Questa estate su Netflix è uscito l’adattamento anime, per ora parziale, di un manga di grande valore e successo, ovvero Ōoku – Le stanze proibite (l’edizione italiana è edita da Panini). Scritto e disegnato da Fumi Yoshinaga, si tratta di un fumetto definibile allo stesso tempo come di argomento storico, di taglio femminista e di genere fantascientifico, specificatamente ucronico, molto apprezzato per questo tanto da ricevere in patria diversi riconoscimenti prestigiosi, tra cui il Minister of Education Award for Fine Arts dell’Agency for Cultural Affairs

Realizzata da Studio Deen (regia di Noriyuki Abe), la versione animata di Ōoku segue sostanzialmente la fonte originale nell’articolazione delle vicende. In dieci episodi, e nel contesto storico del periodo dello shogunato Tokugawa (1603-1868), cioè l’ultimo prima della restaurazione imperiale e della fine dell’isolamento del Paese, osserviamo svolgersi la vita dell’harem del castello di Edo dei Tokugawa (Edo era il nome antico di Tokyo). Nella realtà, si è trattato di un microcosmo del palazzo, nascosto e inaccessibile ai più, che ospitava la moglie dello shōgun insieme a tutto il mondo femminile che ruotava attorno all’azione dei decisori politici di turno. Nella rappresentazione, la Storia si ripete ma mutata di segno. A causa di una terribile calamità, saranno le donne a prendere il potere, nella società come nella corte. Gli uomini si troveranno quindi a vivere in una posizione di subalternità sociale. In questa storia, le stanze proibite del castello diventano sì un harem, ma maschile: a disposizione delle varie shōgun

Nella sua interezza, l’intreccio di Ōoku – Le stanze proibite è indubbiamente ricco e complesso. All’inizio, ci troviamo intorno alla metà del XVIII secolo, ma poi il racconto torna indietro con un lungo flashback, grazie al quale veniamo a conoscenza dell’origine della calamità che colpisce la stragrande maggioranza della popolazione maschile del Giappone, e di come, a causa di questa, si sono fatte certe scelte e certi eventi sono accaduti. I personaggi che si avvicendano sono molti, per non parlare poi dei sottotesti che emergono di volta in volta. Ōoku – Le stanze proibite funziona come un ipertesto che parla alla nostra sensibilità contemporanea per come il tema del potere e quello della differenza dei sessi sono intrecciati tra loro. È quindi normale che una piattaforma come Netflix se ne sia interessata, come è più che giusto che l’adattamento anime abbia ricevuto una copertura stampa di prim’ordine sul piano internazionale. 

Detto questo, l’operazione della piattaforma statunitense offre però l’occasione anche per altre riflessioni, non in linea rispetto al campo del “purismo” dei contenuti ma non per questo meno importanti. Per esempio: come analizzare un adattamento di una fonte scritta/disegnata in opera audiovisiva? L’impressione che si ha con Ōoku – Le stanze proibite anime è quella di una occasione (per ora) persa rispetto alla qualità del manga. Sia chiaro, la serie si lascia guardare, ma – suggeriamo – in virtù dell’inventiva narrativa e della profondità di alcuni personaggi scaturiti dalla mano della mangaka. 

Nell’esaminare cosa manca al progetto, pensiamo che nell’anime non si trovi sufficientemente sviluppata una caratteristica essenziale che fa del fumetto un’opera pregevole sul piano stilistico, vale a dire l’insistenza sull’importanza della parola, della lingua e del discorso. Nel lavoro di Fumi Yoshinaga, l’azione è la parola, e quindi – anche – nelle parole (ambiguità comprese). Se vogliamo, l’anime avrebbe necessitato di una animazione visivamente poco effettistica e di un montaggio magari più deliberatamente ellittico e straniante in alcune scene chiave sul piano narrativo, così da far risaltare di più la componente testuale dell’opera. 

