiormente tematizzata. Hui, contestualizza il concetto di contingenza, illustrando il suo passaggio dall’origine tragico-apocalittica al suo addomesticamento per mezzo della tecnica.

Attraverso i temi della catastrofe e della contingenza, il lettore è messo in condizione di rintracciare il lungo percorso di Hui verso la cibernetica come scienza del controllo e dell’assicurazione del suo oggetto, a partire dalla riflessione sulle tecnologie digitali. L’automazione (o cibernetica) come scienza del controllo, oltre ad assicurare i fenomeni introduce fra essi la catastrofe algoritmica. Hui pensa a eventi come i flash crash della borsa o ai guasti dei web service delle grandi multinazionali, design for failure. Queste catastrofi, funzionali all’automazione, esprimono una contingenza che non ha senso definire attraverso la polarità naturale-artificiale. L’autore parla invece di seconda natura, preludendo a quello che nel primo articolo, più tardivamente, intenderà come superamento della contrapposizione fra meccanico e organico. L’intervista finale cerca di sgombrare il campo da alcune oscurità presenti nei due articoli, in particolare relativamente al concetto di causalità lineare e alla questione della seconda natura e della contingenza introdotta dall’automazione.

Il volume, oltre a offrire un’interessante prospettiva di lettura dell’itinerario filosofico di Yuk Hui, porta all’attenzione del lettore un approccio concreto ma anche teoreticamente ricco alla questione della tecnologia, legando la storia della filosofia ai modi e ai tempi dell’automazione e della progressiva autonomizzazione (per usare una parola dell’autore) dei sistemi informatici. Tuttavia, nel contesto del presente volume questa forza può anche rivelarsi una debolezza. La molteplicità di riferimenti lascia a tratti un’impressione di poca chiarezza e talvolta risulta faticoso capire il filo rosso che tiene insieme il susseguirsi di autori cui Hui fa riferimento. Al netto di alcune piccole difficoltà ermeneutiche, il volume costituisce comunque un’importante risorsa per chiunque si interessi o abbia intenzione di approfondire la filosofia della tecnologia e offre una buona e rapida introduzione al pensiero di un autore complesso e ancora nel pieno della sua attività.

Riferimenti bibliografici
M. Heidegger, Filosofia e cibernetica, ETS Editrive, Pisa 1988.
Id., La questione della tecnica, in “Saggi e discorsi”, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976.
Y. Hui, Introduction: philosophy after automation?, in “Philosophy Today”, Volume 65, Issue 2, Spring 2021. 
Id., On the existence of digital objects, University of Minnesota Press, Minneapolis 2016.
Id., Algorithmic catastrophe – The revenge of contingency, in “Parrhesia” n. 23, 2015.

Yuk Hui, Pensare la contingenza, Castelvecchi, Roma 2022.

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