Come appare il mondo degli adulti agli occhi dei bambini? Questo è uno dei fils rouges della Berlinale 2025. Nel film Mit der Faust in die Welt schlagen / Punching the World di Constanze Klaue, presentato nella sezione Perspectives, il piccolo Tobias e il fratello maggiore Philipp vedono la propria famiglia disgregarsi, il padre ricadere nell’alcolismo, la madre subire i tradimenti e fallimenti del marito. La storia familiare ruota attorno a una casa che il padre dei ragazzi, operaio disoccupato, vuole costruire con le sue mani, una casa che non sarà mai terminata. In questa casa si affaccia per dare una mano come elettricista Uwe, una figura fragile e umbratile come il mondo da cui viene, la DDR.

Uwe vale come fantasma di un passato che non è davvero passato: temuto come membro della Stasi, il servizio di spionaggio della DDR, era stato perciò abbandonato dalla sua ex moglie, fuggita nella parte occidentale della Germania. Uwe ha perso tutto, il lavoro, la casa, la dignità e cerca aiuto dall’amico ed ex collega, il padre di Tobi e Philipp, che però ha una famiglia e vive grazie alla sicurezza del lavoro della moglie infermiera. I ragazzi sono spaventati ma allo stesso tempo attratti da Uwe: l’uomo costituisce un legame con un passato colmo di misteri di cui sentono solo gli echi.

Come tutti gli spettri, anche Uwe ha capacità profetica ma non può annunciare nulla di buono: le sue ferite sono troppo profonde per permettergli di ipotizzare un futuro. Il passato, del resto, insegna che la storia si ripete e le vittime sono sempre i più deboli. Ed è questa la lezione che Tobi impara presto, come presto finisce la sua infanzia nella provincia tedesca della Sassonia, in cui trentacinque anni dopo la caduta del Muro si distingue ancora tra “Germania orientale” e “Germania occidentale”. Ma il mondo è troppo grande per questi eredi inconsapevoli di lacerazioni ancora vive. Chi non riesce a uscire fuori dal mondo asfittico della provincia, dove l’avvenimento più sensazionale resta l’annuale sagra paesana di cui Constanze Klaue sa restituire perfettamente il fondo di inquietudine che si muove sotto una chiassosa allegria, finisce per scontare le colpe e i fallimenti della generazione precedente.

Così quello che sembra all’inizio un gioco, crudele ma pur sempre un gioco, come disegnare svastiche sui muri, insultare gli altri con le parole “ebreo” e “gay”, sporcare il giardino delle famiglie di origine turca con teste di maiale e scarti di macelleria, diviene una scelta di vita. Per rinnegare a ritroso il regime socialista della DDR che ha strangolato e umiliato i padri, alcuni di questi ragazzi diventano neonazisti, non escono mai fuori da una corrotta adolescenza pur diventando adulti, ricadono nell’abbrutimento da alcol e nell’eccesso di violenza. Il fratello minore Tobi è la vittima di questa provincia che pare tagliata fuori dalla storia. Tra il 2006 e il 2015, l’arco di tempo in cui si svolge la vicenda del film, il suo mondo non va oltre il pezzo di prato tra la casa in costruzione e quella dei nonni, tra la casa e la scuola, tra la casa e l’idilliaco specchio di fiume, unica meta per le vacanze estive e luogo di edenica condivisione di giochi e spensieratezza con il fratello. Tobi non è mai diventato grande. Vive ancora con la madre e riproduce nei gesti, nella tristezza, persino nel mestiere da operaio malpagato la figura fallimentare del padre, che li aveva abbandonati per un’altra donna creando altre dolorose lacerazioni nella famiglia. La casa non finita resta come monumento all’incompletezza e al disagio di vite spezzate. In Tobi, che si sente tradito anche dal fratello più grande, che è riuscito a trasferirsi a Berlino, resta anche una grande rabbia e la voglia di dar fuoco al mondo, di prenderlo a pugni.

Questo film commovente, ricco di tensione narrativa, costruito con una estetica e un linguaggio che meriterebbero di essere adeguatamente analizzati, interpretato da ottimi attori è il primo lungometraggio della quarantenne Constanze Klaue, nata a Berlino est pochi anni prima della caduta del Muro, e della quale va ricordato il corto Lychen 92 (2020) che si misura con l’epoca della Wende nella ex DDR. Mit der Faust in die Welt schlagen è tratto dal romanzo omonimo del 2018 di Lukas Rietzschel, che è stato portato anche a teatro nel 2019. Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo genere, letterario e cinematografico, che vuole scavare a fondo dei sentimenti e risentimenti della generazione nata dopo la Wende nelle province tedesche dell’Est. Sta per uscire in Germania, sullo stesso tema, il film Rote sterne über Feld di Laura Laabs, anch’essa regista quarantenne nata a Berlino est e poi cresciuta nella provincia. E a teatro, il ricordo di figure come Thomas Brasch, intellettuale poliedrico che andò via dalla DDR senza però mai rinnegarla, vuole portare in discussione i temi e i problemi irrisolti del passato recente e remoto che condizionano la politica e la società tedesca oggi, ancor più in questi giorni di imminenti elezioni nazionali.

Riferimenti bibliografici
L. Rietzschel, Battere i pugni sul mondo, Keller, Rovereto, 2023.  

Mit der Faust in die Welt schlagen. Regia: Constanze Klaue; sceneggiatura: Constanze Klaue; fotografia: Florian Brückner; montaggio: Emma Gräf, Andreas Wodraschke; interpreti: Anton Franke, Camille Moltzen, Anja Schneider, Christian Näthe, Johannes Scheidweiler; produzione: Flare Film, Chromosom Film; distribuzione: Across Nations; origine: Germania; durata: 110; anno: 2025.  

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