In merito, un possibile problema specifico nell’adattamento può essere stato il comprimere in un’animazione moderna quella narrazione che nel manga si sviluppa in maniera estremamente dilatata. Per esempio, sebbene nel fumetto vi siano dei momenti dedicati a personaggi la cui vicenda si conclude spesso in una manciata di pagine, è pur vero che in molti di questi casi si tratta d’individui le cui storie non si collegano direttamente al corpo principale degli eventi. Sono, in genere, figure appartenenti al mondo dei contadini o dei cittadini di Edo, il cui ruolo è fondamentalmente quello di mostrare gli animi del tamikusa, termine scritto con i caratteri di “popolo” ed “erba” e che serviva a paragonare le classi inferiori alla modesta erba che cresce rigogliosa.

Senza dubbio sono personaggi importanti, perché contribuiscono a mostrare i sentimenti delle masse del periodo, un elemento da non sottovalutare visto che la ragion d’essere dello shōgun e dei suoi consiglieri si basava proprio sul pensiero di essere le persone preposte, grazie alla conoscenza e saggezza possedute, a operare per il bene del popolo (pensiero che è rimasto, riguardo all’operato di politici e statisti, ben radicato in Giappone, anche dopo l’apertura del Paese nel 1868). 

Va inoltre ricordato che, storicamente, la carica di shōgun era conferita dall’imperatore, il quale formalmente restava la persona nella posizione più alta della scala gerarchica del Paese, nonostante poi a detenere il reale potere politico fosse il capo militare. Sia l’imperatore che lo shōgun erano, comunque, personaggi lontani dalla vita della gente comune, in maniera simile al Papa durante alcuni momenti della storia del Vaticano. Erano per la maggior parte del tempo rinchiusi, rispettivamente, all’interno del palazzo imperiale a Kyōto e nel castello di Edo. A poche persone era concesso di ottenere udienza. 

Ecco, dunque, che il fumetto di Fumi Yoshinaga tende, per quanto si è appena detto, a procedere nei suoi tasselli più importanti tramite lunghe discussioni che vanno dalla filosofia per arrivare all’economia e alla politica, non tralasciando neanche i divertimenti dell’epoca. Infatti, sebbene le varie shōgun e molte consigliere strette abbiano pregi e difetti come ogni essere umano, e spesso falliscano rovinosamente nei propri intenti, sono tra loro collegate proprio dall’idea di lavorare per il benessere della gente. 

Come se non bastasse, queste conversazioni, impiegano una lingua giapponese estremamente sofisticata, che riprende la parlata del tempo, e in cui nel modo di esprimersi degli individui le forme variano a seconda della posizione sociale e gerarchica occupata, ricordando che lo spazio definito come Ōoku era un vero e proprio universo in miniatura. I termini stessi presenti sono decisamente complessi, in quanto compaiono un grandissimo numero di titoli, di occupazioni, di materiali e via dicendo particolari. Nella traduzione italiana del manga si è stati particolarmente attenti a mantenere un linguaggio fruibile dal lettore, ma che al contempo preservasse in qualche modo le formalità esistenti.

Per quanto possibile si è cercato di lasciare i termini particolari originali, inserendo delle note che ne illustrassero le caratteristiche. In buona parte dei volumi sono stati anche aggiunti dei glossari, previa visione e autorizzazione dell’editore giapponese, per chiarire ulteriormente non solo usi e costumi del periodo, ma anche per introdurre personaggi storici. Difatti, questi ultimi sono, come si è già detto, numerosi, e se per il lettore giapponese alcuni nomi non hanno bisogno di spiegazioni, come, ad esempio, quello dell’eclettico studioso Hiraga Gennai (1728-1780), contribuendo così a rendere maggiormente accattivante la lettura grazie alla compenetrazione degli elementi fantastici con la realtà storica, lo stesso non si poteva dire per il pubblico italiano. 

In ragione di ciò, prendendo in esame la trasposizione di questo manga in animazione, crediamo sia lecito affermare che un adattamento convenzionale non riesca a esprimere l’intera complessità presente nell’opera originale. 

Riferimenti bibliografici
F. Yoshinaga, Ooku – Le stanze proibite. 19 voll., Panini Comics, Modena 2012-2022.

Ōoku – Le stanze proibite. Ideatori: Fumi Yoshinaga, Noriyuki Abe, Rika Takasugi; interpreti: Mamoru Miyano, Tokugawa Iemitsu, Yuki Kaji; produzione: Studio Deen; distribuzione: Netflix; origine: Giappone; anno: 2023 – in corso.

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