Fra tutte le trasformazioni narrate da Ovidio nelle Metamorfosi, una delle più celebri è sicuramente quella di Narciso. La storia è ben conosciuta: dopo aver disdegnato le attenzioni della ninfa Eco, il giovane, famoso per la sua straordinaria bellezza, è costretto a subire la vendetta inflitta dagli dèi. Giunto davanti a una fonte, egli si sofferma a osservare la propria immagine riflessa, innamorandosi perdutamente di quella stessa figura. Il riflesso restituito dalle acque trasparenti della fonte è per il ragazzo un motivo di sofferenza tale da condurlo alla morte.

Com’è noto, il personaggio di Narciso ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per le teorie psicoanalitiche: in Introduzione al narcisismo (1914), per esempio, Freud si serve del mito per spiegare il modo in cui il soggetto perde l’interesse verso il mondo esterno rivolgendolo invece su di sé. Alcuni anni più tardi anche Lacan farà implicito richiamo alla figura di Narciso per descrivere l’esperienza vissuta dall’infante di fronte alla visione della propria immagine interamente riflessa in uno specchio. Tuttavia, spostando lo sguardo oltre la psicoanalisi, si nota come la storia sia contrassegnata da molteplici interpretazioni del racconto antico, che hanno il merito di rendere i nostri discorsi più complessi e sfaccettati. Il volume Narciso. La passione dello sguardo (Marsilio), curato da Sonia Macrì, raccoglie in maniera approfondita le letture del mito che nel corso dei secoli si sono susseguite, prestando particolare attenzione a tutti quei testi che hanno saputo intuire ed esplorare in chiave originale le suggestioni offerte dal celebre personaggio mitologico.

Essenzialmente, l’inganno di cui è vittima Narciso ha una doppia natura: da una parte egli non riesce a comprendere che l’oggetto del proprio desiderio è soltanto un’immagine, dall’altra non si accorge che il riflesso nell’acqua rappresenta il suo stesso volto. L’incapacità di distinguere tra identità e alterità conduce il giovane a dirigere su di sé quel sentimento d’amore che in differenti circostanze avrebbe potuto indirizzare verso una persona reale. Il racconto ovidiano mette così in luce il fenomeno del doppio, inteso nel senso di «una realtà esterna al soggetto, ma che, nella sua apparenza stessa, si oppone, per il suo carattere insolito, agli oggetti familiari, allo scenario ordinario della vita» (Vernant 2010, p. 85). Bisognerà aspettare parecchi anni prima di poter considerare lo sdoppiamento come un fenomeno non più esterno, bensì interno: l’idea di una spaccatura della personalità in «due soggetti distinti ma identici e interni all’individuo» (Macrì 2020, p. 18), infatti, si svilupperà soltanto con la modernità, presentando caratteristiche peculiari di certo estranee al mondo antico.

Nel lungo saggio introduttivo, la curatrice esordisce affermando precisamente che «la storia di Narciso non è fatta di grandi imprese» (ivi, p. 9). In effetti, il giovane è protagonista di una vicenda in apparenza molto semplice, ben distante dalle azioni titaniche compiute altrove da eroine ed eroi. Ebbene, tale apparente semplicità si pone in contrasto con lo straordinario numero di elaborazioni del mito, sorte non solo in ambito puramente letterario, ma anche in campo artistico e figurativo. In questa direzione accenniamo a titolo di esempio al noto dipinto attribuito a Caravaggio, Narciso (1597-1599), che riproduce il giovane intento a specchiarsi nelle acque della fonte, all’opera di John William Waterhouse, Eco e Narciso (1903), che rappresenta le due figure chiave della narrazione antica e alla celebre Metamorfosi (1937) del pittore surrealista Salvador Dalí, in cui la trasformazione è mostrata attraverso illusioni ottiche e immagini che si sovrappongono.

Se il racconto di Ovidio costituisce un modello per quasi tutti gli autori successivi, vale la pena ricordare al contempo che il poeta latino non è stato il primo a interessarsi del personaggio. A tale proposito Macrì cita il nome del mitografo Conone, noto per aver composto in lingua greca una raccolta di Narrazioni dedicate ad argomenti differenti, tra cui compare uno scritto incentrato proprio sulla figura di Narciso. Anche nell’episodio illustrato da Conone il tema dell’auto-innamoramento come punizione inflitta dagli dèi appare centrale: rifiutando con indifferenza ogni tipo di corteggiamento, il giovane si ritrova per una speciale forma di contrappasso ad amare soltanto il proprio riflesso. Il termine huperopsía (la cui derivazione dal verbo della visione huper-oráo rimanda al significato traslato di “disprezzare”) assai ricorrente nelle fonti in greco è in questo senso efficace perché in grado di esprimere «una convergenza tra la sfera dell’eros e quella della visualità» (ivi, p. 28).

