Sono quattro icone della cultura afroamericana: un pugile (Cassius Clay), un cantante (Sam Cooke), un giocatore di football (Jim Brown) e un leader nella lotta per i diritti dei neri (Malcom X). Siamo a Miami, è il 25 febbraio 1964. Cassius Clay, battendo Sonny Liston, a soli 22 anni è diventato il nuovo campione del mondo dei pesi massimi. La stessa notte i quattro amici si incontrano in una stanza di un motel non per festeggiare la vittoria ma per discutere, della vita e dei diritti della comunità nera nell’America degli anni sessanta. Perché il film coglie tutti e quattro i personaggi in un momento di passaggio delle loro scelte professionali e private: Clay sta per aderire alla religione musulmana; Cooke, uno dei primi artisti di colore a occuparsi anche degli aspetti imprenditoriali della sua attività, sente il bisogno di dare una svolta alla sua attività musicale impegnandosi sempre più nei diritti dei neri; Brown pensa di abbandonare l’NFL per dedicarsi a una carriera di attore cinematografico. A fare da detonatore di questi cambiamenti è la figura di Malcom X, anch’egli colto in momento di svolta: è in procinto di lasciare la Nation of Islam, e da lì a un anno sarà ucciso (il 21 febbraio 1965).

Ora, la questione che One Night in Miami sembra chiamare in causa, al di là del legame con la stretta attualità riguardante la vicenda di George Floyd e del movimento Black Lives Matter, è una riflessione sulla messa in scena, che si gioca in un rapporto tra pubblico e privato e che trova espressione nella dinamica esterno/interno che struttura l’intero film (particolarmente evidente in un film che ha all’origine una pièce teatrale e che questa influenza non solo mantiene ma sottolinea). Se l’interno è il luogo della riflessione e dei discorsi, l’esterno è invece quello in cui prende forma il processo di iconizzazione di queste figure. Questo è soprattutto evidente nella prima parte del film e in particolare in quella dedicata a Cassius Clay. Il film mette qui in atto una sorta di processo di re-enactment, facendoci assistere al momento in cui prendono vita due delle fotografie più celebri che ritraggono il pugile, due degli scatti che lo hanno reso appunto un’icona (la macchina fotografica è d’altra parte un oggetto che è continuamente presente nel film, la si vede spesso appesa al collo di Malcom X). Ci riferiamo allo scatto sott’acqua, di Flip Schulke, che ritrae Clay completamente immerso mentre “fa il vuoto” e a quello del ring ripreso in plongè, realizzato da Neil Leifer. Ora, entrambi gli scatti originali non coincidono però con l’anno in cui si svolge la vicenda: il primo è del 1961 mentre il secondo è del 1966, quando Clay è già diventato Muhammad Ali.

Questo scarto rispetto all’universo realistico della narrazione (che ha una struttura classica, che procede presentando con un montaggio alternato i quattro personaggi per farli poi convergere in un medesimo luogo) evidenzia come forse l’intento del film vada oltre le questioni più strettamente sociali per sviluppare un discorso sul rapporto tra corpo dell’attore e spazio. D’altra parte tutti i personaggi sono in definitiva e in forma diversa dei performer che con lo spazio scenico devono necessariamente confrontarsi: che sia il ring su cui “danza” Cassius Clay, che siano gli studi televisivi o i locali dove si esibisce Cooke, gli stadi dove gioca Brown o l’arena politica su cui si muove Malcom X. Ancora, se l’esterno è lo spazio dove il corpo può liberarsi nella performance sportiva, canora o politica, l’interno imprigiona i corpi spostando l’attenzione su un piano più propriamente riflessivo. Qui, la stanza del motel diventa, con un abile gioco di entrate e uscite dei personaggi, il palcoscenico dei loro discorsi. Un palcoscenico all’interno di un altro palcoscenico, quello dove si prendono le decisioni che portano, all’esterno, alla nascita di un’icona.

One Night in Miami. Regia: Regina King; sceneggiatura: Kemp Powers; montaggio: Tariq Anwar; musica: Terence Blanchard; interpreti: Kingsley Ben-Adir, Aldis Hodge, Leslie Odom Jr., Eli Goree; produzione: Snoot Entertainment (Jess Wu Calder, Keith Calder), ABKCO Films (Jody Klein); origine: Usa; durata: 110’.

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