In un momento in cui gli attori di Hollywood scioperano, portando al centro del dibattito l’intelligenza artificiale e l’utilizzo sempre più massiccio della computer grafica, proporre un documentario su un regista che realizza effetti speciali con carta e forbici o costruisce intere città con le anime dei rotoli di carta igienica potrebbe sembrare una provocazione. Sebbene non sembri rientrare tra gli intenti del regista François Nemeta, Michel Gondry, Do It Yourself può darci spunto ugualmente per alcune riflessioni. Il documentario ripercorre tutta la carriera del regista francese a partire da quando François Nemeta scopre un videoclip degli Oui Oui, la band dove Gondry suonava la batteria, e fa di tutto per conoscerlo e lavorarci insieme (diventerà il suo assistente per oltre trent’anni).

La prima parte del documentario, quella sui videoclip, è sicuramente la più interessante. Attraverso le interviste ai musicisti che hanno collaborato con lui si ha la conferma diretta di quanto Michel Gondry sia stato rivoluzionario. Non solo i suoi video hanno rappresentato dei veri e propri punti di svolta per le carriere degli artisti con cui ha collaborato, ma al tempo stesso hanno cambiato il modo stesso di rappresentare e raccontare la musica tout court. 

Lo dice chiaramente Jack White dei White Stripes raccontando la reazione entusiastica della propria nipotina di quattro anni dopo aver visto il video di Fell in Love With a Girl, realizzato interamente con i Lego. Dopo quel video erano passati da essere un gruppo garage rock di nicchia ad una band che poteva piacere a tutti, dai bambini agli adulti. Erano diventati come i Simpson, ovvero un prodotto di grande qualità ma che riesce a raggiungere un pubblico molto ampio. Quando poi sono stati i Simpson a citare gli White Stripes e il video The Hardest Button to Button, sempre girato da Gondry ovviamente, il cerchio si è chiuso.

Michel Gondry aveva un metodo ricorrente: prendere l’idea più forte e posizionarla nel punto più noioso della canzone. I suoi video erano dei piccoli trucchi di magia, anche piuttosto facili da smascherare. Per quanto geniali, le sue erano idee semplici, che apparentemente chiunque poteva realizzare; per questo lo spettatore si sentiva così coinvolto. La differenza stava nel complesso lavoro di realizzazione, che richiedeva calcoli matematici, conoscenze dei principi della prospettiva e, soprattutto, tanta pazienza.

Nel documentario ascoltiamo Beck, i Chemical Brothers o Kyle Minogue che, molto onestamente, raccontano di non aver mai capito fino in fondo le idee che gli venivano proposte, anche quando il regista provava a spiegargliele con dei disegni. Quando però descrivono il risultato finale, anche a distanza di anni, il loro volto continua illuminarsi come bambini che vedono per la prima volta una magia. Anche se ormai conoscono il trucco, l’effetto finale non perde mai la sua potenza. Lo stesso vale quando parlano del video più iconico degli anni ’90, se non di tutta la storia della musica: Around The World dei Daft Punk.

Nel documentario viene intervistata la coreografa del video, Blanca Li, si svela come sono stati realizzati i costumi e si racconta che, nonostante i Daft Punk fossero già un nome molto famoso, il budget era limitato e quasi tutto è stato montato, saldato e costruito in fretta e furia con materiali di recupero.

Quando il documentario invece si sposta sul Gondry cineasta, il racconto diventa più tradizionale, quasi scolastico, ma non mancano gli spunti interessanti: ci aiuta a capire meglio il suo ego – ad esempio, nei divertenti siparietti con Spike Jonze, il suo eterno amico/rivale – o ci mostra i momenti più difficili come quelli durante le riprese di Mood Indigo – La schiuma dei giorni. Ci regala nel finale un piccolo tutorial, ovviamente scritto a pennarelli, sul “metodo Gondry” per risolvere i problemi e su come gestire i pareri degli altri (spoiler: non vanno ascoltati).

Il vero merito di Michel Gondry, Do It Yourself è rendere omaggio a chi decide di scommettere sulle idee – ne basta anche una sola – convinto che potrebbero reggere un intero progetto, non importa che si tratti di un videoclip o di un lungometraggio. Ci ricorda quanto sia ancora una fortuna provare stupore davanti a uno schermo, che sia un razzo conficcato nell’occhio della Luna o un gruppo di mummie che ballano a tempo. Per dirla alla Kurt Vonnegut, quando vedete un’idea forte fateci caso. Su quelle, almeno per il momento, gli algoritmi non hanno ancora voce in capitolo.

Michel Gondry, Do It Yourself. Regia: François Nemeta; sceneggiatura: François Nemeta, Stéphane Davet, Olivier de Bannes; fotografia: David Quesemand; montaggio: Thibaut Seve, Pierre Jond; interpreti: Michel Gondry, Kylie Minogue, Beck, Jack White/The White Stripes, Jack Black, Charlotte Gainsbourg, Spike Jonze, Pierre Niney, Jon Brion, Tom Rowlands/The Chemical Brothers, Blanca Li, Akhenaton/IAM, Thierry Frémaux; produzione: O2B Films (Olivier de Bannes), The Red Ceiling (Accard Robin, Philippe Savine), Arte France; origine: Francia; durata: 80; anno: 2023.

Share