Si comprende chiaramente, ripercorrendo la rigorosa introduzione, come nel corso del tempo l’immagine di Narciso restituita dalla tradizione classica sia andata incontro a variazioni e mutamenti in parte legati all’ambiente culturale e al periodo storico nel quale sono vissuti i diversi interpreti. Nella raccolta di favole del poeta Jean de La Fontaine, pubblicata nel 1668, Narciso è un uomo brutto, presuntuoso e arrogante, che accusa tutti gli specchi di essere falsi poiché incapaci di riflettere la sua immaginata bellezza. Con i poeti simbolisti la figura mitica acquista ancora nuove sfumature: nei versi di Valéry il riflesso nell’acqua consente di vedersi e dunque di sperimentare la conoscenza di se stessi, mentre nell’opera di Rilke l’impossibilità di coincidere con la natura e il paesaggio sconfina nel rapporto con la morte.

Particolarmente significative sono le pagine dedicate alla feconda produzione del Novecento. Qui è interessante soffermarsi su due autori presenti in antologia. La prima suggestione riguarda l’interpretazione proposta da Pier Paolo Pasolini, considerata un unicum all’interno del panorama letterario italiano. Nelle liriche friulane, composte durante gli anni quaranta nella piccola città di Casarsa della Delizia, il mito di Narciso compare in forma implicita attraverso alcune tracce lasciate dal poeta. Gli elementi del racconto antico (l’acqua, i fiori, lo specchio) si fondono con temi più specificamente autobiografici, come si evince dal componimento Il nini muàrt (Il fanciullo morto), in cui nella figura tenebrosa di Narciso è condensato il ricordo della fanciullezza trascorsa.

Il secondo riferimento è indirizzato al poeta greco Ghiannis Ritsos, autore di numerose raccolte cui si aggiunge una cospicua quantità di opere inedite, perdute o non ancora rinvenute. Nel suo continuo richiamo alla classicità, Ritsos compie un’operazione davvero singolare, adattando i personaggi della mitologia alla pigra e banale vita di tutti i giorni. Così Narciso diviene un uomo moderno, che si ritrova in piedi, davanti allo specchio, a osservare il proprio riflesso inevitabilmente cambiato. Il disincanto prodotto dagli eventi del mondo contemporaneo, la sofferenza intrecciata alle persecuzioni politiche si contrappone al passato mitologico che, seppur amato e celebrato dal poeta in molti versi, non appare pienamente in grado di saturare le sue lacerazioni.

Chi è, allora, Narciso? Le molteplici letture del racconto antico rivelano la difficoltà nel fornire una risposta univoca a tale interrogativo. Oggi la maggior parte dei discorsi si concentra sulla personalità del narcisista, riferita a chiunque abbia «un atteggiamento volto a compiacere ed esaltare se stesso» (ivi, p. 17). Questa tendenza è in una certa misura riconducibile ai fenomeni di autorappresentazione virtuale, in cui il proliferare di scatti raffiguranti la propria immagine può indicare un comportamento esibizionista, orientato a ricevere ammirazione e consensi (Di Gregorio 2017). Tuttavia, con la sua costellazione di specchi, naturali o artificiali, di scissioni, inganni e raddoppiamenti, il mito di Narciso sembra riuscire ogni volta a ricordare, differentemente e con strumenti appartenenti alla sensibilità di ogni autore, che il delicato rapporto con il proprio sé non è mai inseribile entro uno spazio dai contorni netti e definiti, ma è sempre sfumato, imprevedibile, aperto a percorsi di lettura eterogenei. Per tale ragione, abbiamo motivo di credere che il racconto del giovane proteso verso le acque argentate della fonte saprà dare origine ancora a nuove metamorfosi.

Riferimenti bibliografici
L. Di Gregorio, La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello smartphone, Franco Angeli, Milano 2017.
S. Freud, Introduzione al narcisismo, Bollati Boringhieri, Torino 1976.
J. Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore delle funzioni dell’io, in Scritti, Einaudi, Torino 2002.
Ovidio, Metamorfosi, Einaudi, Torino 2015.
J.-P. Vernant, L’immagine e il suo doppio. Dall’era dell’idolo all’alba dell’arte, Mimesis, Milano 2010.

Sonia Macrì, a cura di, Narciso. La passione dello sguardo, Marsilio, Venezia 2020.

Share